Il mio ricordo di Paolo Chiavuzzo, persona speciale

4 Settembre 2024

Non riesco a prendere sonno. Sono nervosa e arrabbiata. Ieri, poche ore fa, è deceduto un mio amico, il mio compagno di sempre: Paolo Chiavuzzo (secondo da sinistra nella foto centrale). Scrivo. Lo voglio ricordare. Il primo giorno di scuola elementare indossava un grembiule nero, circondava il suo volto, un ovale perfetto, un fiocco azzurro grandissimo, era in nuance con i suoi magnifici occhi blu ed esaltava i suoi capelli biondissimi. E’ stata la sua divisa per 5 anni. Sempre impeccabile. Era il cocco della maestra Anna Maria Rinaldi.  Aveva 10 in comportamento. Era un bambino bellissimo. Assomigliava al Piccolo Lord. A scuola era bravissimo. Noi femmine non osavamo innamorarci. Lui partecipava a un campionato a parte. Sembrava inarrivabile. Troppo perfetto per noi che giocavamo a calcio con le palline di carta con i più scalmanati. Lui no. Lui era sempre composto.

Quando abbiamo concluso la scuola elementare, io e una compagna, oggi un’affermata avvocatessa, abbiamo composto una filastrocca in rima che menzionava tutti i bambini, abbinando a ognuno una definizione. Per Paolo il verso era: “C’è Chiavuzzo, lo sportivo, sempre attento e sempre attivo”. Lui era davvero così. Amava il tennis, vinceva, già da bambino. Lo sport gli ha dato rigore e disciplina. Era uno inflessibile. Nel carattere, nell’etica, era la sua cifra. C’era poi un imprinting familiare forte. Il papà sognava per lui la carriera in marina.

Ci siamo persi di vista alle medie per poi ritrovarci al liceo scientifico Aselli, sezione B. Abbiamo condiviso la compagnia, la spensieratezza, la fatica dello studio di un’età irripetibile. Un giorno ha voluto proteggermi da un blitz davvero cattivello. Era venuto a trovarmi a casa un gruppo di compagni di classe, c’era anche lui, e, non ricordo la circostanza, avevamo finito per guardare delle foto. Erano immagini di me bambina. Avevamo all’epoca 15 anni. Il giorno dopo in classe, ora di arte, dopo l’intervallo, la professoressa Elena Bocchi trova nel registro una foto di una bambina sul fasciatoio, e urla: “Chi è questa? Ha i piedi sproporzionati! Chi l’ha messa qui dentro?”. Io mi sono messa a piangere. Qualche maledetto l’aveva sottratta il giorno prima da casa mia e aveva ordito lo scherzo. La prof insisteva: “Chi l’ha messa qui dentro”. Paolo ha alzato la mano e ha detto: “Sono stato io!” Figuriamoci se era stato lui. Gli ho poi chiesto perché si fosse addossato la colpa. Mi ha risposto: “Perché ti conosco bene. Ero l’unico che lo poteva fare”. Di fatto ha parato la schiena al vero responsabile che non si è mai saputo chi fosse. 

Poi è cominciata l’università, c’è stata la parentesi dell’Accademia a Livorno, si è poi laureato a Parma in economia. Con i vecchi compagni ci incontravamo in galleria nel fine settimana. Poi, come accade, le strade si dividono. Esperienze diverse. Altri ambienti. 

Gli anni della maturità ci siamo persi. So che si era sposato e ha un figlio sedicenne che condivide la sua passione per il tennis. Paolo era una colonna della Baldesio. 

Ora sono arrabbiata e nervosa. Ha fatto una morte ingiusta. Ha condotto una vita irreprensibile. Era davvero un salutista. Niente vizi. Nessuna sbavatura. Un uomo tutto d’un pezzo. Con un bel modo di porgersi. Il sorriso tradiva la sua bontà d’animo, dietro ad una maschera a volte di fermezza. Era deciso e ordinato, poteva sembrare un duro, ma aveva il cuore di panna. Era un puro. 

Resterà per sempre nei miei ricordi più belli di gioventù, perché ha reso più ricca la mia vita. Una malattia fulminante e bastarda ha sporcato la sua bellezza, l’ha flessa, l’ha annichilita lasciandoci tutti quanti attoniti. Mi sono sentita con tanti compagni in queste ultime ore, abbiamo ricucito un filo che, se i rapporti sono stati sinceri, non si spezza mai. Paolo tiene ora in mano quel filo: quello della nostra amicizia. 

Sentite condoglianze alla moglie Paola e al suo ragazzo Andrea, ai cugini e alla famiglia tutta.

Paolo lo ricordo un bambino speciale, come nella fotografia pubblicata qui, dov’è ritratto con la cugina Monica Chiavuzzo

 

Francesca Codazzi

 

5 Responses

  1. Cara Francesca, mi rispecchio perfettamente nelle parole che hai usato per descrivere il nostro caro Paolo. Ho condiviso con voi solo i cinque anni del liceo ma ho davvero un bel ricordo di lui. Negli anni seguenti l’ho incrociato poche volte, ma quelle poche ci siamo sempre scambiati qualche parola a differenza di tanti altri compagni di liceo. Lui ti salutava sempre col sorriso sulle labbra, è verissimo! Mi unisco a te nel porgere le mie sentite condoglianze alla sua famiglia.

  2. La nostra non era un’amicizia, ma la conoscenza di due persone nate socie alla Baldesio, che si sono sempre viste, che crescono contemporaneamente anche se a distanza. I nostri padri invece si conoscevano bene, anche per motivi lavorativi. Con la moglie Paola abbiamo spesso parlato di scuola, di sport in riferimento ad Andrea appassionato giocatore di tennis. Il mio pensiero va a loro. Ad Andrea che sta per iniziare l’anno scolastico nel modo più triste e a Paola che dovrà stargli vicina e sarà sola. Vi abbraccio.

  3. Mi piace sempre “dire il mio pensiero” a ciò che magistralmente scrivi, ma … sono senza parole. Stordito come un pugile colpito sul ring. Ciò che mi viene è solo una banalità, ma è vera: sono i migliori a doversene andare.
    Ciao Paolo

  4. Tante volte sul campo di calcio e tante partite a carte, sempre un sorriso e sempre tanto piacere. Ciao Paolo, ti voglio bene.

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