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Buongiorno Direttore,

prendo spunto dall’intervento del sindaco di Casale Cremasco, Antonio Grassi, sul tema della desertificazione commerciale di Cremona, per condividere alcune riflessioni personali.

Passeggiando lungo corso Campi o Garibaldi, o sbirciando dietro i portoni dei palazzi storici del centro, è impossibile non notare l’inquietante sequenza di cartelli “vendesi”: segnali inequivocabili della lenta agonia che sta colpendo la nostra città.

Non mi soffermerò sul potere attrattivo dei centri commerciali ai margini della città: grandi parcheggi, ambienti climatizzati, un’offerta vasta di negozi, cinema, bar e ristoranti. Sono luoghi dove si va per trovare tutto — anche ciò che non serve — e dove, spesso, si trascorrono interi fine settimana. Mi torna in mente il racconto di un’insegnante di lettere delle medie che, dopo aver chiesto ai suoi studenti di descrivere i loro weekend in famiglia, ricevette per lo più temi dedicati alle giornate trascorse nei centri commerciali.

Chi, come me, ha superato la “mezza età” — quella celebrata con ironia da Marcello Marchesi — ricorderà una Cremona ben diversa: viva, pulsante. Le “vasche” in Galleria con centinaia di ragazzi in cammino rigorosamente in senso antiorario, evitando con scaramanzia lo stemma a terra per timore dell’interrogazione del giorno dopo. I negozi di quartiere, dove il salumiere conosceva la tua spesa a memoria e consegnava ai nonni che non potevano scendere. Gli oratori affollati, il Supercinema e i palchetti del Politeama per i primi timidi baci, le partite degli studenteschi di basket con cori da stadio nella “Spettacolo” gremita. Una città di prossimità, dove il vicino ti ritirava la posta, ti annaffiava i fiori e si offriva di accompagnare il nonno a fare la spesa. Una Cremona che oggi sopravvive solo nei  “Te Ricòordet quant…?”.

Quella città non c’è più. I negozi di vicinato sono stati messi in ginocchio dalla concorrenza della grande distribuzione. I 3 cinema storici resistono eroicamente come il soldato giapponese Hiroo Onoda, ignaro della fine della guerra. Le famiglie si sono ristrette, i giovani se ne vanno, e i nonni – un tempo pilastri della casa – ora sono ospiti nelle RSA.

Ma non è solo nostalgia. La situazione attuale è oggettivamente preoccupante: la città si sta svuotando. I nostri figli, dopo la laurea, partono per Milano o per l’estero. Le scuole registrano meno iscritti e, presto, caleranno anche gli ospiti delle case di riposo. Gli oratori si svuotano o si aggregano, le banche chiudono sportelli e i depositi calano.

Eppure, alcuni segnali incoraggianti ci sono. L’offerta universitaria sta crescendo, attirando studenti da tutta Italia e dall’estero. Il Ponchielli e l’Auditorium Arvedi propongono stagioni culturali di altissimo livello. Le manifestazioni di piazza e i concerti estivi attraggono migliaia di persone. I nostri musei, la liuteria, le chiese, le piazze e la Cattedrale — autentico gioiello — sono ricchezze inestimabili. Anche l’Ente Fiera si sta espandendo con il progetto Infinity 1 Event Space.

Tuttavia, se tutto questo bastasse, il centro città non apparirebbe così svuotato come denuncia il sindaco Grassi. La verità è che chi viene a Cremona spesso lo fa per una visita “mordi e fuggi”, fermandosi per una giornata o una sera, senza radicarsi.

E allora è urgente ripensare Cremona non solo come meta turistica, ma come luogo da vivere, da abitare. Puntare sulla residenzialità è forse l’unica strada per invertire il declino. Due i pilastri su cui agire.

  1. Università e giovani

Abbiamo studenti che restano in città tra i 12 e i 36 mesi. Offriamo loro case, studentati, bar, locali serali, abbonamenti scontati per palestre, canottieri, sport, corsi e tirocini tramite le associazioni di volontariato. Costruiamo un ecosistema che li faccia sentire parte della comunità.

  1. Lavoro e attrattività

Il lavoro è l’altro grande nodo. Il masterplan 3C Ambrosetti ha individuato sei filiere su cui puntare: agroalimentare, metallurgia, cosmetica, servizi alla persona, bioenergie, musica. Investire in questi settori può attrarre imprese e nuovi residenti.

Ma il vero cuore della sfida è rendere Cremona appetibile per viverci. Non abbiamo il clima della Liguria, è vero, e la pianura padana ci penalizza con la qualità dell’aria. Ma Cremona è tranquilla, vivibile, a misura d’uomo. Provate ad andare in bici a Roma o Milano. Da noi non esistono ingorghi di un’ora, né semafori sincronizzati per farti fermare ad ogni incrocio. Al pronto soccorso, o in reparto, trovi ancora umanità. La sanità cremonese, con il nuovo ospedale in progetto, può davvero fare un salto di qualità.

Anche i costi sono più accessibili: gli affitti e le case costano meno che a Milano. Abbiamo 34 RSA con rette tra le più basse della regione, e strutture ben gestite. Le nostre “Canottieri” offrono svago e sport in spazi verdi e rilassanti.

Cosa possiamo fare di più?

  • Trasporti: la realizzazione del doppio binario tra Mantova e Milano, il ripristino delle corse su Piacenza e una rete di trasporto pubblico più efficiente possono incentivare i pendolari a vivere qui.
  • Scuole e nidi: Cremona ha una buona offerta educativa, dalle scuole superiori fino ai nidi. È un punto di forza da valorizzare.
  • Smart working: va favorito con infrastrutture tecnologiche adeguate.

Serve una strategia mirata che parli a target specifici: giovani coppie, famiglie con bambini, anziani in cerca di tranquillità, dirigenti che lavorano in città più grandi ma desiderano una qualità della vita migliore.

E serve soprattutto comunicazione. È fondamentale investire in un’immagine positiva della città. Bene ha fatto l’Amministrazione a promuovere Cremona in fiere e eventi. Ma oggi servono anche spot, campagne sui social, collaborazioni con cinema e tv. Penso al video di Lena Yokoyama sul tetto dell’Ospedale: ha fatto il giro del mondo, commuovendo milioni di persone. Cremona ha bisogno di raccontarsi così, con emozione, verità e bellezza.

Concludendo

Serve un manager della comunicazione cittadina, una figura che coordini strategie di marketing, interagisca con istituzioni, aziende, associazioni, Camere di Commercio ed eventi fieristici. Solo così potremo tornare a far germogliare quel “giardino fiorito” che oggi rischia di diventare un deserto.

Con speranza e amore per la nostra città,

 

Claudio Bodini

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