“Il nuovo ospedale di Cremona non è una sfida architettonica ma culturale, tesa all’innovazione della cura”. Così dichiarò il dg dell’Asst di Cremona Giuseppe Rossi per rassicurare coloro (molti) che stanno sollevando dubbi sulla bontà del progetto del nuovo ospedale di Cremona. “L’ospedale del futuro non sarà più un enorme edificio in grado di accogliere pazienti con qualsivoglia patologia … I trattamenti di routine e la cura preventiva saranno distribuiti attraverso cliniche e hub di vicinato, connessi e diffusi sul territorio”. Così recita il documento di presentazione del nuovo nosocomio portato fino a Dubai.
Dopo queste dichiarazioni, e dopo la lettura del documento di presentazione dell’ottava meraviglia lombarda (servirà un concorso per stabilire se allo stesso livello o migliore della cosiddetta “astronave” costruita in Fiera a Milano per l’emergenza covid) onestamente mi sento più preoccupato, forse perché ancora legato all’idea che un ospedale dovrebbe in primis rappresentare una garanzia del rispetto al diritto alla salute di ogni cittadino.
Chi sta disegnando il futuro sanitario della nostra provincia sembra invece più concentrato a voler consentire di vivere, all’interno dell’ospedale, un’esperienza sensoriale negli orti condivisi, nei giardini botanici e serre che troveranno spazio nel nuovo progetto. E come in un villaggio turistico, offrire à la carte attività outdoor come: area concerti, aree didattiche, area per installazioni artistiche, spazi commerciali, musicali e specchi d’acqua.
I nostri anziani faticano ad utilizzare uno smartphone o avere una connessione a casa, e i nostri manager pensano all’intelligenza artificiale e a tutti i sistemi automatici di monitoraggio a distanza. Evoluzione importantissima, se tutto il resto funzionasse, ma che oggi sembra fumo negli occhi. Si parla di algoritmi, nuova tecnologia, di automazione, ma la verità è che la nostra regione attende da più di 10 anni l’agenda unica di prenotazione, fondamentale per ridurre i tempi delle liste d’attesa e monitorare meglio i privati convenzionati. Prima di raccontarci un futuro tecnologico, i manager ed i politici regionali dovrebbero dimostrare di essere in grado di convincere i privati che collaborano col sistema pubblico a condividere la loro agenda con quella regionale (come previsto dalla legge), pena la decadenza.
Non c’è nulla di olistico nell’attendere un anno per un’ecografia, o poterla fare dopo 3 giorni se si sborsano 150 euro. Non c’è alcun benessere e relax nell’attendere più di 10 ore nella sala d’attesa di un pronto soccorso. Il timore è che con questo nuovo approccio illuminato e olistico qualcuno rimarrà escluso. Come si mantengono e valorizzano le risorse se da oggi e per i prossimi 6/7 anni molti dei nostri professionisti saranno costretti a lavorare in contesti in dismissione come quello del vecchio ospedale Cremona o nel futuro incerto di Casalmaggiore.
Nel frattempo l’Asst di Crema continua ad operare con un budget anacronistico e sottostimato.
Si parla di ospedale ultra specializzato, che non sarà per tutti. Si fa riferimento ad hub territoriali interconnessi. Parole che fanno a pugni con la realtà: le strutture socio sanitarie territoriali, quelle che erano state chiamate Presst nella riforma Maroni del 2015 e mai realizzate e poi rinominate in Case di Comunità dalla Moratti nel 2021 sono ancora un miraggio o dove inaugurate, spesso sono una scatola vuota con marketing e restyling di targhette intorno.
Chi visse sperando …
Nella nostra provincia la cosiddetta rete sanitaria, è tutta un buco. Una rete esiste se ci sono sistemi che comunicano e dialogano. Nella nostra regione ogni Ats è un feudo. Ogni Asst è un feudo. Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle durante i mesi dell’emergenza covid.
La casa di Comunità di Crema di via Gramsci, parzialmente inaugurata, per carenza di fondi rimarrà incompleta e un piano dell’edifico non sarà riqualificato. E la nuova palazzina che doveva sorgere dietro l’ospedale cremasco? Non è dato a sapersi, così come si sono perse le tracce della terza casa comunità del Cremasco.
Le legge Moratti prevede una CDC ogni 50mila abitanti. Non sarebbe la prima volta che regione non rispetta le proprie leggi. Stesso film nell’Asst guidata da Giuseppe Rossi dove la Casa di comunità all’ex Inam di viale Trento e Trieste è stata inserita nella ‘lista B’, ed esclusa dai finanziamenti del Pnrr. La Casa di comunità di Casalmaggiore è stata inaugurata ma non avrà mai al suo interno medici di base e pediatri, inoltre non garantirà un servizio h24.
Ma per lorsignori “L’ospedale diventa un luogo per il benessere olistico del paziente, in armonia con l’intero ecosistema”. Come fa un normale cittadino che non ha soldi o santi in paradiso per saltare la fila a non incazzarsi? I manager che ci proponiamo queste brochure ed i politici che se le bevono e che le avvallano hanno mai veramente vissuto la drammatica quotidianità disorganizzata della nostra sanità?
“L’ospedale del futuro non sarà più un enorme edificio in grado di accogliere pazienti con qualsivoglia patologia … I trattamenti di routine e la cura preventiva saranno distribuiti attraverso cliniche e hub di vicinato, connessi e diffusi sul territorio”.
Meglio ripeterlo.
Ho i brividi.
Marco Degli Angeli
2 risposte
L’unico politico che si esprime è Marco Degli Angeli. Tutti gli altri restano muti. Non si espongono né contro né a favore. O è vero il detto ” chi tace acconsente” quindi tutti sono favorevoli e d’accordo, o aspettano di vedere come vanno le cose per poi schierarsi.
Ottima analisi e condivisibili stoccate nei confronti di coloro che gestiscono la sanità come fosse un centro benessere. Sarebbe interessante conoscere la posizione dei tre consiglieri regionali eletti ed in particolare dell’unico di opposizione, che invece preferisce nascondersi dietro ai cartelli .