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La classifica 2025 della Qualità della vita nelle province italiane, redatta da Il Sole 24 Ore e pubblicata nei giorni scorsi, vede il nostro territorio al quattordicesimo posto su centosette province, con un peggioramento di 9 posizioni rispetto all’anno precedente. Non un trionfo e nemmeno un disastro. Ma un segnale d’allarme da non archiviare con un’alzata di spalle e un immediato trasferimento nella cartella delle cose fastidiose, antipatiche e potenzialmente foriere di discussioni e polemiche. 

Numeri e statistiche raccontano di una provincia che si barcamena in un limbo anonimo che contrasta con lo storytelling dominante dell’informazione locale plaudente, celebrativa e acritica. Un’informazione più cane da compagnia che da guardia.  Più carlino che mastino. 

Il report restituisce la fotografia di una terra di mezzo che non è isola felice, ma neppure disperata. È un piatto senza personalità, insipido, con qualche pericolosa lisca di troppo, inadatto per una tavola di accademici della cucina. 

La nostra provincia risulta prima in classifica nella sezione Popolazione in aree a rischio di frane.  Una vittoria da due soldi in un territorio dove gli unici dislivelli preoccupanti per i cittadini sono i dossi stradali per rallentare il traffico.

Il dato contribuisce a migliorare la posizione nella graduatoria generale, ma un brindisi per questo dettaglio sarebbe eccessivo.  Nella sostanza non significa molto. Certo, è meglio di niente, ma è consolazione dei perdenti. Di coloro che si accontentano. Dei cacadubbi timorosi del cambiamento.

Secondo nella classifica per Sfruttamento della prostituzione e pornografia giovanile, con un indice di 5,6 per centomila abitanti, il nostro territorio è superato da Trieste con 7,9 e si colloca davanti a tutte le altre province metropolitane, all’apparenza più esposte a questi reati, con Milano sedicesima e un indice di 3,3.

Per questa stessa voce, nella classifica del 2020 la provincia di Cremona figurava al 64° posto con un indice di 1,6. In cinque anni è passata da 5 casi conclamati a 20 ed è salita sul podio nazionale e si è appuntata al petto la poco onorevole medaglia d’argento. 

La scalata sull’Everest del degrado morale non è motivo di orgoglio, però la storia ha insegnato che una circostanza negativa può trasformarsi in opportunità. Se questo è vero, accantonate le riflessioni amare e lo scoramento, nulla vieta di abbandonare il rito delle solite, generiche e sempre monotonamente uguali dichiarazioni di biasimo e di autocommiserazione per sostituirle con proposte concrete e percorribili, utili per invertire la rotta. 

Al posto di lamentose e piangenti prefiche servirebbero leader convinti e vincenti, figure rare nella nostra provincia, difficili da trovare. Un terno al lotto.  Un quadrifoglio in un campo di trifoglio. 

L’indagine evidenzia che sotto il pacioso e tranquillo vestito indossato dal nostro territorio c’è molta, troppa polvere.  Inutile stracciarsi le vesti e gridare allo scandalo. Tutto il mondo è paese.  Succede in ogni provincia e in qualsiasi parte d’Italia. Cinema e letteratura abbondano di racconti di prostituzione e pornografia giovanile mascherati dal perbenismo in realtà analoghe alla nostra. 

Il dossier del Sole 24 Ore però non è fantasia. Non è una sceneggiatura.  È un j’accuse preciso che certifica un primato da non pubblicizzare.  È il ritratto di una provincia distante dalle pellicole buoniste di Frank Capra, più vicina a quelle spietate di Quentin Tarantino e assai simile alla città del Commissario PepeFilm del 1969, ma attuale, è un classico del filone sull’ipocrisia dei borghi provinciali. Dietro alla facciata immacolata di un’imprecisata cittadina del nord est, il commissario Ugo Tognazzi scopre un’insospettabile rete di tradimenti, prostituzione giovanile e orge con il coinvolgimento di tutti i ceti sociali, nessuno escluso. Prova a fare pulizia, la città si oppone. Sarà sconfitto.  

Affrontare il problema e non nascondere la verità, se è amara, non è semplice. È doloroso e provoca divisioni.  Infastidisce politici e pubblici amministratori. Ma è uno dei modi per favorire la discesa nella classifica della sezione Sfruttamento della prostituzione e pornografia giovanile. Chiuso questo capitolo, meritano qualche riga di commento i dati sulle start-up innovative. Non sono rose e fiori.  Il nostro territorio occupa la casella 79 della graduatoria. Non una posizione da primi della classe. Non un biglietto da visita dei migliori e se si legge il trend degli ultimi anni si capisce che è una carta d’imbarco, destinazione la marginalità. 

Dopo il picco massimo raggiunto nel 2022 con un indice del 6,3 per mille società di capitale, la curva è progressivamente scesa. È calata al 5,5 nel 2023.  Ha continuato nella caduta con il 4,5 nel 2024 e ha raggiunto il minimo di 3,6 nel report di quest’anno. Viene il dubbio che il futuro non abiti qui.

Ma il dato peggiore è la penultima posizione (106) relativa al numero delle aree protette provinciali: 3. La metà di Mantova che ne conta 6, il doppio.  

Scrivere della qualità della vita del nostro territorio e non citare i senza dimora che di notte bivaccano negli spazi interni dell’ospedale cittadino (Cremonasera, 4 e 6 dicembre), sarebbe sciatteria giornalistica e poco rispettosa verso i lettori.  Nel lavoro del Sole 24 Ore manca un capitolo dedicato a loro, ai clochard, chiamati così per ammorbidire e rendere meno impattanti le vicende che li riguardano.  Per etichettare come romantica la loro scelta. Per tacitare i sensi di colpa della società. Più realisticamente e con un pizzico di cinismo, scegliere la strada per casa è un adattamento sofferto a un’emergenza esistenziale, ultima spiaggia per sopravvivere. Ci sono le eccezioni, ma per la statistica non fanno testo.

I clochard non sono una delle novità da sperimentare per testare le innovazioni previste per il futuro ospedale galattico. Le meraviglie decantate da politici, amministratori pubblici e sanitari, da sempre uniti nella celebrazione della messa cantata in onore del messia in arrivo.  Non sono compresi nell’ospedale rivoluzionario e innovativo, attento al benessere olistico del paziente, low carbon, aperto alla città, gradiente tra spazio pubblico e privato, luogo d’incontro per l’integrazione sociale. Integrazione che però non li contempla.  I clochard che occupano l’ospedale sono un problema sociale aperto. Sono un indicatore non rilevato della qualità della vita in provincia.  Punto a capo. Woody Guthrie in Hobo’s Lullaby li invita a rialzare la testa e sorridere ai guai. Li rassicura perché un giorno anche loro troveranno pace e riposo. È una ballata triste e malinconica. Titilla le corde del cuore, emoziona ed è un messaggio di speranza: «Se tua madre è ancora viva lei ti ama. E allora sei anche tu figlio di una madre».  

I senza tetto sono uno schiaffo alla retorica dell’ospedale nuovo, supertecnologico, proiettato nel futuro. La risata amara che seppellisce proclami e sogni di gloria, più affilata e incisiva della classifica 2025 della Qualità della vita del Sole 24 Ore. Sono un monito.  

Meditate gente, meditate consigliava Renzo Arbore. Già, meditate.

 

Antonio Grassi

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