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Pazienti autistici nei Centri residenziali: quando la disabilità diventa un affare

30 Settembre 2022

Signor direttore,

poco tempo fa un’amica mi segnalò il film “Here we are” ( “Noi due”, 2020) . “Ti interesserà senz’altro”, mi disse entusiasta, visto che mio malgrado il problema mi tocca direttamente. Pensavamo a qualcosa tipo il libro di Ervas, ovvero ad un apprezzamento di una speciale scelta di vita familiare; ma lette le prime recensioni, rimasi a dir poco esterrefatto. Un padre che aveva deciso di mollare tutta la sua attività professionale, per dedicarsi interamente al figlio autistico, si trovava spiazzato rispetto ad un’ex moglie che al figlio aveva voltato le spalle da tempo, andandosene lontano per i fatti suoi. La donna infatti era riuscita a convincere il Tribunale che per Uri (20 anni), era arrivato il momento di toglierlo dal padre, pena il fossilizzarsi di una relazione, a torto o a ragione, ritenuta tossicamente simbiotica; “un guscio protettivo illusorio “”per inserirlo in un mondo di condivisione di nuovi spazi e di persone coetanee”. Singolare che questa proposta arrivasse da “una madre “assente”, che aveva deciso di “abbandonare” suof iglio. “Quale credibilità poteva avere?” mi chiesi. Ennesima incarnazione del paradosso per cui il disvalore diventa virtù.

Ma ancor più stupefacente era l’idea che questo aprirsi al mondo coincidesse col ricovero coatto in una struttura specializzata. Una sorta di “ghetto scientifico”. Altro che aprirsi al mondo!! un rinchiuderlo a vita in un carcere sanitario, ove la sua camera sarebbe stata condivisa con altre chissà quante persone, magari anche violente; non certo un albergo di prima classe, ove tutto il suo mondo affettivo pregresso rischiava di essere fortemente coartato o addirittura abolito, come le sue relazioni a partire da quelle familiari, ridotte nella migliore delle ipotesi al rango di visite più o meno occasionali. E poi i suoi giochi, le sue abitudini di vita a partire da quelle domestiche, le sue frequentazioni. Tutto in prospettiva abolito, per aprirsi ad “esperienze nuove” dettate dagli esperti del regime sanitario. L’esatto contrario dell’impianto basagliano che prevedeva questo sì il vero inserimento dei disabili nel mondo. Se questa è l’apertura al mondo in cui crede il regista del film, apriti o cielo! ed allora cominciai a scavare negli aspetti reconditi della questione. Perché  mai una scelta così infausta, a vita? Con due genitori viventi, tra l’altro, e in buone condizioni? Così giovane poi? Intuii allora che la motivazione che appare, che viene proposta, non sempre è quella vera, anzi se mai è quella furbescamente ipocrita. Una scusa, un pretesto, finalizzato a mascherare i veri intenti che non si ha il coraggio di ammettere. Non era il caso di un padre che voleva abbandonarlo, visto che tentò persino la fuga col ragazzo rispetto ad una sentenza che lo terrorizzava, e giustamente!! E allora? Se il problema era migliorare il rapporto simbiotico col padre, non bastava pensare di integrarlo con qualche supporto? Introdurre un CDD, ad esempio, anche in maniera saltuaria? Cercare di educarlo? No, bisognava abolirlo del tutto. Qualcosa non quadrava e allora mi balenò l’idea che i film non nascono mai per caso. Dietro ci dev’essere una forte motivazione.

Non penso che ad una madre assente per anni, improvvisamente Dio fosse apparso come sulla via di Damasco ad insegnarle cosa era bene per suo figlio. Ci doveva essere dell’altro. A pensar male, qualcuno diceva , a volte ci si azzecca, anche se all’inizio stentavo a crederci. Gli autistici, come tanti altri disabili…, per icentri “specializzati” sono un grande business, questo è oggettivo. Basti considerare le rette che, a differenza degli anziani, vengono pagate molti decenni prima. E da chi? Dal disabile e dalla sua famiglia innanzitutto, 85 euro al giorno dalle nostre parti, per sempre e come minimo, visto che già dai responsabili dei centri residenziali si parla di aumentare le rette di 10 euro al giorno ( quindi 300 al mese) per far fronte alla crisi energetica. Nel contempo si annunciano premi di produzione per tutti i dipendenti che saranno anche dovuti per contratto se non fosse che c’è da chiedersi sulle spalle di chi quei premi vanno a gravare, tanto per cambiare, innanzitutto? La risposta è scontata.

