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La scelta del Governo di ridurre drasticamente, già dal 2026 e per tutto il prossimo triennio, le risorse destinate al Fondo per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano, è una decisione grave e incomprensibile, soprattutto perché arriva nel momento in cui i territori più esposti all’inquinamento atmosferico stanno mostrando i primi segnali concreti di miglioramento grazie agli sforzi dei territori degli ultimi anni”. È questo il commento di Legambiente e dei suoi comitati regionali del Nord Italia, rispetto ai contenuti del disegno di legge di bilancio attualmente in esame al Senato, in relazione al taglio delle risorse previste per il “Fondo per il finanziamento di specifiche strategie di intervento volte al miglioramento della qualità dell’aria nell’area della pianura padana” (capitolo 8404), che risultano quasi interamente ridotte per gli anni 2026, 2027 e 2028, con un incremento rimandato ai successivi 2029, 2030 e 2031.

La riduzione prevista delle risorse è del 75%: un taglio enorme che compromette gravemente l’attuazione dei piani regionali della qualità dell’aria, mettendo a rischio il rispetto dei valori limite previsti dalle norme europee proprio quando – nonostante condizioni strutturalmente sfavorevoli, come la conformazione geografica chiusa e l’elevata densità antropica – le Regioni e le Città padane stavano dimostrando la volontà di un deciso cambio di passo per ridurre i livelli di inquinamento. Il Veneto, ad esempio, sta registrando dati che potrebbero portare a un 2025 senza superamenti oltre i 35 giorni del limite dei 50 μg/m³ di PM10 nella maggior parte delle centraline, un risultato mai visto negli ultimi vent’anni. In Lombardia il trend, seppur fragile, è in miglioramento, mentre in Piemonte la qualità dell’aria ha iniziato lentamente a beneficiare delle misure adottate nell’area torinese. Anche l’Emilia-Romagna sta osservando una progressiva riduzione degli inquinanti, frutto di politiche integrate su mobilità, agricoltura ed efficienza energetica.

Ed è proprio ora, mentre questi segnali indicano una tendenza positiva, che il Governo sceglie di lasciare soli e senza risorse i territori più complicati del Paese. Una scelta miope, che espone l’Italia a nuove procedure d’infrazione europee, a ulteriori sanzioni onerose e riduzioni dei fondi strutturali europei e, soprattutto, a un pericoloso arretramento nella tutela della salute pubblica. Legambiente ricorda infatti che, secondo i più recenti dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente relativi al 2023, le vittime del PM2,5 (particolato fine) in Europa sono state circa 238.000 e tra queste quelle italiane sono state 43.000, collocate prevalentemente in pianura padana. Una triste conta che porta l’Italia ad essere ancora maglia nera europea per i decessi causati dall’esposizione al PM2,5.

È quindi del tutto irragionevole che, lo Stato scelga di tagliare le risorse necessarie, invece, di consolidare questi progressi. Legambiente definisce questa scelta un vero e proprio “furto di risorse” ai danni dei territori già più colpiti dall’inquinamento atmosferico e che più avrebbero bisogno di essere sostenuti. Senza finanziamenti adeguati, il rischio è che molte delle azioni previste per i prossimi anni vengano ridimensionate o addirittura cancellate, con conseguenze gravi sia per la salute delle persone sia per il percorso di allineamento dell’Italia agli standard europei.

Il quadro è reso ancor più allarmante se visto nella cornice europea, dove il nostro Paese si colloca tra i promotori della retromarcia sullo stop alle caldaie a gas e del rallentamento della direttiva “Case Green”, a cui si aggiunge l’assenza, da parte italiana, di un piano di attuazione credibile. Un arretramento che rischia di riportare indietro di anni l’intero Paese nelle politiche ambientali e climatiche, proprio mentre le evidenze scientifiche ribadite anche nella recente COP30 di Belem, ci chiedono di accelerare.

Lasciare a terra la salute dei cittadini del bacino padano è un errore enorme e tagliare le risorse proprio ora, quando i primi risultati dimostrano che investire nella qualità dell’aria funziona e che serve attivare misure più incisive nei settori dei trasporti, dell’agricoltura e del riscaldamento domestico, è un atto irresponsabile che mette a rischio la salute di 25 milioni di cittadini del bacino padano. Il Paese ha bisogno di investimenti continui, certi e lungimiranti. Siamo pronti, insieme ai comitati regionali, a far sentire con forza la nostra voce. Una qualità dell’aria che non rispetta i limiti normativi è un problema sanitario ancora prima che ambientale” conclude Legambiente, che chiede al Parlamento di ripristinare immediatamente i fondi previsti dal decreto direttoriale MASE del luglio 2024 e di non abbandonare uno dei fronti più cruciali per la salute e la competitività del Paese, invitando il Governo ad aprire un confronto serio con le Regioni e a considerare la qualità dell’aria come una priorità nazionale non rinviabile, non come una voce di spesa da sacrificare, che solo con politiche continuative, risorse certe e un coordinamento efficace tra Stato, Regioni e Comuni sarà possibile garantire ai cittadini un ambiente più sano e città più vivibili.

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Giuliana Guindani

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