Non si può capire il conflitto ucraino senza capire la Russia. E non si può capire la Russia senza capire Stalin. Ecco perché nei prossimi tre editoriali parleremo, a conclusione di questo breve viaggio nella storia recente della ex Urss, dell’uomo più controverso e centrale della sua storia, e della nuova luce sotto cui lo hanno posto gli studi degli ultimi venti anni negli archivi moscoviti aperti dopo il 1991.
Stalin è un mostro. Questo recitava con un mantra la propaganda democristiana degli anni ’40. Questo si trova scritto in quasi tutti i testi scolastici delle ex repubbliche dominate dall’Urss. E questo vi dirà un qualsiasi russo nato dopo il 1956 e prima dell’era Putin. E più o meno è la risposta più comune al mondo, Italia compresa. Perfino gli ex comunisti italiani lo hanno bellamente scaricato dagli anni ’60 in poi, caricandolo di ogni colpa, errore e nefandezza commessa dal comunismo nella sua storia e relegandolo per sempre nella sfera sulfurea dell’inferno laico del proprio passato, quasi al punto da distinguere fermamente tra Stalin e il comunismo come fossero due cose agli antipodi.
Se però cercate nel web, vi accorgerete che la maggior parte dei russi sotto i 50 anni rispondono che Stalin è il vincitore della seconda guerra mondiale. Questo in parte è dovuto alla revisione che Putin ha operato negli ultimi 30 anni della figura del georgiano, condannando il comunismo ma salvando la narrazione del grande capo e vincitore, ovviamente a proprio vantaggio.
Ma in altra parte ciò è dovuto a nuovi punti di vista che lo studio degli Archivi moscoviti ha portato, grazie al lavoro di numerosi studiosi internazionali tra cui l’italiano Andrea Graziosi, che dopo la caduta dell’Urss hanno potuto accedervi in parte, scoprendo che Stalin non era un pazzo sanguinario ma un lucidissimo (benché terribilmente crudele) esecutore di un perfetto e vittorioso piano.
Prima di entrare negli interessantissimi dettagli rivelati dagli Archivi su Stalin, sarà utile una brevissima mappatura orientativa dello sconfinato e segretissimo patrimonio documentale dell’Urss.
Anzitutto bisogna distinguere la documentazione “ufficiale” da quella “operativa” per così dire. La prima concerne corrispondenze e atti formali che sono sempre viziati dalla pomposa propaganda sovietica, e che sono quindi spesso fuorvianti proprio perché dipingono un paese perfetto privo di incertezze o difficoltà, in cui ogni problema viene spudoratamente negato. Vi è invece poi la documentazione che contiene gli atti amministrativi che trasformavano in atti pratici le volontà politiche dettate dalle reali necessità del Paese, e che quindi ci danno una idea molto veritiera di quanto accadeva dietro la cortina di ferro, dettagliando con truce realismo perfino carestie, purghe politiche, incarcerazioni e fucilazioni sommarie.
Moltissima documentazione è poi andata distrutta, prevalentemente per ragioni di opportunismo politico di tanti dirigenti compromessi col regime staliniano dopo la sua morte. Gran parte degli enormi archivi del capo della NKVD Berija furono distrutti da Krusciov e dal nuovo Presidium per celare crimini terribili di cui erano stati testimoni silenti, e lo stesso Stalin aveva l’abitudine di “sfoltire” periodicamente i propri archivi personali per ragioni a volte assai ovvie a volte assai contorte.
Il contorto principio di custodia e accesso di questa documentazione sconfinata è la famigerata Konspiracija, la paranoica diffidenza mista di segretezza, regole complesse e depistaggi tipica del sistema sovietico, severissimo e spietato ma al contempo contraddittorio e menzognero.
Per contro, proprio a seguito della destalinizzazione voluta da Krusciov nel XX congresso del Pcus del 1956, il “peggio” degli Archivi di Stalin è stato progressivamente reso pubblico, proprio a voler dimostrare quanto “il mostro” meritasse di essere a sua volta “purgato” dalla Storia e quanto la scelta di Krusciov fosse giustificata. In questo senso straordinariamente importante si è rivelata la pubblicazione della corrispondenza di Stalin, che era un grafomane patologico e scriveva di continuo lettere ai dirigenti sovietici, rivelando spesso così di sé e della Russia molto più che non negli atti ufficiali. Si è così scoperto che molto piu veniva deciso nelle lunghissime e cameratesche cene alcoliche nella dacia di Stalin che non nelle riunioni del Presidium o del Partito.
Il più importante degli Archivi è certamente quello della Presidenza e del Politburo, gli organi che di fatto governavano tutto l”immenso impero comunista, e che hanno ancora oggi accesso limitatissimo.
Vi sono poi gli archivi del Pcus suddivisi per cronologia con la morte di Stalin quale spartiacque, gli Archivi del ministero della Economia che amministrava quasi tutto e l Archivio di Stato che contiene molte copie di documenti delle varie polizie segrete.
Gli archivi invece ancora oggi praticamente inaccessibili sono quelli della polizia politica: Ceka, NKVD, KGB …che detengono davvero tutti i segreti della Urss e di tutti i Paesi con cui essa ebbe a che fare, Italia compresa.
Vedremo poi quanto questi archivi ci abbiano rivelato uno Stalin straordinariamente più intelligente (ma non meno terribile) di quanto si potesse pensare…
Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di archivistica all’Università degli studi di Milano
cremonasera.it