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Nuzzo: ‘Il sindaco di Crema non doveva essere indagata’

11 Giugno 2021

Stefania Bonaldi, sindaco di Crema, viene iscritta nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Cremona perché un bambino, ospite dell’asilo nido comunale, rimane ferito a una mano. Il caso diviene nazionale dopo che Beppe Severgnini ne ha dato notizia durante la trasmissione Otto e mezzo, condotta da Lilli Gruber su La 7. Tanti si sono impegnati a dir la propria – politici, giornalisti, cittadini comuni -, ponendo l’accento sulle difficoltà che un ‘primo cittadino’ deve affrontare nel quotidiano impegno, comprese impreviste iniziative giudiziarie: un’evenienza, codesta, idonea a turbare la serenità di una funzione, dalla quale alcuni si tengono lontani appunto per non incappare nelle maglie della giustizia. Mi guardo bene dall’unirmi al corale sconcerto, soprattutto di quelli che non si lasciano sfuggire l’occasione per attaccare la magistratura a tutto campo, additandola come uno dei mali d’Italia. Né voglio indicare ai lettori le soluzioni più appropriate alla bisogna, cui si applicano un giorno sì e l’altro pure i competenti d’accatto, una malerba rigogliosa e faticosa da estirpare. E men che mai capisco l’ossessiva richiesta  di cambiare le regole, anche perché i postulanti si guardano bene dall’indicarle.  

Sul tema è intervenuto pure il Procuratore della Repubblica, Roberto Pellicano, che ha esposto con equilibrio la tesi del suo ufficio, senza proclamare verità preconcette.  Considerando l’insieme delle sue osservazioni, può concludersi che questo magistrato meriti fiducia. Non condivido, tuttavia, l’assunto secondo cui, in questa vicenda, ‘punto di partenza imprescindibile di qualsiasi accertamento penale’, fosse l’iscrizione della Bonaldi. Parlo sulla base di una duplice e lontana esperienza: quella di sindaco di Castel Volturno, uno dei luoghi più complessi del nostro Paese, e di magistrato penale. A partire dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, il vecchio modello delle autonomie locali, infatti, subisce significative modifiche: la distinzione tra organi rappresentativi, responsabili dell’intera attività dell’ente, e organi burocratici, con mansioni di mero supporto dei primi, viene sostituita da quella tra organi di governo, cui competono essenzialmente funzioni di indirizzo politico e di definizione degli obiettivi e di controllo sul complessivo svolgimento dell’attività dell’ente, e organi amministrativi cui spettano, in via tendenzialmente esclusiva, compiti di gestione del patrimonio e degli interessi economici dell’ente medesimo. Ai sensi dell’articolo  45, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80, inoltre, ‘le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di governo l’adozione di atti di gestione e di atti e provvedimenti amministrativi, ai sensi di cui all’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti’.

La norma segna una netta linea di demarcazione tra  atti  di indirizzo e di coordinamento politico di pertinenza degli organi elettivi e  atti di gestione rientranti  nell’attribuzione funzionale dei dirigenti: si tratta di un canone fondamentale del vigente ordinamento politico-amministrativo, che non lascia spazio a esegesi equivoche che sarebbero contra legem. Non ritengo necessario aggiungere altro, in quanto invaderei un campo non di  mia attuale pertinenza. Anzi, resta un suggerimento ai giuristi di giornata: si documentino almeno, prima di predicare  verità acquisite per scienza infusa.  

Francesco Nuzzo

 

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