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A volte ritornano. E così succede per le centrali nucleari.  Dopo decenni di letargo sono ricomparse in formato mignon con gli small modular reactors (SMR) per chi è del settore.  Con i piccoli reattori modulari per i non addetti ai lavori. Con moduli fino a 300 megawatt elettrici, un costo miliardario ragionevole, fornirebbero un contributo significativo alla transizione energetica.  Sponsorizzati dall’Europa per il raggiungimento degli obiettivi del green deal, gli SMR incassano gli applausi degli imprenditori e di molte forze politiche. 

Carlo Calenda, senatore e fondatore di Azione, pochi giorni fa è andato oltre: «Caorso è un gioiello di efficienza. Questa centrale andrebbe riaperta con tecnologie più avanzate». 

Ad annunciare la nuova primavera nucleare è stato il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto FratinHa presentato un disegno di legge delega per autorizzare la costruzione di impianti di questo tipo, utili soprattutto per le aziende energivore.  La legge bypasserebbe i due referendum (1987 e 2011) contro il nucleare.  Almeno secondo Pichetto: «Un referendum che riguarda la bicicletta non lo possiamo applicare alla Ferrari».

Insieme al consenso si è già palesato il dissenso. A Viadana è nato un comitato SI alle energie rinnovabili, NO al nucleare, che venerdì scorso ha organizzato un’assemblea sul tema e raccolto un invidiabile successo.

Marco Pezzoni, ambientalista, ex senatore Ds, ha sottolineato: «Cremona vicina al Po, con un’area industriale che va dalla Tamoil fino al porto canale e al polo siderurgico, è tra le candidature più probabili per uno o due moduli di SMR di terza generazione, reattori nucleari di piccola taglia sempre a fissione e raffreddati ad acqua» (Cremonasera, 6 gennaio).

Il dado è tratto. Se la previsione di Pezzoni verrà confermata, in città e provincia si aprirà un dibattito che – è facile da pronosticare – vedrà posizioni diversificate anche tra gli appartenenti al medesimo partito.

Confrontarsi sull’opportunità o meno di costruire un SMR solamente con l’ausilio di valutazioni tecniche e con il supporto dei numeri è positivo e auspicabile, ma potrebbe risultare fuorviante. 

I favorevoli porteranno un tir di documenti ed esibiranno un vagone di dati a sostegno della propria posizione. I contrari ne presenteranno altrettanti di segno opposto. La discussione si trasformerebbe in un loop senza uscita. 

La scienza è legata a filo doppio con il business.  I numeri non sono oggettivi come si crede. Possono essere interpretati e il significato dipende da chi li legge e li elabora. La storia insegna che il confronto tra favorevoli e contrari fondato esclusivamente sui dati, sulla scienza e sulla tecnologia esaspera i toni e crea confusione. Toglie spazio al dubbio.

La scienza non è neutrale.  Neppure i numeri. E il classico dipende dall’uso che se ne fa è una foglia di fico, che chiude le porte ad ogni dialogo. La scienza non certifica la verità. Se accadrà questo, sarà un parlare tra sordi.  Certo, l’argomento verrà abbondantemente dibattuto, ma non è la quantità che conta, bensì la qualità.

La vera discriminante diventa la politica che per la valutazione dovrebbe aggiungere alle cifre altri parametri, meno quantificabili e all’apparenza estranei all’argomento. 

Il professor Umberto Galimberti, nel novembre del 2022, a CremonaFiere, durante l’assemblea degli industriali della nostra provincia, nel suo intervento sul tema la Transizione al futuro, aveva ammonito sul pericolo della tecnica.

Essa prevarrà su tutto e si autogovernerà. Ridurrà l’uomo a mezzo. Gli toglierà il potere decisionale. Cancellerà l’etica. Annullerà l’aspetto irrazionale ed emotivo. Favorirà efficienza e produttività. Accelererà i tempi. Sottometterà l’economia che già oggi impone le scelte alla politica.

La scelta di approvare o meno la costruzione dei piccoli reattori nucleari potrebbe rientrare nell’ipotesi evocata da Galimberti, con la tecnica che prevale sulla politica. La domanda è semplice: riuscirà la stessa politica a non cedere a questa imposizione? Avrà la forza di decidere in modo autonomo? E sia chiaro: l’interrogativo non deve essere inteso come l’invito ad una opposizione preconcetta al nucleare.

