Medicina del territorio ko e milioni nell’ospedalino: Arvedi, fatti sentire

30 Ottobre 2022

Ottava meraviglia del mondo, monolite di Odissea nello spazio, tempio ipertecnologico di una medicina avveniristica, il nuovo ospedale è il progetto-sogno-velleità per unire la terra al cielo. Alla seduzione della fantamedicina, dove anche le mele di Chernobyl sono buone (Giancarlo Sturloni, 2006), l’astronave della salute aggiunge il mistero sulle tipologie di pazienti idonei a salirci. Cittadini che, sfortunati per la malattia, potranno invece ritenersi privilegiati dalla possibilità di usufruire delle competenze di super specialisti e di attrezzature diagnostiche e curative da medaglia olimpica. Un mix straordinario e foriero di risultati eccezionali, evocativi di narrazioni con il dottor Faust e Mefistofele. Business milionario già prima di decollare, il nuovo ospedale è anche propaganda politica. Raccontare: «L’ho voluto io» è fico, fichissimo. È glamour. È certificazione di palle quadre, di maschio alfa. È Ellen Ripley di Alien, ma anche Sarah Connor di Terminator. E perché no? è Erin Brockovich interpretata da una strepitosa Julia Roberts. È marchio distintivo dei vincenti che, secondo il criterio maschilista e politicamente scorretto di Sean Connery in The rock, si identificano perché fottono miss college. Criterio discutibile, che non affranca dalla possibilità di confusione e non elimina il rischio che ad essere fottuti siano i cittadini. E qua sorge il dubbio e nasce il problema.

Medicina sul territorio, residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e case di riposo, sono quotidianità. Piedi per terra e disincanto. Scarse fantasie e zero illusioni. Sono la fatica di Sisifo, un debilitante su e giù dalla montagna senza sosta. Sulle spalle il macigno dei problemi irrisolti e irrisolvibili, molti dei quali per mancanze altrui, con politica, Stato e Regione tra i maggiori indiziati. Confessare: «Sono presidente di una Rsa» è un onore, ma soprattutto è sacrificio. È
servizio alla comunità. È frustrazione. Quasi masochismo. Vittime di un sistema da rivedere, i medici di base sono tanto rari da essere oggi oggetto di culto. Gli operatori sanitari scarseggiano e con la concorrenza di ospedali e strutture
private, per Case di riposo e Rsa reperire il personale non è semplice. In trincea, avamposti del diritto alla salute, la medicina del territorio e le strutture per anziani, non godono del fascino della sanità blasonata, quella dei prodigi e del profitto. Non competono con la Madonna e con altri soggetti abilitati dal Padreterno all’esercizio del miracolo. Al contrario, qualche volta sollecitano il loro aiuto.

Medici di base, case di riposo e Rsa finiscono sui giornali e in televisione per storie pietose o per polemiche sulla carenza del servizio erogato. Quasi mai per l’aspetto sociale e umano che le caratterizza e le contraddistingue. Ancor meno per l’impatto sull’organizzazione della vita della società, delle famiglie, dei singoli individui, prospettiva sottovalutata. Forse, scientemente rimossa.

Medicina di base e assistenza non sono snobbati, questo no, ma l’attenzione a loro concessa è carente e inadeguata al loro ruolo. Inferiore anche a quella dedicata a Giovanni Arvedi, ossequiato da La Provincia del 28 ottobre con le prime quattro pagine interne, più foto gigantesca in prima per raccontare della sua partecipazione all’iniziativa ‘Bilanci d’acciaio’, e riportare il suo verbo. Scelta giornalistica ineccepibile, trova la sua giustificazione nell’estremo interesse dei
cittadini all’argomento. È risaputo infatti che la siderurgia è molto popolare tra i lettori del quotidiano locale. Argomento di discussione nei bar, l’acciaio è spesso trending topic di Twitter. Su Facebook spopolano i gruppi interessati all’impiego di forni elettrici piuttosto di quelli a Bof. Su Instagram si contano a centinaia le storie postate sugli acquisti di
bramme e sul taglio della lamiera. Arvedi però è un fuoriclasse e gli basta una semplice considerazione sulla crisi energetica per giustificare l’intero spazio che gli è stato accordato: «È stata – commenta – una situazione pesantissima con una gran massa di denaro finita alla speculazione, sottratta a chi voleva investire e ‘sparita’ chissà dove … Penso che i sindacati avrebbero dovuto fare sentire la loro voce su questa partita, su un meccanismo oggettivamente inaccettabile».
Magistrale lezione del padrone delle ferriere al sindacato, il pertinente rilievo ai difensori dei lavoratori e delle classi più deboli sancisce l’arrivo nella nostra provincia del mondo all’inverso e valida il diritto di Arvedi di sedere sul trono di Cremona. Ed ogni replica e giustificazione dei sindacati è inutile, fuori tempo massimo.