Casi disperati a parte, la forte motivazione del film allora poteva essere benissimo qualche sponsor dei centri specializzati, allo scopo di incoraggiare l’idea che il ricovero di un ragazzo autistico vita natural durante è la scelta migliore per lui, la scelta più consona ai suoi bisogni e soprattutto quella in grado di offrire una costante sorveglianza specialistica. Una sorta di accanimento terapeutico, di terapia intensiva permanente, come se nella loro vita non ci fosse bisogno di altro.. Aboliti gli affetti, le relazioni, le abitudini di vita acquisite prima, cosa volete che contino mai nell’era super globalizzata e supertecnologica? Ma soprattutto nell’era del business sulla salute? Chi se ne frega poi se si rischia di fiondare questi ragazzi nella disperazione più totale, perché anche loro sono in grado di provare sentimenti, di soffrire per una perdita. Anche se a volte non ce ne accorgiamo, perché non parlano o non hanno un linguaggio “normale”. Ancor più la loro condizione li rende numeri, birilli da sfruttare e manipolare, da spostare da una casa ad un manicomio, ops pardon in un Centro specializzato residenziale, e di cui disfarsene, come se fossero un paio di scarpe invecchiate precocemente che non piacciono più. Una volta ricoverato in un Centro specializzato, un giovane autistico, brillante nella vita sociale, divenne uno zombie. Motivo? “Disturbava”, quindi steso con dosi di sedativi da collasso. Nessuno a capire, da parte dei bravi specialisti, che forse quel disturbo che creava significava semplicemente che voleva tornare a casa, nel mondo aperto che aveva conosciuto. Perché quella galera non gli piaceva proprio.

Allora quale bene saremo sicuri di aver tutelato? Innanzitutto quello delle tasche di chi si ingrassa sulla disabilità. Sempre più mi rendo conto che l’autismo è un affare, e che perciò non è neanche il caso di approfondire più di tanto la conoscenza di chi ne soffre e di ciò che desidera veramente, ovvero offrire risposte coerenti e non pilatesche da parte delle figure istituzionali coinvolte. Un affare per chi se ne libera scaricando su altri le spese di gestione, e per chi lo riceve grazie a rette intascate che definire spropositate è fare un complimento.

 

Stefano Araldi

Cremona

39 risposte

  1. Non avevo mai pensato che anche l’autismo potesse diventare un business. Questo articolo mi ha fatto riflettere!

  2. Complimenti… Pubblicare storie con copia e incolla senza verificara la veridicità e sentire la controparte… Ottimo modo di fare giornalismo spazzatura 🤮

    1. Non raccolgo la sua provocazione offensiva. Le faccio solo presente che il blog è aperto anche a chi dissente da ciò che il signor Araldi ha scritto. Come vede pubblico senza alcuna difficoltà anche il suo commento.

      1. Il blog ha il suo nome e come i commenti anche le cose scritte passano da lei che decide di pubblicarle. Ci mette il nome, la faccia… Si prenda anche la responsabilità

    2. Pinco cambi nome che questo non sembra molto intelligente, come i contenuti che scrive. E impari a ragionare portando argomentazioni valide, sempre che ne sia capace

    3. Pinco cambi nome che questo non sembra molto intelligente,come i contenuti che scrive. E impari a ragionare portando argomentazioni consone, ssempre che ne sia capace

      1. Meglio chi invece spara a zero su migliaia di lavoratori (definiti angeli in tempo di covid e già dimenticati) e proietta sugli altri i propri fallimenti come uomo e padre. Un buon tacere non fu mai scritto. 🤫

