L’esplosione del padel a Cremona è qualcosa di inaspettato.
Lanciare uno sport di nicchia, praticamente sconosciuto, nel contesto cremonese non è cosa scontata: le ragioni della bella risposta di pubblico vanno cercate sia nell’ambiente padel che si è venuto a creare, sia nello sport stesso, una vera e propria droga, un territorio sportivo esotico, tutto da esplorare.
Ci sono un calciatore, un tennista e un giocatore di basket…
Sembra l’inizio di una barzelletta, ma è quello che probabilmente troveremo su un campo di padel, se chiedessimo da che sport provengono i quattro spadellatori in gioco.
A differenza degli altri sport tradizionali più conosciuti, il padel stupisce per la capacità di aggregazione: unisce sullo stesso campo persone che in passato hanno praticato gli sport più disparati, senza però perdere troppo in qualità e intensità del gioco, come succede in altri sport dove il livello di fondamentali richiesto, le cosiddette basi, è molto più difficile da ottenere. A Cremona le strutture che hanno deciso di puntare su questo sport sono il CS San Zeno, con un campo, e il Cremonarena che, dopo la costruzione dei primi due campi, ha di recente aggiunto il terzo sotto la propria struttura coperta. Non sono mancati in questi primi anni di ‘avanscoperta’ i tornei, due TPRA al ‘SanZe’, e due FIT (Open e 3 Categoria) al Cremonarena, con bella affluenza di appassionati e curiosi.
Il ‘clima da padel’ che si è creato a Cremona è interessante: un aggregatore sociale dove la passione per il gioco (e la dipendenza che molti sembrano sviluppare) si fonde con il cosiddetto terzo tempo, il post-partita, dove ci si ferma a guardare gli altri (questo almeno prima del maledetto Covid), si beve qualcosa e si fa socialità con persone che provengono da ambienti sportivi diversi, che prima non avevano possibilità di intersecarsi.
La prima impressione
Per il curioso che si affaccia al padel per la prima volta quello che conta è la prima impressione, l’imprinting, e in generale la sensazione è di grande facilità, anche se poi subentra il bisogno di comprensione del gioco.
I tennisti partono certamente avvantaggiati, ma la facilità di apprendimento del padel stupisce, porta in breve a costruire partite combattute, con coppie equilibrate e grande senso di socialità.
È proprio la coppia a fare la differenza. L’affiatamento porta a creare battaglia anche in situazioni di squilibrio di valori in campo, cosa non scontata in tutti gli sport.
La prossemica del padel è altrettanto interessante: le distanze interpersonali sono relativamente brevi, coinvolgono in modo costante tutti e quattro i giocatori, con un campionario di situazioni illimitato e mai uguale, in poche parole molto divertente. Giocare sembra ‘a portata di mano’, così come cambiare coppie e muoversi sul campo.
Proprio gli spostamenti, molto brevi e veloci, fanno pesare meno, almeno fino ad un certo livello, la qualità atletica dei giocatori, comprese le buone forchette (un esempio? Tolito Aguirre, un vero e proprio mago del padel nonostante un fisico da sollevatore di polemiche, vedere per credere)
A fare la differenza sono senz’altro i ‘vetri’, le pareti in plexiglass con cui è circondato il campo, utilizzabili come sponde durante il gioco. Se nel tennis, una volta sorpassati dalla pallina il punto è perso, nel padel la sponda rimette in gioco la pallina con un risultato spesso opposto, che spesso facilita chi deve ribattere. Una volta entrati nel meccanismo si aprono scenari inesplorati, praterie incontaminate di tecnica, lectio magistralis di tattica e posizione, teoria e tecnica di nostra signora vibora, bandeja e chiquita, l’università del por tres, l’accademia del padel che conta. Un mondo da esplorare.
Molti puristi della racchetta tradizionale, il tennis, si sono ricreduti una volta provato il padel. Esiste certo uno zoccolo duro ancora restio a questa pratica sacrilega con racchetta, ma proprio qui sta il punto: il padel è tutto un altro sport, non paragonabile ad altri, se non in maniera superficiale. È un mondo a sé. Con le sue regole auree e le sue leggi non scritte. E una volta entrati non è detto che si riesca a uscirne.