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Credo di non suscitare alcuna sorpresa  quando dico  che la società stia cambiando in peggio (basta sentire le notizie o vedere quello che accade a casa nostra). Ma forse  ci stupiscono le affermazioni di alcuni autorevoli studiosi che parlano di un feudalesimo prossimo venturo. Intendiamoci, non stiamo per assistere al ritorno della servitù della gleba con il signorotto di turno che ha potere di vita o di morte su una moltitudine di affamati, considerati poco più che animali (ricordo Dario Fo quando parlava  del villano uscito dalla pancia dell’asino tuto immerdao). 

Non è facile capire la natura dell’inquietante cambiamento in atto, anche perché i ricchi sono sempre esistiti e sempre esisteranno, tuttavia le differenze fra i ricchi del passato e quelli di oggi sono notevoli: la regina Vittoria accumulava immense ricchezze facendo le guerre coloniali, ricchezze che servivano a mantenere l’Impero in tutta la sua opulenza. Oggigiorno i Bezos, i Mask (foto centrale) e altri noti membri del club di multimiliardari, accumulano ricchezze astronomiche per sé, senza l’incombenza di mantenere alcun impero.

Il filosofo Umberto Galimberti parla di capitale e tecnologia supportati da schiere di funzionari dalla indubbia preparazione settoriale, ma che “sono affetti da edonismo neolaico, ciecamente dimentichi di ogni valore umanitario e ciecamente estranei alle scienze umane”. Per usare le parole di Pier Paolo Pasolini

A conferma di ciò, la studiosa  Jodie Dean afferma che il neofeudalesimo è caratterizzato da nuovi signorotti che possiedono piattaforme cui afferisce una gigantesca organizzazione di servizi (servitori?).

 I capitali accumulati sono  enormi, al punto da condizionare il potere degli Stati sovrani. Attualmente, vista la rapida trasformazione del fenomeno, solo una cosa appare chiara: il compromesso stipulato fra classi dirigenti e classi lavoratrici nel XX secolo è stato ignorato perché non più necessario; il capitalismo non ha più bisogno nemmeno della Chiesa, sua storica alleata sin dai tempi di Costantino il Grande; ha semplicemente soggiogato il mondo produttivo imponendo le proprie regole. 

La corsa al profitto procede veloce, anzi, a briglia sciolta e a tutti i costi. Anche a costo di ricorrere a vecchie “strategie”, quali: sfruttamento, salari sempre più bassi e disprezzo degli individui che, come i polli di Renzo, si fanno concorrenza fra loro, entrando nel mercato a prezzi “competitivi”; in altre parole la classica guerra fra poveri. 

Siamo arrivati al punto in cui una sempre più nutrita schiera di individui ha bisogno per sopravvivere di chi ha alti guadagni (addetti alle pulizie, baby sitter, segretarie, personal trainer, autisti…). 

Si prevede che nei prossimi anni negli Stati Uniti vi sarà un numero sempre più elevato di persone che si dedicheranno all’assistenza  e alla cura delle persone (non si parla, però, di lavoratori della sanità) o che faranno le pulizie o lavori faticosi; lavori che in un’altra epoca erano affidati ai servi.  Se a ciò si aggiunge che le corporations non pagano tasse adeguate e a volte ricevono sussidi sotto forma di sgravi fiscali, si arriva facilmente alla conclusione che ai cittadini spetta l’ingrato  compito di finanziare sia lo Stato che le classi abbienti. 

Se vi sarà un Medio Evo prossimo venturo, questo non sarà causato da black out tecnologici, come è stato prospettato anni fa, ma da black out sociali. 

A questo punto è giusto porsi qualche domanda: quanto potrà durare? Noi in apparenza siamo sereni perché vengono soddisfatti i nostri bisogni primari insieme a molti di quelli superflui, ma per quanto tempo siamo disposti a credere che si possono mangiare brioche perché manca il pane?

 

Giuseppe Pigoli

 

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