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Sarà un’amministrazione di centrosinistra a trazione cremonese-casalasca. Il presidente Roberto Mariani è sindaco di Stagno Lombardo. Il suo vice, Luciano Toscani, è consigliere comunale di Casalmaggiore. Per i cremaschi, due località oltre le colonne d’Ercole di Cremona. Una scelta sud-orientale che ha provocato qualche accenno di malumore. Atteggiamento ingiustificato. Gratuito. Incompatibile con la logica secondo la quale un governo non si giudica dalla provenienza geografica dei protagonisti, ma dai risultati ottenuti. Valutazione oggi impossibile da formulare per un’amministrazione eletta nelle scorse settimane.

Ma il campanilismo è virus rognoso.  Difficile da estirpare.  È disturbo bipolare, sensibile ai minimi dettagli e irritabile quanto basta per modificare il proprio giudizio in un battito di ciglia. È variabile instabile e incontrollabile del sistema. È rischio da non ignorare per chi guida il territorio.

Scelta coraggiosa quella di Mariani, quindi ammirevole, ma incomprensibile per l’osservatore cremasco. Difficile da capire. Indigesta da causare mal di pancia. Ostica da indurre non poche incazzature. Oscura da instillare sospetti di presunte vendette. E poco importa ai duri e puri il fatto che Toscani sia il leader delle preferenze e non sia un principiante della politica.

La nomina di un vicepresidente casalasco ha rinfocolato antichi, stantii e ammuffiti pregiudizi.  Riconfermato la leggenda di Cremona matrigna e Crema figliastra. Cremona regina cattiva. Crema Biancaneve buona e resiliente. Mai sottomessa. Spesso sola.  Priva del sostegno dei sette nani. E qualche Brontolo fuori dal coro è un solletico sotto le ascelle.

In un momento storico in cui il Cremasco ha accentuato il suo interesse per la metropoli e un affievolimento del già precario credito concesso al capoluogo provinciale, escludere la Repubblica del Tortello dal vertice del territorio può apparire un dispetto. Può indicare poca conoscenza delle dinamiche provinciali.  Può significare la necessità di mantenere alcuni equilibri all’interno della coalizione vincente. Può essere la conseguenza dell’applicazione spietata e feroce del manuale Cencelli tra compagni di squadra. Può rappresentare il rispetto di accordi assunti in campagna elettorale. Il saldo di cambiali politiche presentate all’incasso il giorno successivo la chiusura delle urne.

Non esistono scappatoie per evitare di estinguere i debiti politici.  Per sottrarsi ai fornitori di ricostituenti determinanti per la vittoria elettorale.  Per dimenticare l’aiuto del fattore B. Di Fabio Bertusi,  centrodestra, nei fatti battitore libero, segretario e plenipotenziario del suo personale partito liquido e trasversale. Globale. 

Non ci sono possibilità di sfuggire al top gun  Luciano Maverick Pizzetti,  ingegnere politico, costruttore della lista del centrosinistra  e primo sponsor della canditura  di Mariani.  Pacta sunt servanda e il neopresidente, uomo d’onore, si è comportato di conseguenza. E questo potrebbe giustificare non solo la vicepresidenza casalasca, ma anche l’assegnazione di alcune deleghe poco convincenti.

Eugenio Vailati di Crema, esperienza politica ultradecennale, fedeltà inossidabile al partito di appartenenza, mai sopra le righe e nessuna sbavatura, si occuperà di cultura, turismo, porto, agricoltura.  Persona gentile, mite, corretta, disponibile, è laureato in lettere e filosofia – indirizzo in relazioni pubbliche – specializzazione in comunicazioni sociali e antropologia culturale. Pensionato, ha lavorato nelle Rsa e in uffici di pubbliche relazioni.  Che competenza possiede di agricoltura?  E del porto di Cremona che ne sa? 

La risposta a questa domanda arriva da un cittadino qualsiasi in piazza Duomo a Crema. Un tipo che non bazzica ambienti politici.   «A Mariani frega un cazzo del porto, oppure intendeva prendere per il culo i cremaschi». Tranchant.  Il presidente si straccerà le vesti e dichiarerà che non è vero. Non c’è motivo per non credergli, ma questa è la percezione indotta dalla sua scelta e raccolta in piazza. E la voce del popolo è la voce di dio.

Alle perplessità citate occorre aggiungere anche quella nata dalla lettura del programma di Mariani e riguardante il nuovo ospedale di Cremona.

Non è buon viatico per catalizzare le simpatie dei cremaschi. 

«La provincia inoltre – è scritto nel documento – anche come firmataria del protocollo d’intesa con Regione Lombardia, Asst Cremona e Comune di Cremona, deve svolgere un ruolo importante nel percorso intrapreso per la realizzazione del nuovo ospedale di Cremona affinché, assieme alla nuova struttura, vada garantito un servizio ospedaliero di qualità battendosi anche per il riconoscimento del Dea di secondo livello per l’ospedale di Cremona. Ricordiamo che il nuovo ospedale non sarà solo l’ospedale della città capoluogo, ma sarà l’ospedale dell’intero territorio».

Per quale motivo, si chiedono in riva al Serio, il nuovo ospedale di Cremona sarà il riferimento del territorio? Per la Repubblica del Tortello è sufficiente il mantenimento e il potenziamento dei servizi di quello di Crema. Non è l’ottava meraviglia del mondo, ma il diritto alla salute non si garantisce con la realizzazione di ospedali avveniristici, superspecializzati e firmati da archistar. Il diritto alla salute si garantisce con la medicina del territorio, con la riduzione dei tempi di attesa per l’accesso alle visite specialistiche, con una maggiore attenzione agli operatori sanitari.

E poi se si investe un treno merci di quattrini per l’ospedale da copertina, cosa resterà per il resto della sanità provinciale?  

L’istituzione del Tavolo permanente di coordinamento della Provincia è una buona mossa di Mariani. Vi partecipano i tre sindaci di Cremona, Crema e Casalmaggiore e i tre consiglieri regionali, più lo stesso presidente. I magnifici sette.  I sette samurai.  Anche il  settebello.

«Una squadra  – spiega Mariani – che lascia fuori dalla porta le appartenenze politiche, che lavorerà solo per gli interessi e le istanze dei vari territori che saranno al centro dell’attività della Provincia, considerando le varie problematiche e tra quelle che io considero prioritarie ci sono le infrastrutture, il Po con turismo e navigazione, la promozione del territorio e delle nostre eccellenze e da ultimo, ma non per importanza, la qualità dell’aria». (La Provincia, 19 ottobre).

Buona mossa, ma non si dica che lascia fuori dalla porta le appartenenze politiche. Assomiglia alla lavoratrice di un bordello che giura d’essere vergine.  Buona mossa, ma è la lista unica che, dopo il naufragio, come l’araba fenice rinasce sotto un’altra forma. Buona mossa ma l’esperienza insegna che con i tavoli di coordinamento e di altro tipo non si è mai andati oltre le pie intenzioni. O poco più in là. Buona mossa, manca solo che i 7  in coro intonino Give Peace a Chance.  Evvai:  fra’ dammi il cinque. 

Comunque un augurio di buon lavoro è d’obbligo. Se sono rose fioriranno.   

Sarebbe già un notevole risultato se la Provincia tagliasse in tempi accettabili l’erba ai bordi delle strade di sua competenza e le stesse venissero asfaltate prima di trasformarsi in gruviera. Allora anche il vicepresidente casalasco e le deleghe criptiche passerebbero in secondo piano.

 

Antonio Grassi

 

   

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