        1. Sparo a zero su chi? Su migliaia di lavoratori? Ma lei sta delirando. Ennesimo esempio il suo di come il pregiudizio travisi completamente la realtà scritta, ovvero impedisca di leggere correttamente quello che c’è scritto. In questo caso “Un buon tacere non fu mai scritto” va rivolto a lei, senza ombra di dubbio. Ma se lei si riferiva al mio accenno ai premi di produzione, io non sono affatto contrario a che vengano erogati, tutt’altro. Ho semplicemente detto che m’era parso inopportuno nella stessa pagina di un giornale lamentarsi per le bollette al punto da chiedere un aumento delle rette, e a fianco parlare dei premi per tutti i dipendenti. Che i premi siano dati senza gravare ulteriormente i costi di chi soffre. Questo era il mio messaggio. E d’altra parte un costo mensile di un minimo di 2500 euro al mese, disabile o anziano che sia, che vuol dire circa 30mila euro all’anno, è evidentemente esagerato, più o meno equivalente ad una vacanza al mare in albergo tutto l’anno, tanto vale!! Pertanto si cominci a pensare di ridurre le rette, almeno la quota a carico dei pazienti, soprattutto se giovani e quindi con una prospettiva di vita più lunga. In quanto al suo turpe tentativo di riportare il discorso sul piano personale senza neanche conoscermi, quel suo attribuirmi dei fallimenti, detto da una persona che dimostra non capire un accidente di quello che scrivo, per me vale come una medaglia.

  3. Bell’articolo.
    Forse l’autore si è dimenticato di condividerle e lei non si è preoccupato di verificare che:
    1)C’è di mezzo un tribunale che ha emesso sentenza.
    2)il figlio, possente, ha disturbi del comportamento con diversi casi di aggressività nei confronti della madre.
    3)il tribunale ha dato la possibilità al padre di diventare tutore e prendersene carico. Cosa che ha fatto ma solo perché pensava che la madre non avesse mai rinunciato all’abitazione. Ora che invece la madre si trasferirà, il padre deve far fede al suo impegno e sfoga tutta la sua frustrazione con modalità alquanto discutibili come questa lettera.
    4)attendo con ansia la futura risposta del centro ‘carcerario’ che ha in carico il figlio (centro riconosciuto a livello internazionale).
    Buona giornata

    1. Recita un proverbio cinese: “Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, e prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Signor/a Ahmiodio, cosa mai io avrei dovuto condividere al direttore e questi verificare? Ma forse lei sta vaneggiando. Io sono partito da un film di cui ho letto numerose e univoche recensioni, e da lì ho tratto conclusioni generali. Punto. A tutti è possibile andare su Internet per verificare le cose che ho scritto. Quindi? Ma io non so chi lei sia, visto che si firma in maniera bizzarra, a che titolo parla, se è uomo donna..che lavoro fà, anche se certi suoi riferimenti fanno pensare che lei sia un tecnico a conoscenza di certe vicende non argomento dell’articolo, nel qual caso firmarsi Ahmiodio la squalifica alquanto, anzichè presentarsi per quello che è. Chiunque lei sia, pertanto, dimostra non solo un grave travisamento, segno di un accostamento emotivo e poco professionale, ma anche un triste , gelido tecnicismo, ed una conoscenza molto superficiale, approssimata dell’autismo. Si vede che quei centri specializzati di fama internazionale , in cui nutre una fede superstiziosa, e da cui attende trepidamente risposta, non le hanno fatto molto bene in quanto ad approfondimento della materia in questione.

    2. Recita un proverbio cinese: “Siediti sulla riva del fiume e aspetta ,prima o poi vedrai passare il cadavere del suo nemico”. Signor/a Ahmiodio, cosa mai io avrei dovuto condividere col giornalista e questi verificare? Ma forse lei sta vaneggiando. Io sono partito da un film di cui ho letto numerose e univoche recensioni, e da lì ho tratto conclusioni generali.Punto. A tutti è possibile andare su Internet e verificare le cose che ho scritto. Quindi? Ma io non so chi lei sia, visto che si firma in maniera bizzarra; a che titolo parla, se è uomo, donna…,che lavoro fà, anche se certi riferimenti fanno pensare che lei sia un tecnico a conoscenza di certe vicende non trattate nell’articolo, nel qual caso firmarsi Ahmiodio la squalifica alquanto, anzichè presentarsi per quello che è. Chiunque lei sia, pertanto, dimostra non solo un grave travisamento,segno di un approccio emotivo e poco professionale, ma anche un triste, gelido tecnicismo,ed una conoscenza molto superficiale dell’autismo. Si vede che quei centri specializzati di fama internazionale , nei quali nutre una fede superstiziosa, non le hanno fatto molto bene in quanto ad approfondimento della materia in questione.

