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L’indiscreta richiesta e la Fiat 600

23 Giugno 2023

“In certe fanciulle l’indignazione viene prima dell’indiscreta richiesta. Ma che mancanza di galanteria se quest’ultima non si manifesta neppure!”. L’aforisma di Karl Kraus (1874-1936), scrittore, giornalista, umorista, saggista, commediografo, poeta e autore satirico austriaco, calza a pennello con un episodio di auto e passione che risale agli anni Cinquanta del secolo scorso. All’epoca, le utilitarie di nuova concezione apparse sul mercato a prezzi abbordabili, come la Fiat 600, la 500 o la Renault 4 CV, entusiasmarono gli italiani, costretti fino a pochi anni prima a spostarsi in bicicletta o in motorino. Guidare un’utilitaria, per molti, era come realizzare un sogno.

A Luciano, uno studente di 22 anni patito per le automobili, che abitava in una cascina a pochi chilometri da Cremona, iscritto alla facoltà di Economia e Commercio a Parma, era sembrato di toccare il cielo con un dito il giorno in cui suo padre, acquistata una Fiat 1100/103 più comoda per i viaggi e più prestigiosa per l’opinione della gente, gli regalò la sua 600.  Carica di pochi anni, ma di molti chilometri, la piccola vettura, pur in quelle precarie condizioni, lo rendeva felice come se fosse appena uscita dalla catena di montaggio. Incominciò a prendersene cura cercando di restituirle il colore originale, che da bianco era diventato grigio, con quotidiani lavaggi seguiti da faticose lucidature della carrozzeria. Il risultato non era entusiasmante perché, invece di impiegare creme specifiche, usava prodotti sottratti alla mamma, più adatti a far brillare le stoviglie della cucina che a ridare splendore alla vernice dell’auto. 

I ritmi della sua giornata furono condizionati dall’inaspettato regalo. Ogni mattina, dopo aver dedicato un paio d’ore allo studio, avevano inizio le operazioni di restauro dell’utilitaria, che interrompeva preso da un impulso irresistibile a guidarla. Sedeva al volante, inseriva la chiave, tirava la levetta di destra posta sul pavimento tra i due sedili e il motore incominciava a girare. Imboccava strade di campagna, scegliendo quelle di recente asfaltate, quasi deserte nel mese di luglio, che in pochi chilometri collegavano la sua casa con una villetta di colore giallo a due piani, all’inizio dell’abitato di Robecco d’Oglio. Qui, dopo aver dato l’accelerata conclusiva, estraeva la chiave, suonava il campanello e sulla porta appariva Rosanna, la figlia ventenne del medico condotto del paese. Più alta rispetto alla media, con un viso dai lineamenti regolari in cui spiccavano occhi neri e labbra carnose, con un corpo ben fatto, gambe lunghe e seno robusto, aveva movenze che irradiavano sensualità. La 600 ripartiva con la ragazza per un breve percorso. Giretto dopo giretto e curva dopo curva, pian piano fecero capolino a bordo le ginocchia, poi le prime propaggini delle cosce su cui si posava per qualche attimo lo sguardo di Luciano. Il giretto in tarda mattinata era diventato un’abitudine e, a volte, durante la guida le passava un braccio sulle spalle o con la mano le sfiorava la gonna, sempre con movimenti rapidi temendo la reazione. Non distoglieva l’attenzione dalla 600: ne ascoltava, tendendo l’orecchio, il suono del motore, indagava su qualsiasi piccolo rumore anomalo sentisse e, di tanto in tanto, sugli strumenti del piccolo cruscotto con gesto delicato passava il panno che teneva nella tasca della portiera. 

Nonostante fosse estate, volle montare i fari antinebbia e, per verificarne la funzionalità propose il giretto di sera, dopo cena, e lei, che da tanto aspettava l’invito, accondiscese di buon grado, nella speranza che qualcosa di tenero accadesse. Imboccò una piccola strada secondaria, ma asfaltata, ai cui lati si alternavano pioppi a distese di campi. L’ambiente ideale per verificare il grado di luminosità dei nuovi fari. Erano ben diverse le aspettative della ragazza, che immaginava che stesse cercando un anfratto deserto dove fermarsi per eseguire ben altri controlli, non escluso un epilogo secondo natura. Invece, Luciano era impegnato a verificare l’ampiezza luminosa del faro di sinistra e dove arrivava il fascio di luce proiettato in profondità da quello di destra. Improvvisamente, fermò la 600 dove la stradina sfiorava i binari della linea Cremona-Brescia. Per lei il momento desiderato era arrivato. 

Non fu così. A provocare la fermata fu la preoccupazione che l’auto si fosse imbrattata, sfiorando i rami, di quella colla resinosa che a volte cade dagli alberi. Scese, accese un fiammifero, analizzò la carrozzeria e non trovò traccia di resina. Con un sospiro di sollievo risalì, mentre il treno che si allontanava spegneva la luce sui campi e attutiva il rumore. A lui non restò che avviare il motore.   

 

Sperangelo Bandera

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