Autorità civili, militari e religiose,
care concittadine e cari concittadini,
ci ritroviamo oggi per celebrare la Festa della Repubblica, la festa nazionale che più di ogni altra ci ricorda chi siamo, da dove veniamo e quale visione di futuro abbiamo scelto di costruire insieme. Una ricorrenza preziosa per ritrovare un convinto slancio nella quotidiana costruzione della Repubblica, dello sviluppo della comunità nazionale, in un contesto di vita pubblica del Paese dominato dalla dimensione di un presente inconsapevole, in cui troppo spesso manca la profondità di pensiero e un senso progettuale di comunità.
Il 2 giugno del 1946 l’Italia voltava pagina. Lo faceva attraverso lo strumento referendario, straordinario veicolo di partecipazione democratica. E lo faceva in modo netto e consapevole: non solo scegliendo la Repubblica, ma scegliendo un’idea di Paese fondato sulla democrazia, i suoi diritti e i suoi doveri, i suoi metodi e le sue regole. I suoi valori: libertà, uguaglianza, giustizia, dignità della persona e centralità della stessa come individuo, che agisce tuttavia sempre nella relazione con gli altri, nella dimensione sociale in cui si esprime e si realizza, concorrendo al contempo allo sviluppo di sé e della collettività. L’io e il noi come luoghi della correlazione responsabile.
Fu una scelta politica, civile e culturale di portata straordinaria. Una scelta che ha prodotto la più grande conquista collettiva della storia del nostro Paese: la Costituzione della Repubblica Italiana. Una Carta che non è solo un insieme di norme fondamentali, la raccolta di nobili intenti, ma un testo di bellezza civile viva e vivificante, uno sguardo alto e profondamente umano sul ruolo delle istituzioni, sul lavoro come dimensione prediletta dello sviluppo della persona e del Paese, sulla libertà, sulla pace, sulla giustizia sociale, su valori eterni declinati come fondamenta della comunità nazionale.
La Costituzione non semplicemente organizza, ma definisce il popolo italiano e ci richiama così ogni giorno ad essere all’altezza di ciò che i padri e le madri costituenti sancirono con lungimirante amor patrio. Le sue parole non invecchiano, ma chiedono di essere attuate, custodite, difese, promosse e interpretate, soprattutto nei momenti in cui i valori democratici risultano sotto pressione, esposti come oggi alla duplice insidia di minacce esterne ed interne che talvolta paiono coordinarsi in una manovra a tenaglia della cui casualità è lecito dubitare.
Oggi più che mai – in un tempo segnato da crisi globali, disuguaglianze crescenti, ingannevoli populismi che semplificano e dividono – dobbiamo avere il coraggio di gridare con forza sincera il nostro amore per la Repubblica. Che la amiamo perché nasce dalla partecipazione, dalla solidarietà, dalla responsabilità reciproca. Perché mette al centro le persone, non gli interessi. Perché ci chiama a un’idea alta di cittadinanza, costituita da diritti inalienabili e da doveri irrinunciabili.
E questa bellezza la vediamo ogni giorno nelle azioni concrete di chi edifica il bene comune: nei lavoratori che adempiono al dovere, nei volontari che si spendono con spirito di servizio per una buona causa, negli insegnanti che educano alla libertà e alla responsabilità, nei giovani che avvertono ancora il desiderio di impegnarsi per un mondo più giusto, sebbene i modelli che offriamo loro si rivelino spesso carenti, quando non deliberatamente nocivi. La vediamo, questa bellezza, nelle città, nei Comuni, che dell’organismo di questa Repubblica sono le cellule, la frontiera della democrazia che cerca di accogliere e di coerenziare la moltitudine di bisogni della popolazione in un progetto di società.
Un Sindaco sa bene cosa significano i principi di sussidiarietà e del decentramento amministrativo, perché li rappresenta nella sua azione. Sa che non esiste Repubblica senza prossimità ai bisogni, senza cura ed attenzione, senza una politica capace di ascolto ed assunzione di responsabilità, ma anche senso pratico, capacità di far accadere le cose, di agire sulla realtà per migliorarla e fare in modo che si esca dalla spirale di sterile retorica a buon mercato che troppo stesso inchioda il Paese all’immobilità, in un mondo che al contrario corre oltre la nostra stessa capacità di comprensione.
Nel nostro piccolo, a Crema, lavoriamo ogni giorno per cercare di rendere concreti i principi costituzionali: l’uguaglianza, l’inclusione, la tutela del lavoro, la promozione della cultura, la salvaguardia dell’ambiente e l’attuazione della transizione ecologica. Con azioni che rimarcano una scelta di campo. Il campo costituzionale.
Oggi non celebriamo quindi solo una ricorrenza, ma una scelta che continua a interpellarci, a stimolare un’attivazione. E siamo chiamati, oggi come nel 2 giugno del 1946, a non essere quindi spettatori del nostro destino, ma protagonisti dello stesso, perché la Repubblica non è un’eredità da conservare, ma un progetto da realizzare nel fluire della storia.
Tanto più saremo di ciò consapevoli e testimoni credibili, tanti più saremo a farlo, tanto più l’Italia potrà continuare ad essere quel luogo che le future generazioni potranno ancora chiamare, con orgoglio, “casa”.
Viva la Repubblica, Viva l’Italia!
Fabio Bergamaschi
sindaco di Crema