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Cerchiamo la relazione tra il gioco più mentale che ci sia, gli scacchi, e la boxe che specialmente tra picchiatori dovrebbe ottundere un po’ la mente di colui che ne ha prese di più.

Lodevoli tutti i tentativi di mettere insieme scacchi e pugiato. Nicolò Tiraboschi (nella foto centrale), 23 anni di Bergamo Elo 2258 (sistema di valutazione universale), quindi candidato maestro FIDE e ora campione mondiale sino a 65 kg di scacchi-boxe, ha battuto in finale il francese Infantino  Elo1834, quindi più di 400 punti. Un abisso. Si alterna un round di boxe con un round di scacchi. Al terzo di boxe, il francese ha abbandonato gli scacchi perché stordito dai colpi del picchiatore Tiraboschi o perché troppo inferiore negli scacchi?  Sono tentativi di trovare una spiegazione, come del resto anche i miei, di tipo solo induttivo e cioè senza la possibilità di dedurre una teoria secondo l’ancor validissimo adagio galileiano “sensate esperienze, dimostrazioni certe”.

Anche se diverso nella procedura, il mio ragionamento sulla F1, basato solo sul buon senso induttivo e quindi non scientifico.

Il buon senso induttivo si basa sui risultati dei piloti di F1: a quale età ottenuti, con quale vettura, contro quali avversari e altro ancora. Chiaramente parliamo solo dei grandissimi che hanno vinto di più, quali Fangio,Moss, Clark, Surtees (forse), Lauda, Prost, Senna, Shumacher, Hamilton e ora Verstappen.

Per un atleta il meglio della condizione psico-fisica si riteneva fissato a 28 anni, ora siamo intorno a 30-32. Caso molto a parte Alonso (43 anni) e Hamilton (40 anni).

Alonso alcuni anni fa ebbe il terribile incidente, prese una decelerazione di 50g, lo si dava per morto, si riprese bene, tornò a correre, ma non vinse più. Caso ancora diverso quello di Hamilton che il prossimo anno verrà alla Ferrari per moltissimi soldi ma non vincerà più l’ottavo titolo mondiale, anche se Maranello, ammesso e non concesso, gli desse una macchina con 3/4 decimi stabili di vantaggio, sia in velocità che in affidabilità, perché ogni GP lascia nel cervello del pilota un accumulo di tossine, impossibili da eliminare, che renderanno impercettibilmente il corridore meno veloce e meno aggressivo.

 

Pietro De Franchi 

L'Editoriale

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