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C’erano Pci e Movimento sociale.  Adesso ci sono Pd e Fratelli d’Italia. C’erano destra e sinistra e un’identificazione forte e totale con il proprio partito. Adesso c’è un minestrone e succede che, nella nostra provincia, sia normale trovare Pd e Fratelli d’Italia alleati.  

C’erano le ideologie granitiche. Adesso ci sono l’opportunismo liquido e quello pratico della ricerca di un posto di lavoro o del riscatto sociale. 

C’erano i giovani che credevano negli ideali. Che lavoravano per diffonderli. Che si iscrivevano a un partito. Che volantinavano e attaccavano i manifesti. Che organizzavano eventi. Che umilmente percorrevano tutte le tappe gerarchiche. Che altrettanto orgogliosi rivendicavano i galloni di ufficiali conquistati sul campo.  

Adesso, se aderiscono a un partito, smaniano e sgomitano per bruciare le tappe e, con scarsa concorrenza, ci riescono. Parlano di big data (Michele Bellini, segretario provinciale Pd)  ma sono digiuni dei fondamentali della politica, il primo è il classico sangue e merda di Rino Formica.  I risultati non sono esaltanti e i vecchi bucanieri tengono ancora il mazzo saldo in mano. Già: venni, vidi, persi. 

Poi ci sono le eccezioni, Fabio Bergamaschi, sindaco di Crema, Michel Marchi, sindaco di Gerre de Caprioli, Andrea Bergamaschini, consigliere comunale Lega a Crema, per citarne alcuni.  Ma una rondine non fa primavera.

Per alcuni militanti la fedeltà alla squadra resiste il tempo per raggiungere l’obiettivo personale e non soffrono se non coincide con quello collettivo.

Per altri è l’assalto alla diligenza, mascherato da nobili cause, legittime e rispettose della legge. Motivazioni che con la politica condividono solo il make up, indispensabile per giustificarle, esempio la cessione di Lgh ad A2a. Operazione che ha privilegiato l’aspetto economico ed è stata venduta ai cittadini per un’opportunità imperdibile per il territorio. Ma nessuno sosterrebbe che un buon affare corrisponda automaticamente a un’apprezzabile scelta per gli interessi della comunità. Le vicende del biometano in via San Rocco e del prolungamento dell’attività dell’inceneritore hanno confermato la discrasia tra le buone intenzioni e il cinismo del business. E vale sempre il vecchio adagio: le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.

C’erano diplomazia e discrezione. I panni si lavavano in casa.  Adesso la cautela è un accessorio e gli scazzi diventano virali. Sui social si duella a colpi di post. La pseudo democrazia diretta del web ha indebolito i corpi intermedi.   L’informazione è un omogeneizzato di verità e bugie, che trasforma in un’ardua impresa separare il grano dalla zizzania.   

Sostituiti i maître à penser con gli influencer più interessati ai like che al bene comune, le piattaforme digitali parlano troppo alla pancia e poco alla testa dell’interlocutore

Le minoranze venivano rispettate, ora sono demonizzate. Si lotta per l’occupazione di ogni spazio libero con tutti i mezzi legali disponibili e talvolta anche con quelli borderline. Se necessario, non si disdegna un patto con Mefistofele, ma il contraente, diversamente dal dottor Faust, non si redime. E per questo non ci sono angeli che trasportano la sua anima in cielo.

L’avversario, anche se sconfitto non veniva umiliato. Adesso l’antagonista viene schiacciato.  Il perdente affidato alla damnatio memoriae con iscrizione subitanea alla categoria dei pirla. E Brenno, dopo il sacco di Roma, è il modello del trionfatore: «Guai ai vinti». 

La politica ascoltava i cittadini. Adesso segue il piffero degli stakeholder e degli oligarchi di provincia ma anche dei loro satelliti, i quali splendono di luce riflessa e s’illudono d’essere stelle luminose, ma sono normali candele, neppure benedette. 

La dialettica ha ceduto il passo ai muscoli e alle frasi ad effetto.

 «Non è più il tempo del se, ma è giunto quello del come».  (Luciano Pizzetti, La Provincia, 20 febbraio, in merito al nuovo ospedale di Cremona).

I segretari di partito si atteggiano a leader arroganti e ganassa, brutta copia, in sedicesimo, del marchese del Grillo: io sono io e voi non siete un cazzo. Ma spesso quelli che non sono un cazzo sono loro.   Portavoce dei reali manovratori sono ventriloqui agghindati da politici esperti. Solo agghindati. Vestiti a festa con qualche mostrina e poco più.

