La filosofia si può illustrare e comunicare in un linguaggio accessibile, se non a tutti, per lo meno agli appassionati. È questa l’idea che ha animato fin dall’inizio i fondatori della casa editrice milanese Farina. Nata nel 2014, festeggia quest’anno 10 anni di attività, o meglio “due lustri di catalogo”, come sta scritto sulla locandina predisposta per l’incontro che si è tenuto sabato 25 maggio da Simona Lunghi, accogliente padrona di casa alla Libreria La Storia di Crema.
Per l’occasione Mauro Trentadue, Lorenza Mantovani e Marco Gaetani, rispettivamente direttore editoriale, Editor e direttore generale, hanno fatto conoscenza con frequentatori di scaffali, archivi, sale di lettura di biblioteche, o anche semplicemente lettori. Mauro ha spiegato che il progetto iniziale di Farina ha preso l’avvio dalla pubblicazione delle carte dell’Archivio Fergnani, donate dalla famiglia e in particolare da Delia, sorella del professore di filosofia che mezzo secolo fa insegnò per alcuni anni al Liceo Racchetti. La ricostruzione del suo pensiero ha impegnato diverse classi di studenti milanesi in una speciale modalità di scuola/lavoro ottima per fornire competenze e conoscenze ai liceali. (nella foto centrale De Capua, Trentadue, Mantovani).
Nel frattempo, Mauro Trentadue ha arricchito un catalogo che oggi consta di 72 titoli con libri dedicati in particolare alle donne della filosofia, da Simone de Beauvoir a Hannah Arendt, da Rachel Bespaloff a Etty Hillesum, Cristina Campo e Simone Weil. Ne sono nati testi come Femminile plurale, in due volumi, e traduzioni soprattutto dal francese, completamente ricreate, alcune anche di testi inediti. L’obiettivo rimane mettere a disposizione di un vasto pubblico scritti di filosofia non “accademica”, nel significato spregiativo che il termine ha assunto da quando una certa categoria di docenti e intellettuali ha pensato bene (o piuttosto ha pensato male o non ha pensato per niente) che un autore sia tanto più intelligente quanto meno si fa capire.
Mauro cede poi la parola a Patrizia de Capua, che collabora con Farina da quando invitò questi stessi amici presso il Caffè filosofico nel gennaio 2017. L’autrice presenta il suo ultimo libro Cristianesimo al tramonto? Soliloqui di una Misscredente. ”Se nel XX secolo – afferma – ci si imbatteva in titoli del tipo Perché non possiamo non dirci cristiani, come Benedetto Croce sosteneva – e già Bertrand Russell contestava opponendovi il proprio Perché non sono cristiano – nel XXI la “morte di Dio”, già annunciata da Nietzsche, pare aver ribaltato il discorso in “Perché non possiamo non dirci nichilisti”. Lo spunto per il libro nasce dalla constatazione delle Chiese rimaste vuote dopo il lockdown, forse per un impoverimento culturale avvertito dalle coscienze più sensibili alle tematiche religiose.
Il cardinale Carlo Maria Martini parlava di un ritardo di 200 anni, determinato dalla condanna del modernismo. L’Avvenire ha aperto un dibattito a cui partecipano teologi, laici, artisti. Fra gli altri, Spadaro, Zanchi, Ornaghi, Sequeri. La Chiesa sembra stretta fra cancel culture e apologetica. Patrizia de Capua nota che potrebbe darsi una terza via: quella suggerita da alcuni filosofi come Severino, Vattimo, Dionigi, Galimberti, Mancuso, Cacciari. Questa via conduce verso una religione ricca di spiritualità, ma senza dogmi, senza trascendenza, praticamente un’etica che spesso guarda ad antichi o moderni saggi orientali. C’è però un problema: senza trascendenza non solo non si dà cristianesimo, ma neppure si dà filosofia. Che cos’è infatti la coscienza umana, se non intenzionalità e trascendenza?
Alla fine dell’incontro, c’è stato un piccolo scherzo filosofico, servito a stemperare l’atmosfera: sulle sedie i presenti hanno trovato un biglietto che conteneva o la prima o la seconda parte di una frase attinente agli argomenti trattati. Si tratta di ricomporre l’intero. Ad esempio. “Al cospetto del Dio assente… siamo noi che tramontiamo”. È Heidegger. Altro che tramonto del cristianesimo! Si gioca come nel mito raccontato da Aristofane nel Simposio platonico, oppure come Aldo, Giovanni e Giacomo in Tre uomini e una gamba.
La filosofia, come bene ha spiegato Mauro Trentadue, è un dialogo fra amici, che vivono insieme a noi anche se non sono più qui da 2000 anni.
Filippo Lamberti