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Il dibattito sul ritorno in Italia all’energia nucleare ha dato di recente nuovo slancio l’articolo del Sole 24 Ore che ha pubblicato la mappa sui siti più idonei a ospitare le cosiddette mini centrali di ultima generazione, che però utilizzano ancora la fissione dell’atomo. In questo elenco spicca Cremona. Su questo tema scottante e controverso interviene Benito Fiori, impegnato da tempo nell’associazione ABC, Ambiente Bene Comune, proponendo uno stralcio dell’intervista a Nicola Armaroli, dirigente di ricerca al CNR e tra i più noti divulgatori scientifici italiani.

«Il nucleare: reale opzione o arma di distrazione?»

Sul nucleare, Armaroli è netto: «È una tecnologia che produce elettricità a basse emissioni di CO2, e in linea teorica rinnovabili e nucleare potrebbero coesistere. Ma bisogna confrontarsi con la realtà economica, tecnica e temporale. E qui nascono le difficoltà. La questione non è nucleare sì o no, per ragioni di principio. La questione è: il nucleare è una scelta utile per l’Italia, nel 2025?». Ed è proprio lì che il castello crolla. «Nel mercato elettrico liberalizzato il nucleare è in crisi da decenni. Negli Stati Uniti non ci sono reattori in costruzione, in Francia il parco esistente ha un’età media di 40 anni, nel Regno Unito i reattori di Hinkley Point accumulano ritardi e costi astronomici. Per l’Italia il nodo è triplice: innanzitutto manca ancora il Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi; ci stiamo provando da decenni, senza successo. Poi mancano i soldi – perché parliamo di decine di miliardi che lo Stato non ha – e soprattutto manca il tempo. Anche iniziando oggi, la prima centrale entrerebbe in funzione non prima del 2040, quando il sistema elettrico dovrà già essere decarbonizzato. Quindi, se vogliamo parlare seriamente di nucleare, dobbiamo prima risolvere queste tre incognite, altrimenti sono solo chiacchiere utilizzate per distrarre i cittadini dalla questione più urgente: decarbonizzare ora il sistema elettrico con tecnologie esistenti e a buon mercato».

Inoltre, secondo Armaroli «c’è un equivoco di base da sottolineare: il nucleare non abbassa le bollette. Anzi, oggi è l’opzione più costosa. E comunque non possiamo dire alle imprese o alle famiglie che – forse – tra quindici anni pagheranno meno. Stiamo parlando di un problema molto concreto di competitività del sistema industriale italiano e anche di tenuta di molte famiglie, che sono in difficoltà rispetto alla bolletta energetica. Il problema del caro-energia è qui e ora, per questo dobbiamo andare avanti con le rinnovabili perché adesso abbiamo l’esigenza di ridurre il costo della bolletta energica italiana».

Una convivenza difficile.

Il futuro, secondo Armaroli, è segnato: «Nel 2040 l’Italia potrebbe avere 100 GW di fotovoltaico e 50 GW di eolico. In molti mesi dell’anno ci sarà un surplus di produzione rinnovabile. Se avessimo anche centrali nucleari, ci troveremmo davanti a un paradosso: o spegniamo le rinnovabili per far funzionare il nucleare, aumentando i prezzi dell’energia elettrica, oppure spegniamo il nucleare e buttiamo via enormi capitali investiti. La convivenza non può reggere». Per questo il nucleare, in Italia, è «a mio parere l’opzione più costosa, complessa e controversa, mentre le rinnovabili sono l’opzione più rapida, più economica e più adatta al sistema produttivo italiano, fatto principalmente di piccole e medie imprese, non di grande industrie energivore».

Sotto il link dell’intervista integrale ad Armaroli.

Nucleare e Rinnovabili: intervista a Nicola Armaroli

«E adesso – conclude Benito Fiori – ricordate le ineludibili urgenze imposte dai tempi relativi al cambiamento climatico, sul tema specifico del nucleare da fusione dell’atomo un parere del premio Nobel Giorgio Parisi».

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