...

Donne come “Diamanti” il mondo capovolto di Özpetek

24 Dicembre 2024

C’è come sempre eleganza, c’è estetica e c’è elegia nei toni poetici e preziosi di Ferzan Özpetek. Il suo ultimo film “Diamanti” non oscura la sua cifra che abbiamo imparato ad amare in tanti film di successo, non rinunciando ad alcuni cliché tipici delle sue sceneggiature. I diamanti sono le sue donne, sfaccettate e lucenti, talentuose e complesse. 

Il regista italo turco sceglie infatti un cast quasi tutto al femminile, 18 stelle, per mettere in scena, facendo cinema nel cinema, con un metalinguaggio affascinante quanto inedito, lo accennerò solo in parte, la storia di una sartoria, guidata da Alberta e Gabriella Canova, che confeziona costumi per il cinema e il teatro. Intorno e accanto alle due protagoniste un gineceo di sarte, costumiste e modiste, querule, solidali e canterine, legate da una sorellanza commovente, utile, genuina.

L’atelier ha anche una cuoca: una magnifica Mara Venier. Il regista le attribuisce un ruolo determinante nel film, perché lei, materna, accogliente, grillo parlante e coro classico, gli consente di inscenare il convivio: tema caro al regista. Nei film di Özpetek non mancano mai i banchetti, i pasticcini, le tavole imbandite. L’uso che fa del cibo è straordinario, crea civiltà e cultura, racconta, definisce caratteri e personalità, status sociale, essenza e potere della parola, non è solo estetico è comunicazione pura. Lo usa con lo stesso spirito di Jane Austen, permettetemi il volo pindarico, cambiando linguaggi, stili ed epoche, tutto diventa come allora arte, storia e letteratura. 

Qui, se cucini lasagne o offri paste, capisci molte differenze sociali. Il calore delle polpette spiega tutta l’empatia di un personaggio. E via.  

Le vicende sono temporalmente ambientate negli anni ’70 con tre quadri (all’inizio, nel cuore della narrazione e alla fine) ai giorni nostri. Lo scenario estetico, non certo da cartolina turistica, ma non privo di veracità popolare, è la Roma trasteverina, città eletta dal regista per le sue pellicole, scelta vincente perché attraverso il suo sguardo è autentica, trasuda di verità, non ha nulla di finto.

Con semplicità apparente (è dei grandi rendere semplice ciò che è complesso) tutto è trasferito su un piano estetizzante. La scelta delle luci, quasi caravaggesche, i lunghi silenzi, gli sguardi, tutto poggia su un equilibrio perfetto, seppure intricato, perché lì vanno in scena gli spaccati sociologici, i problemi, le ansie di un’epoca. Aono gli anni che precedono la legge sul divorzio, drammi personali e familiari, lutti, abbandoni, sogni e magie di tante vite intrecciate.

E’ un film corale che mischia le voci di tante donne, attrici italiane bravissime che il regista sa valorizzare. A raccogliere le voci, le emozioni a volte molto forti, seppure tradotte in modo semplice e popolare, è un bambino. “Non so tu, io sono esattamente dove vorrei essere”; “Non è necessario vedersi quando ci si vuole bene”; Le cose belle non si possono contare”; “Noi non siamo niente, ma siamo tutto”; “Ecco questo siamo noi: diamanti” e molte altre. 

Le donne sono come sono. Sono loro stesse. Sono donne normali, con le rughe, i capelli sfatti, le unghie sbeccate, le labbra tumefatte dalle botte, stravolte dall’immane lavoro. Il regista dà loro il potere di trattare gli uomini, invertendo i ruoli, come nella realtà venivano trattate le donne negli anni ’70 (e forse un po’ anche oggi, quando hai la sfortuna di incontrare degli stupidi).

I personaggi maschili del film sono ragazzotti bellocci, muscolosi, un po’ fessi e… stonati. Le sarte li accolgono, li prendono per i fondelli: “Dai, su cantami qualcosa!”; “Ah! Siete in due: uno canta e l’altro balla”: siparietti canori che offrono al regista il destro per omaggiare le sue star preferite: Mina e Patty Pravo.

Non ci fa una gran bella figura neppure il bravo attore Stefano Accorsi che nel film impersona il regista del film, per il quale l’atelier sta realizzando i costumi: è un isterico. Ma nella cultura patriarcale non sono le donne a essere isteriche? Ecco che il magnifico Ferzan crea magicamente il suo mondo capovolto. Riscatta le donne, da soubrette da quattro soldi a donne che prendono in mano la loro vita, anche la più semplice, e ne fanno un capolavoro. Un carnevale liberatorio. 

E’ un film sul valore del talento, del sacrificio, sulla autodeterminazione, sul valore della complicità femminile. Tocca tanti temi. Resta alla fine una patina di malinconia. Ma anche questa è un’impronta di Ferzan. Non c’è un lieto fine, c’è la vita che continua attraverso una storia, quella della costumeria, che merita di essere raccontata. C’è il cinema che vive, fra finzione e realtà. 

Bravissime tutte le attrici. In un ruolo difficile e complesso meritano una menzione speciale Luisa Ranieri (Alberta) e Jasmin Trinca (Gabriella) tengono il filo rosso del film, con una intensità mimica e posturale potente. La Ranieri nel suo ruolo da dura è talmente efficace da risultare scostante e insopportabile, tanto quanto è pregnante l’interpretazione di Trinca, persa e chiusa nella bolla del suo dolore.

Dobbiamo essere orgogliosi di questo patrimonio di talenti. Uso di nuovo questa parola: talenti. 

Il cinema sa essere spettacolare. C’è un solo momento nel film in cui va in scena l’apoteosi, il climax: l’abito finale, quello che hanno faticato a creare. Le nuove generazioni di sarte saranno determinanti.  E’ di grande impatto. Una notte magica d’amore per il lavoro per realizzarlo. Tutto rosso. Dentro c’è una Kasia Smutniak bella e brava. 

Il film insegna anche a osare: le attitudini di una persona, anche se represse, prima o poi vengono a galla.   

Il regista dedica il film a tre diamanti del cinema: Mariangela Melato, Virna Lisi e Monica Vitti oltre a tutte le donne. Grazie!     

Concludo, citando: “Un brindisi a noi, al cinema, al teatro, sempre”.

 

Francesca Codazzi

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seraphinite AcceleratorOptimized by Seraphinite Accelerator
Turns on site high speed to be attractive for people and search engines.