Gli americani li chiamano “oversized”, letteralmente “fuori misura”: sono gli occhiali, da vista o da sole, che superano tutti gli altri per dimensioni e che spesso valicano perfino i limiti delle grandi lenti base dalle quali si intagliano quelle da vista da inserire nelle varie montature.
Nascono nei mitologici anni ’70, dove tutto era smisurato: i colli della camicie e i nodi delle cravatte, i revers delle giacche, la scampanatura dei pantaloni, i tacchi delle zeppe, le permanenti e appunto gli occhiali. Da allora in poi, mentre tutto il resto è praticamente sparito per decenni salvo essere riscoperto dal genio di Alessandro Michele in Gucci, gli occhiali oversized sono l’unico oggetto di culto che ha continuato a sopravvivere sottotraccia in ristrette nicchie super glamour di dandy del jet set internazionale o in sottoculture come il Rap nero degli anni ‘90.
Chi scrive ne ha sempre subito l’irresistibile fascino: a 20 anni in estate portavo giorno e notte degli occhiali scuri in tartaruga di Versace modificati che erano quanto di più somigliante avessi trovato a quelli che indossava Aristotele Onassis sul suo Cristina O’. Il magnate greco fece dei suoi occhiali in tartaruga con le aste spesse come le lenti un vero e proprio marchio di se stesso al pari del suo magnifico yacht col fumaiolo giallo. Perfino Jackie Kennedy, icona mondiale di stile, dopo aver sposato l’abominevole uomo delle navi non potè resistere al fascino oscuro degli occhiali oversized: divennero iconici i suoi giganteschi occhiali neri tondi indossati sulle banchine dei più bei porti del mondo appena scesa assieme all’ occhialuto marito dalla loro splendida barca.
Una ventina di anni fa, durante il mio periodo californiano, acquistai due paia di occhiali veramente enormi e squadrati che per anni non mi azzardai a sfoggiare: erano di moda gli occhiali invisibili, quelli con le asticelle in titanio e le lenti senza montatura…Dovetti aspettare che piano piano ricomparissero all’orizzonte le montature in tartaruga per poter finalmente sfoggiare i miei “oversized”: ricordo una delle prime uscite in una riunione durante la quale mi venne chiesto se erano uno scherzo. Oggi quegli oversized sono parte di me, sono finiti perfino su un murales di un artista e su una cravatta personalizzata, e nessuno si azzarda più a fare battute, anzi gente che nemmeno conosco mi saluta a distanza di mesi perché si ricorda perfettamente dei miei occhialoni.
Metà delle persone che incontro li loda, l’altra metà mi guarda come sei fossi uscito da un cartone animato: ma nessuno rimane indifferente, l’occhialone è per pochi ma colpisce tutti. Rossana Orlandi, regina milanese del design, ne porta un paio bianchi tondi enormi da una vita, al punto che ormai li ha brevettati e li vende a decine durante la Settimana del Mobile. E non è certamente l’unica: Iris Apfel, regina mondiale del glamour, portava dei giganteschi occhiali tondi nonostante le sue profondissime lenti concentriche da miope.
Ma i precedenti sono tanti e illustrissimi. Primo fra tutti, e mio ispiratore quando li acquistai, è certamente Lew Wasserman, il dio Giove di Hollywood, l’uomo che ha regnato incontrastato su tutte le majors del cinema per 30 anni e che vestiva alla europea, sempre in impeccabili completi severissimi all’inglese, pettinatura con riga fresca di barbiere ma con due enormi spropositati occhialoni in tartaruga che veramente parevano assurdi su quell’uomo potente e impassibile.
Ebbene, il trucco sta tutto lì: in un contrasto prepotente ma perfettamente governato, occhialoni oversized su un abbigliamento impeccabile e un aspetto oltremodo curato: se vi scappa un dettaglio il ridicolo è dietro l’angolo.
Gli stessi enormi occhiali squadrati li portava una delle donne più eleganti di tutti i tempi, la modella svedese Gitte Lee, moglie del grande attore horror Christopher Lee e dotata di una eleganza fuori dal comune.
Altro onnipotente sovrano di Hollywood malato di oversized fu Swifty Lazar, il manager di tutte le super star del pianeta, un omino pelato piccolissimo ed elegantissimo sul cui faccino da Mastro Yoda esplodevano due giganteschi wayfarer tipo Rayban.
Ma va detto che a Hollywood gli oversized sono stati una passione ricorrente: il più famoso di tutti è senza dubbio Asso Rothstein in Casinò di Scorsese, mirabilmente interpretato da Robert De Niro: nei suoi oversized si specchia l’auto di Joe Pesci che sfreccia nel deserto del Nevada mentre romba in sottofondo il Theme de Camille di Morricone, e gli stessi occhialoni sono addirittura l’ultimo fotogramma del film. Michael Caine dopo il successo di Alfie nel 1966 pubblicizzò un enorme paio di occhiali detti proprio “The Alfies” al prezzo assurdo di 250 dollari di allora (una fortuna), sotto i quali campeggiava lo slogan “bloody large glasses!” (degli occhiali dannatamente grandi !). E sempre Caine indossa degli splendidi oversized nel mitico “Rio” e in “Hannah e le sue sorelle”, che gli valse perfino un Oscar.
Come dimenticare gli occhialoni del killer serafico Max Von Sidow ne “I tre Giorni del Condor” o quelli di Louis Jourdan, cattivissimo Kamal Khan di “007 Missione Octopussy” ? Paul Newman, divo Apollo di Hollywood, si fa fare un grande paio di occhiali in oro e lenti sfumate ne ‘‘Il Colore dei Soldi” per prepararsi al grande torneo di biliardo del remake del mitologico “Lo Spaccone”. George Romero, uno dei più grandi registi horror di tutti i tempi, portava orgoglioso i suoi oversized quadrati come negli anni ‘70 faceva anche il re dei crooners Sammy Davis Jr. E chi non si ricorda gli occhialoni in oro massiccio del re del Rock, Elvis the Pelvis con i suoi mantelli stellati e le cinturone dorate?
Ma gli occhiali giganti sono stati appannaggio anche delle vette più alte dello stile mondiale: Gianni Agnelli durante le sue discese con gli sci portava degli occhiali da sole di dimensioni improponibili, del tutto simili a quelli che indossava il Principe delle Tenebre, quell inarrivabile Miles Davis sovrano assoluto del jazz e icona di stile senza tempo, che per gli occhiali giganti aveva una vera e propria mania, arrivando a portarne di spropositati, addirittura a nido di ape, a occhio di mosca e perfino ottagonali.
Insomma, se vi piacciono grandi, rischiate: siamo in estate e siete in buona compagnia.
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di archivistica all’Università degli studi di Milano