      1. Lei prende spunto da un film per sputare sentenze… ma da quel film dovrebbe solo imparare.
        Le sue offese (non sono conclusioni) sono dirette a migliaia di lavoratori che credono e lavorano nel sociale tutti i giorni e aiutano ragazzi e persone disabili, stringono i denti per la carenza di personale e i doppi turni e contratti schifosi. Sono stati in prima linea in questi due anni.
        Porti rispetto e si sciacqui la bocca prima di parlare.

        1. Ma veramente se c’è qualcuno che ha il potere di “sputare” sentenze, non son certo io ma i giudici. Eppoi quali sarebbero queste sentenze? Lei parla senza rendersi conto di quello che scrive, anche lei cadendo nell’errore madornale di attribuirmi delle “offese a migliaia di lavoratori”. Impari a leggere prima di parlare, e purtroppo constato che chi finora mi ha avversato o non ha centrato l’argomento, o ha sparato sciocchezze o insulti come fanno gli haters, approfittando dell’anonimato che il mezzo digitale consente. Nessun problema da parte mia, il problema è di chi ragiona in questi termini e su cui purtroppo penso ci sia poco da fare. Se poi lei ritiene che i contratti della sanità siano schifosi, se questo corrisponde al vero potrebbe trovarmi solidale ma la bocca impari a sciaquarsela lei prima di sparare altre scemenze, ne ha veramente bisogno.

  4. Che storia triste…. Purtroppo, temo, vera. Il racconto, supportato da una capacità di analisi ed espressiva non usuali, non fa una piega. D’altra parte, l’amore, come il coraggio, componenti preziose di ogni vita degna ed onorevole, non sono venduti al supermercato…… Paola Lazzari

    1. vera si perchè parte dalla storia familiare della sceneggiatrice del film, in particolare dal rapporto tra il padre di lei e il fratello autistico

    2. vera sì, perchè parte dalla storia familiare della sceneggiatrice del film,in particolare del rapporto tra il padre di lei ed il fratello autistico

  5. Il dissenso di portare un ragazzo autistico in strutture del genere è condivisibile. Ritengo che un genitore abbia il diritto e il dovere di decidere cosa è meglio per il proprio figlio, sicuramente allontanarlo da una situazione familiare favorevole dove ha i suoi punti di riferimento e dove gode di una serenità interiore, penso non sia una scelta azzeccata. Spero che si rifletta bene prima prendere decisioni a mio avviso molto importanti per non incappare in un gravissimo errore di cui ci si possa pentire per sempre.

  6. È veramente bruttissimo pensare che persone che hanno più bisogno di attenzioni e di amore vengano sfruttate per scopi economici…
    È veramente orripilante……

  7. Ringrazio l’autore per l’articolo e per aver espresso con estrema chiarezza e realismo un problema sconosciuto che meriterebbe di essere gridato sopra i tetti. Non conosco il film. Provvederò a vederlo. Purtroppo però la situazione drammatica di tante famiglie, che quotidianamente si scontrano con questa dura realtà, non è un film.

  8. Buongiorno, non sono brava a commentare ma di una cosa sono certa: “Non lasciate che i vostri figli vengano puniti a causa del fallimento dei genitori che non riescono a prendersene cura e a volte scappano perché se ne vergognano o perché non sanno cosa fare. So che tale situazione non è facile da affrontare e a volte si è disperati ma basta poco per renderli felici: educazione scolastica, vita sociale, relazione con i pari e tante attività che gli permettano di poter creare, sorridere e distinguersi dagli altri.
    Basta poco, un abbraccio, un sorriso, tante coccole e questi ragazzi ” A modo loro”, ti danno la vita”. Io lo chiamo Amore.
    Sono d’accordo con ciò che ha scritto il sig. Araldi e credo che sia giusto che queste splendide creature vivano gli affetti nella propria casa, e che l’inserimento in strutture specializzate possa provocare un rallentamento dei loro progressi ma soprattutto la loro regressione.
    Grazie
    Mary

