Il 24 febbraio dello scorso anno il mondo si svegliava con l’invasione russa dell’Ucraina. Accadeva quello che sembrava inimmaginabile e lo shock materializzava incubi che sembravano sepolti nel passato. Dopo la sorpresa, i vari governi mondiali, ed europei in particolare, hanno dovuto prendere posizione. Posizioni inizialmente un po’ lente, a volte confuse, e spesso arrendevoli. Comunque sono state applicate sanzioni via via più pesanti partendo dalla finanza (blocco dello Swift) che di fatto ha escluso la Russia dai circuiti commerciali. Sono seguite e tuttora si intensificano sanzioni economiche. Da ultimo sanzioni culturali: limitazioni di viaggi e turismo che sono le misure più umilianti per i cittadini russi.
La preoccupazione dei primi giorni e delle settimane iniziali del conflitto era condizionata dal dubbio sulla tenuta degli ucraini e sulla volontà e determinazione a difendere il loro Paese.
Nell’anno appena trascorso il popolo ucraino e il suo esercito hanno dimostrato una forza ed una capacità di resistenza e resilienza al limite dell‘eroismo. Gli europei non sempre sono stati all’altezza. L’Italia, grazie a Mario Draghi all’inizio ed a Giorgia Meloni ora, si è dimostrata molto vicina all’Ucraina, sia con l’invio di armi che di aiuti. Purtroppo non possiamo non annotare che Silvio Berlusconi è tuttora amico di Putin e viene costantemente citato ed elogiato dai giornalisti e politici russi. Altra posizione ambigua è quella di Matteo Salvini che fino a giugno 2022 si è arrampicato su vari specchi pacifisti.
Comunque, in conclusione, quali che fossero le intenzioni e quali le aspettative e gli auspici dei vari governi e politici, è evidente che la guerra sul campo la Russia l’ha persa. Nello scatenare il conflitto, Putin aveva pianificato di ricattare l’Europa con le forniture di gas. Giova ricordare le attese delle decisioni che lo Zar comunicava in maniera sibillina e della Gazprom che ubbidiente modulava i flussi giornalieri per mettere in difficoltà le industrie europee e noi cittadini. Ad agosto dell’anno scorso il prezzo del gas toccava i 350 dollari e le bollette divennero stellari.
Molti politici e cittadini erano disposti a sacrificare l’Ucraina e i principi di democrazia e diritto internazionale. Fortunatamente Draghi in Italia e via via gli altri grandi Paesi europei hanno tenuto barra dritta, un atteggiamento seguito con coerenza da Meloni. Ripeto, la presidente del Consiglio Meloni e non il Governo nella sua interezza per la presenza ingombrante del duo sopracitato. Oggi l’Ucraina può contare sull’appoggio dell’Occidente con l’America e la sua enorme capacità di fornitura militare in primo piano.
L’incubo dell’Europa era di non riuscire a superare l’inverno con il gas che la Russia avrebbe fatto mancare quasi sicuramente. Ed ecco che un misterioso attentato manda irrimediabilmente fuori uso il gasdotto Nordstream per cui la Russia non avrebbe potuto esportare più di tanto. Finito di fatto l’inverno, la situazione è migliore delle più rosee aspettative. Il prezzo del gas è sceso a 45 dollari ed è più basso che all’inizio della guerra.
Com’è stato possibile tutto questo ed in così breve tempo? Innanzitutto si è cominciato a diversificare le forniture da tutto il mondo con le navi gnl dalla Norvegia e dal Nordafrica e Azerbaigian attraverso i gasdotti. Si sono costruiti e potenziati in meno di un anno svariati rigassificatori: in Italia sta per partire Piombino. Inoltre si sta accelerando con lo sfruttamento e lo sviluppo delle energie alternative, solare ed eolico, con più di 20 gigawatt prodotti nell’ultimo anno. L’Italia, in particolare, sta per diventare l’hub europeo del gas. Avrà tre gasdotti dal Mediterraneo (Algeria, Libia e Azerbaigian), con la possibilità di un quarto gasdotto, l’Eastmed, dal Mediterraneo orientale (Israele, Egitto, Libano, Cipro). A tutto ciò si aggiungono 5 rigassificatori e la più estesa linea di gasdotti che con il potenziamento della dorsale adriatica metterà in comunicazione il Mediterraneo ed il Nordeuropa via Tarvisio.
Quindi Putin ha perso anche la guerra del gas. A tutto ciò va aggiunto che per l’Italia c’è stata una spinta verso le fonti rinnovabili senza precedenti: in un anno abbiamo fatto quanto nei cinque anni precedenti ma siamo ancora lontani dal punto che ci renderebbe indipendenti nel 2030. Comunque sono fiducioso perché sono cambiati il clima e l’approccio. Infatti non c’è impresa piccola, media o grande che non stia programmando un intervento per il risparmio energetico o l’installazione di impianti solari e parchi eolici. E’ un atteggiamento che riguarda anche i privati sia come singoli che come comunità energetiche (figura giuridica inedita e innovativa).
Un altro settore dove l’Italia è veramente all’avanguardia sono i biocarburanti, in particolare il biometano comparto in cui il nostro Paese è il primo produttore europeo e triplicherà entro il 2030 la produzione. In conclusione, come il covid 19 ha accelerato a velocità astronomica la trasformazione digitale del Paese, così la guerra scatenata da Putin contro di noi col ricatto subdolo e medioevale del gas sta portando alla trasformazione ‘green’ che porterà l’Italia all’indipendenza energetica.
Francesco Papasergio
2 risposte
Analisi, a mio sommesso avviso, molto puntuale. Mi permetto di segnalare due problemi. Il.primo riguarda un’opposizione politica che potrebbe ritardare importanti progetti. Il secondo riguarda la scelta di talunl interventi come l’elettrico per le auto e la mancanza di competenze europee sul risparmio energetico per le città storiche, ma anche per i borghi. L’identità storica dell’Italia, come degli altri stati va salvaguardata
Bravo Francesco. Analisi ineccepibile a cui aggiungerei l’enorme divario di preparazione culturale/ tecnologica tra la popolazione russa (reclutamento massiccio) e la popolazione ucraina (praticamente tutti mobilitati) che ha permesso e permette l’uso di tecnologie sofisticate così importanti nella guerra moderna.