Se Cremona si dovesse trovare in questa situazione, la politica saprebbe valutare in modo indipendente e sereno l’opzione migliore per il bene comune? 

Trentuno anni fa il tradimento del referendum sulla localizzazione dell’inceneritore fu una scelta politica ineccepibile, ancorché non condivisibile e deprecabile. Una scelta contraria alle evidenze scientifiche, che sconsigliavano la costruzione dell’impianto a San Rocco. Una scelta contraria alla volontà dei cittadini chiamati ad esprimersi sulla questione. Una scelta che ancora oggi fa discutere. 

Successivamente è stata più volte annunciata la dismissione dell’impianto, ma non è mai avvenuta. Questa è stata una scelta politica tutt’altro che ineccepibile.  

I tempi sono cambiati.  I politici attuali non hanno la caratura dei predecessori. La separazione tra pubblico e privato è più sfumata. La collaborazione tra i due soggetti è più flessibile. Il peso del privato più rilevante. Il suo ruolo più pervasivo.  Gli stakeholder più determinanti nel fare pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Comunque dalla parte più vantaggiosa ai loro interessi, i quali non sempre coincidono con quelli dei cittadini. 

A tutto questo è necessario aggiungere il ruolo dei media. Non tutti sono cani da guardia dell’establishment. Alcuni sono barboncini da compagnia, accucciati ai piedi del padrone e pronti ad attaccare l’asino dove il sovrano indica.  

Poi ci sono i movimenti spontanei di cittadini che contestano decisioni politiche. Possono svolgere un compito rilevante nelle dinamiche che portano alla decisione definitiva. La possibile costruzione di SMR è terreno fertile per la nascita e crescita di questi gruppi. 

Il problema del nucleare si inserisce nel contesto più ampio dell’ambiente e permette di ritornare sulle linee programmatiche di Michele Bellini, neosegretario provinciale Pd. Nella parte quarta del documento, quella sulle priorità tematiche non c’è un paragrafo specifico per l’ambiente, che però è incluso in quello dello sviluppo sostenibile. C’è poco di politica. Molto di scienza. Una quintalata di aria fritta. Tanti luoghi comuni. Alcune contraddizioni. Una dose di coraggio. Un’apprezzabile onestà intellettuale. 

Bellini è chiaro. «È fondamentale approcciare la questione ambientale con metodo scientifico, consapevoli che, per valutare gli interventi, è imprescindibile considerare l’intero ciclo di vita, valutandone l’impatto ambientale complessivo» (pagina 25). 

È tranchant. «È importante superare le contrapposizioni che banalizzano il dibattito (anche al nostro interno) a pragmatici contro ideologici. È anacronistico e sbagliato etichettare l’ambientalismo come ideologico».

È chiaro. «La transizione ecologica è una transizione industriale e come tale deve essere trattata. Anzi, oggi si sono forse invertite le posizioni: è ideologico non vedere che serve agire verso la sostenibilità o avere la presunzione che esistano ricette perfette» (pagina 25).

È sorprendente. «Nella nostra provincia è presente il maggior numero di impianti a biogas autorizzati a livello nazionale, una realtà che evidenzia quanto sia strategico il tema per il nostro territorio. Tuttavia, la decisione della Regione di eliminare l’obbligatorietà della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per queste trasformazioni suscita preoccupazioni profonde. Riteniamo questa scelta sbagliata».

Affermazione che può essere intesa: la nostra provincia è intasata da impianti di biogas, condizione che li rende strategici, però i cattivoni sono lo Stato, che li ha autorizzati a livello nazionale, e la Regione che ha abolito la Via. E se io c’ero dormivo. Un modo gesuitico, una furbata per salvarsi l’anima per dire: attenzione l’eventuale costruzione in provincia di altri impianti di biometano, non è da imputare al Pd.  La colpa è della Regione.

Bellini invita ad «essere consapevoli che possono emergere situazioni specifiche in cui ambiente ed economia entrano in conflitto, ponendo dilemmi complessi».  Dilemma ineludibile per la costruzione di una SMR. Se Pezzoni ha ragione, discuterne per tempo sarebbe una scelta lungimirante. La più intelligente.  

La politica sarà la sola a decidere. E allora qui si parrà la tua nobilitate. E si verificherà la dignità e l’indipendenza della politica stessa. E non ci saranno alibi.

 

Antonio Grassi

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