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Umberto Eco (1932-2016), insigne semiologo, filosofo, scrittore, traduttore e una laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”, ha espresso l’opinione che “I social danno a legioni di imbecilli la stessa importanza di Einstein”. 

Ma se uno è imbecille, non può mostrarsi imbecille solo sui social; lo conferma negli incontri del vivere comune e in tutte le manifestazioni della sua vita di relazione. Perciò, essendo una sola legione romana formata da 6 mila soldati, è facile immaginare quanti sono i “legionari” che possiamo incontrare ogni giorno. 

Per esempio, se dai dell’asino a un asino, i legionari del Comitato per la difesa degli Asini potrebbero insorgere indignati, affermando categoricamente che l’asino non è asino e che pertanto è offensivo nei confronti della categoria degli asini dare dell’asino a chi si comporta da asino. Il legionario di Eco si manifesta in tutti i campi dello scibile con disinvoltura, ma brilla nell’uso dell’italiano. Modifica verbi secondo la sua scarsa conoscenza, convinto di sfoderare un eloquio raffinato. Ignora i verbi riflessivi (quelli in cui il soggetto compie un’azione che ricade su se stesso): dice “coagula” invece di “si coagula”; “affaccia” invece di “si affaccia” convinto che le particelle pronominali (mi, ti, si, ci,), che si accompagnano al verbo riflessivo, appartengano a un linguaggio popolare. 

Per non parlare di “piuttosto che” usato come “oppure”, sconsigliato da tutti i grammatici, invece del corretto uso avversativo. E che dire di “vicino Roma” invece del corretto “vicino a Roma” e “settimana scorsa” invece di “la settimana scorsa? 

Questi modi di dire errati hanno una rapida diffusione e contagiano anche persone che usano il linguaggio per mestiere. Nel loro modo di parlare o di scrivere rivelano l’appartenenza alle legioni d’imbecilli di Eco. Altri si rivelano tali nella giusta rivendicazione dell’uguaglianza di genere tra gli uomini e le donne.  Sono quelli che, citando un cognome femminile, non lo fanno precedere dall’articolo, facendo nascere il dubbio: sarà maschio o femmina? Esempio: “Bianchi” e non “la Bianchi”; “Rossi” e non “la Rossi” e arrivano anche a usare la preposizione semplice “di” invece della preposizione complessa (unione della preposizione semplice con un articolo determinativo) “della” in casi come “la 500 è una macchina di Fiat” e non “della Fiat”.

L’uguaglianza tra uomo e donna non si raggiunge con queste formalità, ma richiede ben altri adeguamenti. Queste abitudini hanno un sicuro effetto: fanno crescere le legioni d’imbecilli. 

 

Sperangelo Bandera

 

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