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Smontare e rimontare Italia e Ue, democrazia da rigenerare

24 Dicembre 2022

GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI

Sorprese, regali, promesse: Natale è anche questo. Circa i regali, prudentemente mi riservo successive verifiche. Ma quanto a sorprese e promesse, direi che sotto l’albero ne abbiamo già trovate parecchie. E una sorpresa svetta su tutte, visibile a occhio nudo e inspiegabilmente passata inosservata. Mi riferisco alla candida confessione di un europarlamentare che, ancora non adeguatamente addestrato ai vantaggi dell’autocensura, ha ammesso – in pieno Qatargate – l’imbarazzante verità: quando gli europarlamentari votano, nella gran parte dei casi non sanno se non vagamente e a spanne cosa in realtà stanno votando. E se non sanno cosa stanno votando, ne deduciamo che non sanno cosa stanno facendo. Molto confortante. Classica confessione su cui la più feroce ironia può esercitarsi a corpo libero. Parlamento, Consiglio e Commissione: stiamo parlando della barocca architettura comunitaria che la narrazione ufficiale –  conficcata a martello pneumatico nei nostri inermi cervelli- configura da anni come l’élite di saggi, competenti e incorruttibili discesa dall’alto dei cieli a fustigare, correggere e redimere i vecchi stati nazionali carichi d’anni, magagne e impenitenti malcostumi. L’Olimpo dei super eroi è dunque un insieme di umanissime mediocrità afflitte da tutte le tare, le pochezze professionali e morali e le materiali cupidigie che il famoso peccato originale ha sparso a piene mani nel resto del genere umano. Una domanda, di disarmante e disarmata semplicità, diventa inevitabile: in che mani siamo?

Al legittimo sconforto non può che far seguito tuttavia una serie di meno emotive e più radicali riflessioni circa il grado di usura e le reali condizioni di salute della democrazia contemporanea. A proposito: siamo sicuri di poterci ancora permettere una parola nobile ed impegnativa come democrazia? Una parola che, per quanto usurata e strapazzata, evoca un rapporto minimamente coerente fra volontà dei popoli e decisioni dei governi, può essere correttamente applicata alle procedure consultive e deliberative di questa inestricabile giungla di soggetti istituzionali, ciascuno con le proprie tempistiche, ciascuno affidato alle presunte capacità cognitive di ceti politico burocratici d’ignota formazione e qualità, ciascuno responsabile di procedure decisionali dall’iter sempre più opaco e palesemente condizionato da interferenze lobbistiche? Lo so: la parola ci piace e ce la teniamo stretta, perché quasi miracolosamente conserva l’originaria freschezza delle origini greche e delle prime limpide riflessioni filosofiche sulla politica, sulla sua razionalità, sul suo ineludibile rapporto coi giganteschi temi del bene del male. Rispetto a quelle premesse storicamente lontanissime ma concettualmente e moralmente tuttora vincolanti, come si configura il nostro tempo, a che punto siamo del difficile cammino verso una più piena realizzazione di quei valori democratici in cui l’Occidente continua a vedere il proprio decisivo elemento identitario?

Al netto della retorica con cui ama autorappresentarsi, quest’Europa, che certo non piacerebbe a chi negli anni Quaranta del Novecento l’aveva ideata e voluta, mostra una preoccupante predilezione per l’infinitamente piccolo che mal s’adatta all’infinitamente grande e complesso delle sfide che è chiamata a fronteggiare. Si perde in appassionanti dibattiti, come il recente sulla messa al bando della bustine monodose di zucchero, ma, quando occorre respiro profondo e pensiero alto, annaspa, balbetta e dopo lo sfinimento della mediazione fra i divergenti interessi, partorisce macchinose soluzioni troppo spesso fuori tempo massimo. Queste criticità evidenti sono dovute al rodaggio della giovane macchina comunitaria e basterà il tempo a sanarle oppure sono indice di un vizio fondante e di una specie di ‘errore di progettazione’ per cui sarebbe saggio metter mano a opportuni ripensamenti e correttivi dell’intera ‘filosofia’ comunitaria? Certo è che ultimamente la Comunità annaspa in uno stallo e in una crisi d’immagine pubblica cui la scoperta degli Incorruttibili di Sinistra colle mani nella marmellata conferisce un tocco pittoresco e assai rivelatore. I sedicenti Puritani d’acciaio, solerti nell’impartire lezioni di moralità al resto del mondo, sono anche, guarda caso, i pregiudiziali esaltatori del ruolo salvifico della Comunità, della globalizzazione e di tutto quanto ridimensiona, e spesso bastona, identità, vocazioni e autonomie dei preesistenti stati nazionali.

Cosa concluderne? Che Giorgia Meloni ha ragione da vendere quando sostiene che il sistema Italia va smontato e rimontato perché così non funziona e resta al palo. Ma, fin che parla solo d’Italia, ha ragione solo a metà. Ben più vasta geograficamente e istituzionalmente è la prospettiva alla quale andrebbe estesa un’onesta e pluralistica riflessione critica. Sì, politicamente pluralistica perché è tipica materia d’affrontare insieme, fuori da miopi contrapposizioni pregiudiziali. In un mondo dotato di senso e in una classe dirigente dotata di buon senso ogni forza dovrebbe avvertire il bisogno di contribuire allo sforzo di rigenerazione e rifondazione della democrazia contemporanea. Alle spalle e alle origini della nostra geografia politico ideale ci sono figure come Gramsci, Gobetti, Salvemini e Sturzo che per capire qualcosa di limiti, arretratezze e criticità che ci trasciniamo da secoli senza venirne a capo, hanno ficcato il loro sguardo indagatore oltre la dimensione storica spingendosi fino a quella più propriamente antropologica. Perché è lì, nelle qualità della pasta umana, nella gradazione morale del ‘fattore uomo’ che sta il centro del problema e il mattone decisivo di ogni vera rifondazione.

E dunque? Convocazione di nuovi Stati Generali per ragionare insieme su una democrazia in sofferenza. E meglio tesserà chi avrà miglior filo da tessere.

 

Ada Ferrari

4 risposte

  1. Ada Ferrari anche e soprattutto a Natale…scrive ..insegna..comunica..a Bruxelles farebbe un figurone, le sue considerazioni e riflessioni…metterebbero alla sbarra tanti incompetenti e culturalmente fragili. AUGURI!!!

  2. Mai pensato che gli europarlamentari, e i politici in genere, siano dei geni. Men che meno degli stinchi di santo; anzi proprio perchè così in alto, ancor più esposti rispetto ai comuni mortali alle “materiali cupidigie”. Ripenso pertanto alla vicepresidente Kaili, ai suoi discorsi infervorati. Se veramente colpevole, mi chiedo quanto quei discorsi fossero genuini o quanto già convertiti sulla via per l’inferno da brame corrotte. In questo secondo caso, come possa aver recitato così alla grande e con che pelo sullo stomaco; da Premio Nobel per l’arte drammatica, anzi più propriamente per l’arte di prendere per il fondoschiena i suoi sinceri ammiratori.

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