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Panem et circenses. Evvai: anche il cammello passa nella cruna dell’ago. E Tafazzi, felice, si randella le parti intime. Il metodo funzionava nella Roma degli imperatori romani. E va fortissimo anche oggi nella civiltà dei tecnocrati, dell’immagine e della connessione ossessiva. Nella società liquida e priva di bussola. Nell’Hellzapoppin‘ della politica fluida, cangiante a ogni stormir di fronda. Va come un missile nel tempo del trasformismo di chi si toglie la casacca storica per indossarne un’altra più favorevole ai propri progetti, con la disinvoltura con cui si cambia le mutande. 

Il motto è stato solo aggiornato: non panem et circenses, ma post, selfie e propaganda. Però il concetto è rimasto immutato.  E adesso ci sono i sociologi che dissertano sull’argomento. 

Confezionato meglio, venduto con l’ausilio del marketing sociale, etichettato come fenomeno di distrazione di massa, è evoluzione della società di massa, l’attuale post, selfie e propaganda rimane comunque fuffa, ma funziona. 

L’establishment cittadino conosce questa tecnica, è abile a imbastire e imporre narrazioni che distraggano i cittadini dai problemi concreti del territorio. 

La Cremonese viene promossa in Serie A e, all’improvviso, i muti parlano e i sordi sentono. I cerberi si scoprono indulgenti. La tolleranza zero si trasforma in tana, liberi tutti

Vince la Cremonese e puoi entrare in Comune, saltare sui tavoli del palazzo, invadere con un trattore piazza del Comune.

L’Everest è conquistato dai grigiorossi e qualche tifoso esonda nei festeggiamenti. Gli amministratori non fanno un plissé.  Invitano alla comprensione. Minimizzano.  Solidarizzano. Se pressati dalle proteste di alcuni cittadini, allora accennano a una blanda critica.  Un buffetto sulla guancia dei discoletti un po’ troppo vivaci.  

L’eccesso di gioia dei tifosi è finito sui social. Alessandro Portesani, consigliere comunale di minoranza ha biasimato il ballo «sull’antico tavolo collocato nella prestigiosa sala della Consulta di Palazzo Comunale» (Vittorianozanolli.it, 3 giugno).

Immediata la risposta – manco a dirlo, sugli ubiquitari social – del sindaco. Mix di buonismo da discount e ironia da cabaret, il post non è degno né del Derby, né del Bagaglino. Tantomeno di Maurizio Crozza. Forse appena buono per Alvaro Vitali.

«Abbiamo scelto – spiega Andrea Virgilio – di cogliere lo spirito di una città che aveva voglia di festeggiare. Capisco che per alcuni criticare sia lo sport preferito, ma noi, per fortuna, giochiamo in un altro campionato» (Cremonasera, 3 giugno).

Quale?  Quello del subbuteo del consenso?  Delle schiappe che s’illudono di essere top player?  Di certo non in quello delle all-star della politica.

La Cremonese entra nell’Olimpo e Virgilio si aggrega alla squadra. Convinto d’essere unto dal Signore, si arroga il diritto di imporre unilateralmente la fine del confronto con i contestatori. «E comunque chiudiamola qui, perché appena certa politica tocca lo sport, lo sport si sporca» (Cremonasera, 3 giugno). 

Ma chi crede d’essere? È un semplice sindaco di Cremona. In Lombardia, forse in Italia, conta meno dei suoi colleghi di Cinisello Balsamo o Rozzano.  Gli è concesso d’essere Gesù bambino, ma nel presepe vivente.

Un atteggiamento arrogante, presuntuoso, gratuito e fuori luogo. Quasi sprezzante. Oggi non è un peccato mortale. Anzi in un’epoca di leader rampanti e carismatici, spocchia e supponenza, a dosi limitate e somministrate ai cittadini nei momenti giusti possono funzionare. Ma ammesso che Virgilio sia un buon sindaco, è da escludere sia un condottiero. È un buon parroco di campagna, esecutore preciso e maniacale degli ordini del vescovo. Non don Camillo. Paternalista e autoassolutorio. E l’aggettivo sporco da lui usato si confà più a un integralista, che a un capo spregiudicato e disinvolto. A un sindaco brillante, non bacchettone. Non giudicante e autonomo nelle decisioni. 

Se si è appassionati di cinema, la risposta di Virgilio è tagliata su misura per Biff Tannen, il bulletto di Ritorno al futuro e il riferimento non è casuale.

Se si guarda indietro di alcuni giorni, ci si accorge che il 26 maggio i consiglieri comunali avevano approvato all’unanimità il Manifesto della comunicazione non ostile in politica. Adatto al John Belushi di Animal House, l’ordine del giorno è un capolavoro da esporre al MoMa del grottesco.

«Il documento – veniva precisato nel testo – non ha un valore simbolico ma rappresenta un’azione concreta contro ogni forma di violenza».

Pochi giorni dopo tale novità copernicana, Virgilio, il sindaco, il comandante, insinua che quando certa politica tocca lo sport, questo si sporca. 

È una risposta ostile? Secondo i dettami del Manifesto sì. Piaccia o no, è un virtuale calcio nei testicoli alla parte politica avversa che gioca nel campionato dei reprobi. È incontestabilmente il predicar bene e razzolare male. 

E non poteva che essere ostile.  La politica è l’abusato sangue e merda di Rino Formica e Virgilio si è comportato secondo questo principio. Al contrario, ha trasgredito le regole del Manifesto della comunicazione non ostile da lui stesso approvato.

La risposta del sindaco non è uno scandalo. Nessuno si meraviglia se maggioranza e minoranza si scontrano in modo virile, purché non offensivo e nei limiti concessi dal codice penale. Succede tutti i giorni a Cremona, Milano, Roma. A Crema e Castel Gabbiano. 

È però ipocrisia, con la consapevolezza che è una minchiata, imporre bon ton, Guido Gozzano e Liala in politica.  E non può essere giustificata dalla buona intenzione di rendere il clima politico più disteso. Di buone intenzioni è infatti lastricata la via dell’Inferno.

Realisticamente, Il manifesto è strumento di distrazione di massa di un’Amministrazione comunale intasata da problemi irrisolti e in difficoltà ad affrontarli.  La promozione della Cremonese in serie A ha contribuito a rafforzare questa distrazione.

La risposta di Virgilio alle critiche per l’esuberanza eccessiva nelle stanze del Palazzo è un autogol, non consono con la promozione e fa un torto ai tifosi. È un assist a quelli che sarà una risata che vi seppellirà. 

Evvai con post, selfie e propaganda. Cremona, in serie A, ma la politica retrocede.  

 

Antonio Grassi

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