Caso camici: pm, 25mila operatori sanitari senza camici per ‘tutelare’ Fontana Milano, 7 giu. (LaPresse) –
Per il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, che hanno depositato oggi il ricorso in appello per il ‘caso camici’, la decisione di Dama Spa, azienda di Andrea Dini, cognato del governatore lombardo Attilio Fontana, di sospendere la fornitura di 75mila camici e 7 mila di Dpi, trasformandola in una donazione, avrebbe causato seri problemi agli operatori sanitari. In particolare, ad aprile 2020, quando la fornitura da 513mila euro era stata stipulata 2020 “il fabbisogno di camici “era pari a 50.000 camici al giorno e tale sarebbe rimasto quantomeno sino a tutto il mese di giugno”. Dopo che il 20 maggio 2020 Dama Spa ha comunicato di voler trasformare il contratto di donazione, rinunciando a consegnare gli ultimi 25mila camici, per la procura gli operatori sanitari ne avrebbero tratto un danno. “È necessario evidenziare che in quei giorni 25.000 medici, infermieri e altri operatori sanitari hanno dovuto prestare il proprio servizio in assenza di un dispositivo di protezione individuale – si legge nell’atto di appello – perché gli imputati avevano preferito anteporre la salvaguardia dell’immagine politica di Fontana al contrasto della diffusione del virus”. Appena qualche giorno prima, da parte di Filippo Bongiovanni, ex dg di Aria Spa, centrale acquisti di Regione Lombardia, anche lui imputato, era stato “auspicato addirittura un incremento della richiesta giornaliera di camici” e di innalzare “il fabbisogno giornaliero” di “un quinto e portato a 60.000 camici”.