Cento pagine. Un paio d’ore, pause comprese per una Coca Cola, una birra, un panino. Per fare pipì. Per attendere i risultati elettorali. Per rilassarsi. Per riflettere su politica e tempo libero. Per concludere che oggi sono scarsi entrambi ed è una fregatura, ma chissenefrega. Nessuno fa un plissé.
Cento pagine e non manca nulla. Baedeker aggiornata che aiuta a pensare a se stessi e agli altri. Anche ai tempi andati e ai cambiamenti intervenuti.
Un bigino che suggerisce i modi e i luoghi migliori per farsi i cazzi propri. Un file che raccoglie il tempo occupato e quello perduto e si continua a perdere.
Un memento homo per avvertire che si vive una volta sola. Fatti non siamo per vivere come bruti, ma accanto a virtù e conoscenza esaltate dal Poeta, l’autore invita a considerare la ricreazione, non esclusa quella notturna.
Cento pagine che sono una fregatura. Ti ricordano il passato e ti avvertono che esistono presente e futuro. Suggeriscono che a Crema e dintorni, se non sei incartapecorito fino al midollo, esistono ancora, eccome, la possibilità e lo spazio per una botta di vita. Forever young. Fanculo il resto.
Cento pagine per leggere qualcosa di diverso. Di inusuale nella repubblica del tortello e in quella del marubino. E pure nella repubblica del pomodoro.
Cento pagine per dedicarsi a una masturbazione intellettuale. Per disintossicarsi dal rincoglionimento da social. Per un divertimento intelligente e stimolante.
È un gioco di citazioni e richiami letterari, cinematografici e musicali. Un quiz per hypster attempati, sopravvissuti all’estinzione, ammesso che in riva al Serio siano esistiti. La vita è tutta un quiz, Renzo Arbore insegna.
Ma cosa sono queste cento pagine?
Sono John Barleycorn a Crema, di Paolo Emilio Solzi, viaggio notturno fra enoteche, pub e circoli underground.
Sono nostalgia canaglia. Sono caleidoscopio d’immagini e sensazioni che cambiano in continuazione appena si gira la pagina. Sono terapia antistress.
Sono cento pagine che si leggono il tempo di Apocalypse now o C’era una volta in America. Meno impegnative de Il posto delle fragole. Meno noiose di qualsiasi film di Terrence Malick.
Non sono un viaggio al termine della notte, ma nella città della notte. E l’underground nel sottotitolo forse è eccessivo. Scolarsi un paio di bionde e tirare tardi la sera non è alternativo. È sopravvivenza.
Il titolo, ha spiegato l’autore, è ispirato a John Barleycorn must die, una ballata dei Traffic, usata da Gabriele Salvatores nel film Nirvana. Ma decisiva è stata la lettura dell’autobiografia alcolica di Jack London, intitolata, appunto, John Barleycorn.
Cento pagine per fare amicizia con il popolo della notte: dall’intellettuale, al tamarro vestito griffato, comprese le numerose categorie intermedie. Per conoscere i gestori e le storie, gli aneddoti.
Un omaggio agli ex di qualsiasi cosa, siano essi stati beat, hippie, punk, grunge, contestatori e rivoluzionari di piazza o da salotto. Ma anche per quelli senza etichette e non ex qualcosa. Per chi tira la lima e la carretta, per gli universitari destinati al precariato. Per farla breve, cento pagine per gli amanti della notte e della compagnia.
Per coloro che Crema non solo tortelli, salva, spongarda e carnevale. Che non è solo Chiamami con il tuo nome. Che non è solo il passaggio a livello di merda del viale di Santa Maria, e il treno per Treviglio-Milano della stessa materia. Non è solo il trofeo Dossena e i Pantelù. Non sono solo i politici-peripatetici con l’ufficio itinerante in piazza Duomo.
Sono cento pagine per i Charles Bukowski e i Raymond Carver di casa nostra. Per i Jeffrey Lebowski. che ordinano White Russian. Per i patiti di Blade runner e i romanzi distopici.
Le cento pagine costano 8 euro. Sono pubblicate da Éditions Later. Ci stanno nella tasca posteriore dei jeans. Là dove un tempo si metteva l’Unità o il Manifesto. E non manca la sorpresa. Ha l’imprimatur della Pro Loco di Crema. Che lo vende.
Antonio Grassi