Ci si domanda come mai spesso siano gli idioti, gli inetti e gli ignoranti ad accedere al potere. Per la verità ce lo chiediamo tutte le volte che accendiamo la televisione o sentiamo una concione in piazza. D’acchito la prima risposta contempla la demotivazione delle persone “normali” che non solo non desiderano il potere, ma ne sono nauseate. Platone (foto centrale) diceva che solo i migliori meritano il potere, bei tempi!
Questa prima risposta però non soddisfa fino in fondo, perché più riflettiamo .e più ci accorgiamo che qualcosa non torna. E questo qualcosa è il popolo, o se si preferisce la massa o la folla.
La folla vede i politici per come sembrano e non per come sono in realtà; tutti lo sanno e a tutti sta bene così.
Fra massa e demagogo esiste quindi una connivenza innegabile. Le certezze “gridate” con piglio tribunizio risultano molto efficaci, anche perché è ormai assodato che il popolo vota i propri simili. In altre parole, ai potenti si chiede non di essere all’altezza della situazione, ma di essere complici delle mediocrità, delle frustrazioni e invidie che pervadono le masse. Il vero politico è quello che sa alimentare la pusillanimità della gente.
Il fatto che alcuni potenti non sappiano parlare in modo corretto viene considerato come un peccato veniale – anche se non è chiaro che un congiuntivo non provoca la congiuntivite, è secondario – l’importante è che questi siano in grado di dare risposte chiare, semplici e rassicuranti, cioè le risposte che vogliamo sentire, si capisce.
Erodoto diceva che è più facile ingannare una moltitudine di persone che una persona sola. Aveva ragione. Il vero pericolo per la politica non è rappresentato dalla massa (questa va in piazza a fare danni seri quando è affamata, altrimenti sfascia le vetrine e poi va a cena), ma dalla singola persona che, in quanto tale, non perde la propria identità, identità che svanisce quando l’individuo cede alle lusinghe delle parole pronunciate da molti e che, proprio per questo, diventano verità indiscutibili, anche quando portano a guai seri. “Nessun fiocco di neve in una valanga si sente responsabile” diceva Voltaire.
Oggigiorno è triste osservare come il cosiddetto pensiero omologato sia ormai giunto a proporzioni inquietanti, prova ne sia che assistiamo a comportamenti assurdi come inneggiare alla democrazia mostrando il pugno chiuso o il braccio teso o bruciando le auto; non è ancora chiaro se questo accade per ingenuità o vera stupidità.
Nulla o poco è cambiato dai tempi di Erodoto; ingannati e ingannatori saranno sempre vincolati dalla volontà di escludere gli uomini probi.
Alla vigilia di una inopinabile catastrofe planetaria è lecito pensare che i più cretini siano arrivati alle vette del potere, pronti a dare un indimenticabile saggio delle loro prerogative intellettuali, etiche e culturali. Da un punto di vista storico potremmo paragonare questo periodo a quello segnato da qualche trucido imperatore della Roma decadente.
Da giorni echeggiano insistenti nella mia vecchia testa un po’ usurata dagli anni, le parole del grande Totò che aveva saputo sintetizzare la situazione nella sua celebre battuta:
”Vota Antonio, vota Antonio la Trippa! Italiani, borghesi, pantofolai! Dormite tranquilli! Qui c’è l’insonne che veglia!”
Giuseppe Pigoli