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Nella musica di Sanremo, ma in generale nella musica di consumo italiana che va per  la maggiore, si sono verificati negli ultimi 4-5 anni alcuni fenomeni di una certa  rilevanza. Da un lato il rap, che era sempre stato caratterizzato da un recitare versi in  modo ritmato sopra una base musicale pure molto ritmica, si è vestito di melodia:  mentre il rapper tradizionale parlava ritmicamente per quasi tutto il brano, limitandosi a  cantare la breve melodia del ritornello, il rapper più “avanzato”, eventualmente con la  collaborazione di musicisti più puri, ha iniziato a vestire di melodia il parlare ritmico. In  questo modo si è generato un nuovo genere – che in effetti viene chiamato rap melodico – e anche chi non è rapper è stato influenzato nel comporre melodie che hanno una  certa ritmicità di derivazione rap. Potremmo dire che non tutti i mali vengono per  nuocere, se volessimo considerare il rap un male (cosa molto diffusa tra i boomer). A  questo si è aggiunta la pratica di cantare (con o senza parole) arpeggi o fraseggi che è  più consueto sentire eseguiti da strumenti musicali che dalla voce del cantante solista. L’altro fenomeno è il complicarsi degli schemi delle canzoni: mentre in quelle  tradizionali essi si possono rappresentare con la successione di poche lettere (A-A-B-A  oppure A-B-A-C), negli ultimi anni si è verificato un proliferare di brani il cui schema  richiede l’uso di 4 o 5 lettere, a volte 6. Un esempio tipico è “Brividi”, canzone vincitrice  di Sanremo 2022, nella quale i ritornelli sono alternati con 3 strofe che presentano melodie ognuna diversa dall’altra: lo schema in questo caso si può rappresentare con  la successione di lettere A-B-C-B-D-B, dove B rappresenta il ritornello e le altre lettere  sono le strofe. Se è pur vero che in passato, nel progressive rock, sono state fatte cose  ben più complesse, questo tipo di schemi risulta una novità nella forma canzone di 3-4  minuti. 

Nell’insieme questi fenomeni hanno portato alla produzione di canzoni che presentano  abbondanza di melodia e una certa fantasia. Credo che la massima espressione di  questa evoluzione della canzone italiana sia stata raggiunta, per ora, nel Sanremo dello  scorso anno, mentre in quello appena terminato si sia verificato un passo indietro, nel  senso che le canzoni con il suddetto schema anomalo sono state meno numerose,  anche se l’abbondanza di melodia ritmica (o talora arpeggiata) del canto è stata spesso confermata.  

Ho voluto dire queste cose per contrastare l’abitudine soprattutto tra la gente di una  certa età di ritenere che i Sanremo di una volta fossero migliori, non ricordando che un  certo disprezzo per il festival da parte di una certa fetta di popolazione c’è sempre  stato, in parte dovuto alla difficoltà di apprezzare le canzoni ai primi ascolti. 

Mi sembra che il festival di quest’anno sia stato di buon livello anche se, nel dare i voti  alle canzoni, cosa che faccio da qualche anno, ho dato alcune insufficienze, mentre nel  2024 come voto minimo avevo dato il 6. D’altra parte il voto più alto di quest’anno (8 ½)  supera quello dell’anno scorso: l’ho dato alla canzone di Simone Cristicchi, che  presenta una musica caratterizzata da un crescendo che mi ha dato una forte emozione. Musicalmente non ho mai amato Cristicchi, ma questa mi sembra la sua  miglior canzone di sempre, grazie anche al fatto che non è totalmente sua, essendo firmato il brano, oltre che da lui, anche dalla sua compagna Amara e da un’altra  persona.

Il secondo brano che mi è piaciuto è stato quello di Francesco Gabbani, ben  costruito musicalmente e capace di emozionare. Il terzo posto l’avrei dato alla canzone  cantata da Giorgia, dove si riscontra abbondanza di melodia del tipo innovativo di cui  ho parlato, arricchita anche da abbellimenti che alcuni ritengono eccessivi ma che a  me piacciono.

Si è parlato molto di Brunori Sas (terzo classificato), ma personalmente  non ritengo il suo brano uno dei migliori, in quanto ha una melodia strofica molto  ripetitiva, mentre quella del ritornello è a mio avviso senza infamia e senza lode. Non  basta avere barbetta, occhiali e aria da intellettuale per essere un cantautore di qualità.  La mia impressione è che Brunori sia sopravvalutato grazie all’effetto “Oh, finalmente  un cantautore come quelli di una volta!”. Si è parlato molto anche di Lucio Corsi  (secondo classificato): di questo cantautore, che sembra arrivato con la macchina del  tempo direttamente negli anni 70, avevo già sentito un brano alla radio che mi aveva  colpito ed ho simpatizzato per lui anche nell’esibizione sanremese; tuttavia  riascoltando la sua canzone non l’ho trovata talmente significativa da meritare il podio,  che pur ha ottenuto. Certamente è un personaggio da tenere d’occhio.  

Riguardo alla canzone vincitrice, sono rimasto alquanto sorpreso e ritengo si tratti di un  pezzo di buon impatto ma che non presenta elementi di originalità e soprattutto non la  vedo bene come canzone da portare all’Eurofestival, non avendo un carattere  internazionale. Forse la scelta del pezzo per la kermesse europea dovrebbe essere  slegata dalla vittoria sanremese e riguardare un brano di respiro internazionale. 

Come ultimo argomento, voglio sottolineare l’importanza della serata delle cover:  quest’anno è stata davvero favolosa e ritengo perfettamente centrata la vittoria di  Giorgia e Annalisa; grande performance anche di Serena BrancaleAlessandra  Amoroso. Per il resto versioni spesso migliori dell’originale anche dal punto di vista  degli arrangiamenti e dell’orchestrazione, un’emozione dietro l’altra e la constatazione  della grande bravura soprattutto delle nostre cantanti, che per motivi di mercato non  sempre hanno la possibilità di sfoggiare le loro qualità. Nella serata delle cover  possono farlo. 

Mario Cottarelli

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