La parola esiste in francese, in inglese e anche in bosniaco, ma “ultracrepidario” in italiano è un neologismo di recente adozione e si applica a chi fa il saputello senza conoscere a fondo l’argomento, con la presunzione di saperne di più dell’interlocutore specialista della materia. L’origine della parola risale alla Grecia antica, quando, come riferisce Plinio il Vecchio, il grande pittore Apelle (Colofone 370 a. Ch. – Isola di Coo 308 a. Ch.) si sentì dire da un calzolaio (sutor) che la forma di un sandalo (crepida) dipinto su una sua tela andava corretta. Il pittore la modificò. Il calzolaio poi aggiunse che anche il ginocchio del personaggio ritratto andava aggiustato. A quel punto Apelle gli disse: “Sutor ne ultra crepidam” (“Calzolaio, non giudicare più su del sandalo”).
Gli ultracrepidari spuntano come funghi. Ernesto, laureatosi in agraria una trentina d’anni fa, era stato assunto come assistente nella stessa facoltà che aveva frequentato per mancanza di altre richieste. Di altezza mediterranea, capelli pettinati in avanti a coprire la fronte fino a lambire le sopracciglia, naso a punta, sguardo da sognatore, discuteva su ogni argomento dello scibile. Quando, quasi sempre, le sue affermazioni venivano contestate con argomentazioni esatte, metteva fine alla diatriba gridando che la sua conclusione era quella giusta, congedandosi dagli interlocutori, che scuotevano il capo. Sia che l’argomento vertesse sulla storia della musica, sui principi della fisica quantistica, sulle teorie copernicane, sulla natura degli algoritmi, sui motori termici o elettrici o si discutesse di politica, di gestione dello Stato, dei diritti dell’uomo, dei parametri con cui si giudica la qualità di un vino o degli ingredienti di una ricetta di cucina, non indietreggiava di fronte a nessuno, opponendo convinzioni immaginate a quelle di chi ne sapeva più di lui. Come diceva Kraus, avrebbe potuto insegnare a un batteriologo, a un astronomo e forse anche a un parroco e se gli fosse capitato fra i piedi uno studioso di matematiche superiori gli avrebbe provato di essere a casa sua nelle matematiche superiori alle matematiche superiori.
Nutriva per le automobili del passato una passione sfrenata e ogni volta che ne acquistava una, la restaurava seguendo criteri e gusti personali. Alla fine del restauro l’originalità era perduta, ma pretendeva che coloro che venivano ammessi a vedere la vecchia auto condividessero le sue scelte. Nutriva una forte passione anche per le moto. Ne possedeva un paio e la domenica spesso si univa ad altri motociclisti, ai quali imponeva un nuovo percorso, che lui stesso aveva preparato. Se la partenza avveniva in gruppo, il ritorno per lui era un viaggio solitario. La ragione? Voleva sempre far prevalere la sua idea su ogni argomento in discussione, durante le soste, contro tutti, i quali, a un certo punto, lo mandavano a quel paese.
Il restauro non riguardava soltanto le auto, ma invadeva anche il salotto o la cantina della sua abitazione. Per eseguire questi interventi occorreva che qualcuno lo aiutasse. Fausto, una decina d’anni più giovane, scuro di carnagione, accomunato dalla stessa passione per le moto, mostrava bicipiti robusti sollevando i mobili o spostando elettrodomestici per dare forma alle nuove soluzioni abitative. La sua prestanza non era sfuggita alla moglie presente alle operazioni per approvare lo spostamento di un armadio o la nuova disposizione di una credenza, anche se i suoi pareri venivano regolarmente bocciati dal marito tuttologo. Nel giorno fissato per collocare il parquet nella sala, quando stavano per iniziare i lavori, Ernesto si ricordò di essere stato inserito nella commissione d’esame e si affrettò a partire, non prima di aver dato alla moglie e all’amico i vari compiti da eseguire. Cosa che avvenne, però non sul pavimento del parquet ma sul letto matrimoniale per altre e più piacevoli operazioni.
Da quel giorno Fausto era diventato un assiduo frequentatore della casa. Dopo la complicità con la moglie, ebbe anche le confidenze del marito. Quest’ultimo gli rivelò quelle che riteneva essere le grandi capacità erotiche della moglie, ignorando, come sempre, di essere di fronte a chi quelle capacità le conosceva già bene. E gli diede anche un consiglio recitando i versi di Semonide, un poeta greco che aveva studiato a scuola, per dimostrare la sua astuzia: “E non ospitare un ospite dove c’è una donna/ la più santarellina è quella che ti disonora / il marito minchione a bocca aperta / e gli altri si godono la beffa…”.
Sperangelo Bandera
3 risposte
Complimenti! Ti avevo riconosciuto dopo poche righe, ma verso la fine ho avuto la conferma. Continua, per favore, a donarci momenti di leggerezza permeati di classicismo.
A….pelle…. Apelle figlio d’ Apollo fece una palla di pelle di pollo tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta d’ Apelle figlio d’ Apollo……
Si salvi chi può!