  9. E’ un tema molto complesso che per la rilevanza delle implicazioni per la vita di questi ragazzi e dei loro genitori meriterebbe a mio avviso una valutazione molto approfondita ed urgente da parte delle istituzioni per trovare i giusti strumenti che permettano di individuare delle soluzioni che facilitino l’assistenza in un contesto famigliare dei soggetti . La soluzione non può e non deve essere enucleare i ragazzi dall’ambiente famigliare e fornire assistenza specialistica in strutture dedicate ma coadiuvare i genitori nel difficile compito di fornire loro tutto il supporto necessario.

  10. Esprimo una riflessione di carattere generale dopo aver letto l’articolo, anche se non ho visto il film.
    Se un ordinamento giuridico non riesce più a ricondurre le persone alle loro naturali responsabilità genitoriali in nome del princìpio che non si può costringere una madre a volere un figlio che non vuole più (in quanto non si può costringere nessuno a condurre una vita contraria a quella che desidera), allora quell’ordinamento non tutela il più debole, ma autorizza ogni arbitrio del più forte, va contro natura e cessa di essere diritto perché non persegue la giustizia ma la somma ingiustizia.

  11. Lettera pungente e con un ottimo stile. Purtroppo rappresenta una realtà alquanto complessa e vera. Tutti i miei complimenti.

  12. Se la soluzione consiste nel ricoverare il ragazzo autistico, allora è una grande sconfitta, oltre a provocare dolore e traumi a lui e ai genitori. Queste famiglie andrebbero aiutate perché possano tenere a casa i propri figli, usufruendo però di attività organizzate che permettano ai ragazzi di socializzare.

  13. Sentiamo molto parlare della disparità di genere e dei pregiudizi soprattutto a carico delle donne… qua invece emerge un esempio concreto di come un padre solo, con un lavoro impegnativo, si faccia carico di un figlio con evidenti difficoltà di automomie, svolgendo il ruolo sia di padre che di madre in modo davvero egregio. Complimenti a questo papà che sta dando la propria vita per amore di suo figlio.

  14. sono completamente d’accordo con la posizione del dr araldi stefano ,l’amore del padre su tutto.

  15. Condivido il contenuto dell’articolo. Tutti i disabili e i loro genitori vanno aiutati e supportati dalle istituzioni per consentire loro di rimanere insieme nel loro ambiente famigliare. e non rinchiusi in un centro specializzato per essere sedati a vita.

  16. Conosco questo film. È molto bello, inaspettato sopratutto il finale, quando il protagonista che inizialmente lotta per il figlio e insulta personale e istituzioni sociali, si scopre poi a rinunciarvi come fece la madre assente.
    La trama neanche troppo scontata rivela che chi perde qui è il figlio
    ….ma forse ci sarà un seguito… dove il ragazzo troverà un giusto equilibrio e serenità, come giusto che meriti, lontano dalle lotte senza scrupoli di due genitori accecati.

    1. mi incuriosisce il suo commento, perciò dovrebbe spiegarmi in che termini nel film ritiene che chi perde è il figlio? E cosa intende per genitori accecati? Grazie

  17. Penso anch’io che siano situazioni molto difficili da affrontare ed ancora più difficili da valutare dall’esterno. Credo che di principio il dovere di una comunità sia quello di aiutare le famiglie a tenere con loro i propri figli con disagi come l’autismo. Se non ci riescono hanno fallito. Non ho visto il film ma cercherò di rimediare. Un grosso abbraccio a tutti i genitori di figli autistici.

    1. il primo più importante fallimento è quello dell’autorità giudiziaria che acconsente che un misfatto del genere venga commesso, in nome tutt’altro che della tutela del disabile, tutta ipocrisia,; in realtà in nome della tutela del libero arbitrio genitoriale..

  18. Se almeno un genitore, intende occuparsi del figlio e fare la propria parte, deve essere aiutato e supportato nel mantenimento di una quotidianita` affettiva e sociale e residenziale.

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