«Le Rsa aumentano le rette giornaliere: stangata da oltre mille euro», titolava La Provincia online del 5 ottobre. L’articolo spiegava: «La decisione è stata assunta questa mattina durante un incontro di Arsac, l’associazione che raccoglie tutte e 29 le strutture di accoglienza per anziani e disabili della provincia di Cremona». Il salasso taglia le gambe a molte famiglie. Provate da covid e crisi energetica, si ritrovano ad affrontare una nuova emergenza che per molti si rivelerà insostenibile. Rsa e case di riposo, anch’esse annichilite, gli oneri di gestione lievitati e proibitivi, non dispongono di molte scelte per cercare di sopravvivere. O aumentano le rette, o tagliano i servizi per ridurre i costi, o chiudono. Cosa scegliere? Cosa fare?

E qua sorge il secondo dubbio e nasce il secondo problema, nodo gordiano da sciogliere. Che fare? Politica e amministratori pubblici potrebbero ridurre i finanziamenti dell’ottava meraviglia del mondo e dirottarne una parte sulle Rsa. Potrebbero attenuare la visione di una sanità ospedale centrica e credere maggiormente in quella periferica. Concetto applaudito in periodo di massima crisi pandemica, dimenticato l’istante stesso in cui veniva proposta la costruzione del nuovo ospedale. Potrebbero, chiedere un aiuto ad Arvedi. Una sua dichiarazione a favore della medicina sul territorio chiuderebbe la partita in un istante. Cremona ha questo vantaggio.

 

.Antonio Grassi

6 risposte

  1. Mi limito a dire che il solo riferimento (non ho capito bene se per celia o..) a un eventuale aiuto del cav. Arvedi è molto grave. Le Istituzioni cosa ci stanno a fare? La politica a cosa serve? Ora abbiamo un bel governo di ultra destra. Ci dovrebbe pensare lui, o no?

    1. … Fata Turchina … Pensaci tu … aiuta il nostro ospedale, fai rinsavire i nostri governanti!

      Per salvare la sanità pubblica, soprattutto l’ospedale qui a Cremona, solo chi gestisce veramente le risorse economiche potrebbe fare qualcosa, ma dovrebbe volerlo.

      Sappiamo che da anni, col titolo V come e dove vengono gestiti i fondi destinati alla sanità pubblica che arrivano dallo stato è in mano alle regioni.
      Un esempio recente, quando erano arrivati i fondi post pandemia a tutte le regioni per potenziare le terapie intensive, solo quattro regioni non lo hanno fatto completamente, una era la Lombardia. Perché?

      Questa foto era di novembre 2020, volutamente fatta sotto la palazzina degli amministrativi per lanciare il messaggio a loro, ponte con la giunta del Pirellone.

      Il Cavaliere è praticamente il padrone della città, eppure non mi sembra che spinga a studi epidemiologici seri, al potenziamento dei controlli ambientali di ARPA, da lavoro a molti e fa beneficenza e questo dovrebbe tenerci tutti buoni.
      Al convegno farsesco organizzato dal comune con tanto di assessori regionali e esperti del ministero della transazione ecologica, l’unica preoccupazione era non ricevere altre efrazioni dall’Europa.
      Una giornata intera di slide e relazioni su cosa inquina il nostro territorio con abbondanti riferimenti ad allevamenti e agricolture intensive, traffico veicolare e riscaldamento domestico. Non un accenno all’inceneritore, alle centrali a biomasse, al traffico pesante, ai poli siderurgici.

      Ora poi siamo in mano a chi metterà al primo posto industrie, banche e strutture private anche al governo centrale.

      E noi che cerchiamo di farci sentire, siamo voce di pochi che “gridano nel deserto”.
      Senza nessuna possibilità di informare sulla vera drammaticità ambientale/sanitaria che stiamo vivendo e che vivranno anche i nostri figli.
      Tante promesse da Pinocchio, necessitiamo della Fata Turchina!

      Paola Tacchini

  2. La situazione è molto più complessa
    Se anche il Cav facesse un miracolo e realizzasse tutte le strutture necessarie x le CDC previste dalla riforma, il problema è che manca il personale per riempile

  3. Non possiamo neppure essere certi dei medici superspecialisti dalle massime competenze. Chi sa che cosa conterrà l’ottava meraviglia del mondo è una maga che legge nella palla di vetro, un indovino che scruta i fondi di caffè. E comunque, cremonesi, aspettate ad ammalarvi perché per ora e chissà per quanto tempo i medici continuano a scappare dai reparti del nostro ospedale!

  4. ….Vantaggio che Cremona non avrà mai l’umiltà di attuare…… Al contrario di Arvedi sempre disponibile nel dare tanto alla città.

  5. Super specialisti? sedicenti. Ne ho avuto mio malgrado ahimè a che fare negli ultimi tempi. Mine vaganti.. La concessione, il loro appellativo, di poter delirare pubblicamente soprattutto a livello istituzionale ed essere venerati come novelli Salvatori,la cui parola non si discute. Bisognerebbe fare una legge per bandirli ed articolare un’enciclopedia Treccani sul loro status mentis, e su chi gli dà credito cieco. Di argomenti ne ho…..

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