Maledetto il funghetto

31 Ottobre 2024

L’Autostrada del Sole era stata aperta da pochi mesi. Fino a Bologna il doppio nastro d’asfalto era un lungo rettilineo, ma da Sasso Marconi a Firenze, sostenuto dai viadotti che collegavano una montagna dell’Appennino all’altra, zigzagava immergendosi nel verde della vegetazione. Vista dall’abitacolo, la sede autostradale colpiva per l’ampiezza delle corsie, all’epoca quasi sempre libere dal traffico e lo spazio a disposizione infondeva un senso di sicurezza e di libertà che non si viveva sulla rete delle strade statali e provinciali, così strette da richiedere sempre la massima concentrazione alla guida. Inoltre, percorrere i brevi rettilinei e affrontare i curvoni che ne stabilivano inizio e fine, con l’intera sede autostradale pressoché libera, generava un’euforia che si aggiungeva al piacere di visitare Firenze con l’avvenente compagna, per la prima volta soli, per una gita di due giorni e una notte. 

Il permesso dei genitori si era ottenuto presentando un programma palesemente falso, in cui veniva messa in evidenza la partecipazione di altre amiche e di altri compagni di università al veglione di San Silvestro. Col passare dei chilometri, però, il paesaggio appenninico, pur attraente, finiva per lasciare spazio alla fantasia del ragazzo che guidava la sua Fiat 600 bianca. Luigi, detto Gino, iscritto alla facoltà di medicina, 24 anni, immaginava di realizzare il sogno vanamente fino ad allora inseguito. Arrivare alla conoscenza carnale della fidanzata, Marisa, a sua volta studentessa universitaria ma della Facoltà di architettura, che aveva due anni in più, ma era di tale avvenenza da fargli superare il pregiudizio negativo della donna più vecchia dell’uomo. Era una di quelle ragazze che  discuteva di politica con gli amici difendendo animatamente le sue convinzioni sbagliate, entusiasta delle nuove tendenze dell’arredamento nate in Svezia che facevano storcere il naso a molti. Non era dotata di una grande intelligenza, pur avendo superato nei tempi prescritti tutti gli esami previsti dal piano di studio. Si sarebbe laureata dopo qualche mese. Era consapevole di essere una bella ragazza, di quelle che  ritenevano che tutto fosse loro dovuto. Più che dare era contenta di ricevere: attenzioni, complimenti, elogi e favori. Capricciosa come spesso lo sono donne di particolare avvenenza, durante le cene al lume di candela chiedeva piatti di portata che mettevano in imbarazzo Gino per l’assurdità della richiesta, come per esempio del cotechino in un ristorante in cui sul menu figuravano soltanto pesci. Guai ai funghi, porcini o delle altre specie, ai quali, più che  era allergica diceva di non digerirli. 

Arrivati a Firenze all’imbrunire e preso alloggio in un Hotel di via Nazionale prenotato una decina di giorni prima, lei incominciò ad agghindarsi per la festa. Le operazioni di trucco duravano normalmente 45 minuti, ma in quell’occasione speciale superarono i 90 minuti e la cena, per non arrivare in ritardo alla festa, venne ridotta a un tramezzino nel bar dell’albergo. Gino aveva il chiodo fisso dell’accoppiamento e appena festeggiato l’arrivo del nuovo anno, incominciò a dire di voler tornare in albergo, quando Marisa gli riservò una brutta sorpresa: un forte mal di stomaco accompagnato dalla nausea. I due tornarono in albergo, ma il malessere continuò fino alle sei di mattina, quando finalmente Marisa si liberò, ma non era in condizioni di accettare amplessi e si mise a dormire. Quando si svegliò non restava che ripartire verso casa. Prima di salire in macchina rivelò a Gino: “Nel tramezzino era nascosto  un funghetto. L’ho visto”.

 

Sperangelo Bandera

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