C’erano gli accordi tra partiti. Adesso gli accordi ci sono ancora, ma nella nostra provincia, il kingmaker riconosciuto, quello che muove le pedine e al quale molti baciano la pantofola, non ricopre cariche di partito.  Battitore libero, pokerista coi fiocchi, Fabio Bertusi è bravo e su questo non si discute. Tanto di cappello, ma per dirla con Manzoni è vera gloria la sua? Oppure è demerito dei giocatori. È lui il fuoriclasse o sono schiappe gli altri? Oppure, ed è la terza via, è un mix delle due ipotesi? Forse non è indispensabile aspettare i posteri per l’ardua sentenza. 

C’era la politica. La tecnica l’ha esautorata.  Elon Musk insegna. 

Ma non c’è nulla di nuovo e di imprevisto. L’8 novembre di tre anni fa, alla Fiera di Cremona, durante l’assemblea degli industriali della provincia, il filosofo Umberto Galimberti l’aveva spiegato con un intervento magistrale. «Il potere decisionale – aveva precisato – è nelle mani dell’economia, che tuttavia opera le sue scelte e i suoi investimenti guardando alle risorse e alle novità tecnologiche. La decisione quindi spetta alla tecnica» (Cremona Oggi, 8 novembre 2022).

C’era il bene comune.  Adesso ci sono le poltrone, le uniche che, nella nostra provincia, provocano uno scontro reale e non un teatrino. N0n un gioco delle parti. Le uniche che scatenano guerre di religione al grido di battaglia: Dio perdona… io no!  ma i protagonisti non sono Bud Spencer e Terence Hill e questo è tragico. 

La nomina dei consigli di amministrazione di Padania Acque, dell’Ato e di Centropadane potrebbero essere studiati nei master per pubblici amministratori, così da evitare un’ulteriore pessima figura a politica e partiti, già gravati di cattiva fama e scarsa credibilità 

E mentre i partiti per uno strapuntino si scannano sia tra di loro che al proprio interno, il futuro incombe.  E’ dietro l’angolo, ma pochi si preoccupano. 

Nessuno fiata sulla questione dell’Ato Unica regionale, ipotesi tutt’altro che peregrina.  Cosa comporta per la Provincia?

Solo sussurri per l’ipotesi sul ritorno del nucleare.

 «La governativa Sogin candida l’ex centrale di Zerbio a ospitare un nuovo impianto per la produzione energetica nucleare. L’annuncio è arrivato dell’amministratore delegato Gian Luca Artizzu nel corso di un convegno organizzato a Milano dalla Lega dal titolo. Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte» (La Provincia, 16 aprile). 

Carlo Calenda, fondatore di Azione, un paio di mesi fa aveva dichiarato: «Caorso è un gioiello di efficienza. Questa centrale andrebbe riaperta con tecnologie più avanzate» (Vittorianozanolli.it, 2 febbraio). 

 Il 28 febbraio è stato approvato il disegno di legge delega sul nucleare leggero proposto dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Nel frattempo a Viadana è nato un comitato SI alle energie rinnovabili, NO al nucleare

E i partiti? In silenzio.  Un tempo avrebbero suonato la grancassa e gareggiato per proporre assemblee e dibattiti indipendentemente dal giudizio favorevole o contrario alla proposta di Pichetto Fratin.

Si è mosso solo Alessandro Portesani, consigliere comunale di Novità a Cremona, lista civica.  «È l’ora – ha proposto – che si apra un dibattito serio sull’impiego del ‘nuovo’ nucleare anche nel nostro territorio» (Vittorianozanolli.it, 17 aprile).

Dove sono i paladini della partecipazione? Del confronto? Del coinvolgimento di cittadini?  O tempora o mores, direbbe il nostalgico e conservatore insegnante di latino.

Ma è il giorno di Pasqua.  Del passaggio. Della resurrezione. Del cambiamento. Tentare non nuoce. La posta in palio merita l’azzardo, può evitare consunzione ed eutanasia e di scandalizzare i professori di latino.

«Esiste un’infinità di modi per suicidarsi senza morire» (da  Diary di  Chuck Palahniuk, autore cult di Fight club). Utile ricordarlo.

Antonio Grassi

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