Interrompo la serie di editoriali sulla Russia, solo per oggi, perché come dicevano i Padri Latini “ubi maior minor cessat”.
Anche quest’anno il 25 aprile è stato foriero di lunghe polemiche, anzi forse più del solito, perché ci sono le elezioni europee tra un mese e perché al Governo c’è la prima donna premier che è anche il primo premier della destra post fascista della storia repubblicana.
Anzitutto, dato che da tempo negli editoriali ci occupiamo di narrazioni nazionali, noi non possiamo mai dimenticarci che la nostra di narrazione nazionale è la Liberazione dal Regime, la Resistenza, l’Antifascismo, e le conseguenti democrazia, prosperità è libertà. Se dimentichiamo questo non capiamo più gran che.
Poi c’è un dato di fatto ineluttabile, ed è che ormai il 25 aprile proprio con questa narrazione consolidata è a tutti gli effetti una grande festa nazionale, una ricorrenza cui quasi tutti gli italiani si adeguano con un certo entusiasmo come si vede benissimo dai social, anche quelli che di politica non si interessano e anche quelli che di politica capiscono poco. Ed è nella maggior parte dei casi una festa Tricolore ormai paragonabile nell’immaginario collettivo al 2 giugno, e questo è assolutamente buono.
E infatti personalmente ho trovato totalmente fuori luogo le tante, troppe bandiere palestinesi nei cortei e nelle piazze, che proprio nulla hanno a che fare col nostro 25 aprile, anche perché i palestinesi non sono un popolo oppresso da una dittatura e quelli di Hamas di certo non sono dei partigiani; sono un popolo in guerra con un altro popolo che peraltro ha un governo democraticamente eletto e non certo una dittatura, sono due nazioni in guerra e questo, al netto della disparità delle forze che però è ben altro tema, non ha nulla a che fare con la resistenza al proprio regime nazionale. So che si incazzeranno tanti amici, ma di questa cosa ve ne dovete fare una ragione. Tanto più che altri amici, quelli di Azione con la Comunità Ebraica in piazza Duomo a Milano sono stati oggetto di una inaccettabile e vergognosa aggressione da parte di magrebini filopalestinesi, che dovrebbero solo ringraziare di aver trovato in Italia libertà, pane e assistenza sanitaria, altro che menare le mani.
Francesco Cossiga, che di certo non era uomo di sinistra, amava ripetere che “tutti ci siamo presi un pezzo di merito nella Resistenza, ma la verità è che senza il Partito Comunista Italiano noi non avremmo avuto la Resistenza e che senza gli uomini e le donne della sinistra italiana che fecero la guerra di Spagna non avremmo mai avuto i combattenti per la libertà”. E per De Gasperi chiedere aiuto ai vincitori a testa alta sarebbe stato molto ma molto piu difficile senza la Resistenza, e senza la Resistenza l’Italia non sarebbe stata trattata da nazione alleata e vincitrice, ricordiamocelo bene.
La Resistenza comunista in Italia è sempre relegata al ’45 ma inizia nel 1926, quando Mussolini mette fuori legge tutti i partiti e c’è un solo partito che proclama pubblicamente che si ricostituirà sul suolo italiano, ed il PCI: per ben sei volte ci proveranno in 10 anni e per ben sei volte verranno scoperti e incarcerati dall’OVRA. Una caparbietà assoluta che merita un rispetto assoluto contro un Regime che era sbagliato punto e basta, con tutti i se e i ma del caso. Se nella coscienza politica della destra italiana non entra definitivamente questa consapevolezza, non c’è pacificazione possibile.
E del resto non è possibile che in una Repubblica come la nostra, nata sulle devastanti macerie di una dittatura, un politico eletto democraticamente non si definisca antifascista. É l’antifascismo il comune denominatore della nascita di una repubblica che è stata incredibilmente libera e prospera, il denominatore che ha messo assieme democristiani, comunisti, liiberali, socialisti, repubblicani e pure ex fascisti e via dicendo in un miracolo sociale ed economico. Il caso ovviamente più citato è quello del presidente del Senato La Russa che ha dichiarato di non potersi definire antifascista. Ma lo è di fatto, perché è un uomo assolutamente democratico come sanno tutti quelli che lo conoscono anche solo un po’. Ma per lui il fascismo non è Mussolini, non c’era nemmeno: per lui il fascismo che non può rinnegare sono anni di militanza politica giovanile durissima, di botte prese, di amici morti, è una famiglia politica molto prima di un partito o di un ruolo di potere.
E in questo, i comunisti dovrebbero capirlo bene: quanta stupida retorica è stata fatta contro di loro accusandoli di non aver smesso di essere comunisti davanti agli orrori dei regimi dell’ Est. Ma per i nostri comunisti il comunismo mica è stato Stalin o Ceausescu, il comunismo in Italia è stato pane e lavoro, diritti e solidarietà, una famiglia politica e una comunità solidale …ma perché mai dovrebbero rinnegarla per qualcosa successo a migliaia di chilometri da qui?
I presupposti di una riconciliazione nazionale ci sarebbero davvero tutti eccome, ma ammesso che sia davvero necessaria, ci vorranno altri decenni.
La guerra civile americana fece 650.000 morti, americani uccisi da altri americani, divisi dalla questione schiavista che si è trascinata per altri 100 anni sotto forma di questione razziale e che ancora oggi a distanza di 150 anni non si è ricomposta definitivamente, anzi… E allora possiamo metterci 150 anni pure noi, tanto più che a 150 dalla Unità d’Italia ancora oggi dal Trentino alla Sicilia c’è chi vorrebbe che si tornasse indietro …tempo ne abbiamo, tranquilli.
Personalmente credo da anni che in Italia bisognerebbe celebrare due feste: il 25 aprile la Resistenza, data che ricorda le insurrezioni partigiane, e che è, volenti o nolenti, una festa prima di tutto della e per la sinistra italiana, perché la Resistenza fu merito fondamentale loro.
E poi andrebbe celebrata la Liberazione il 9 maggio, giorno dopo la resa del Terzo Reich, e che è avvenuta grazie alle truppe alleate senza le quali nessuna brigata partigiana avrebbe mai potuto sconfiggere il più potente esercito del mondo, quello nazista, e che sarebbe una festa di tutte le parti politiche e anche delle potenze straniere amiche.
Ma per intanto, buon 25 aprile a tutti, ma a tutti proprio.
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di archivistica all’Università degli studi di Milano
2 risposte
Se qualcuno dovesse chiedermi, con la pretesa di saperlo, se io sono antifascista, gli risponderei che questa è una domanda fascista, avendo la democrazia sancito la libertà di non dichiarare il proprio credo politico.
E per concludere, le cito il titolo di un libro di Pier Paolo Pasolini, che proprio uno di destra non era e cioè “il fascismo degli antifascisti”