Nella ventennale ricorrenza di una delle peggiori catastrofi naturali documentate, lo tsunami del giorno di Santo Stefano 26 dicembre 2004 nell’Oceano Indiano, ho pensato di ripercorrere l’evento attraverso le testimonianze dei sopravvissuti.
Circa 230 mila furono i morti, compresi i dispersi, un numero imprecisato i feriti, tra Indonesia, Thailandia, Sri Lanka…fino alle coste dell’Africa nord orientale.
Il terremoto da cui tutto partì, si generò al largo della città costiera di Banda Aceh, all’estremità nord occidentale dell’isola di Sumatra. Durò 8 lunghissimi minuti, ma le vittime furono attribuite a 2 onde di maremoto che arrivarono 38 minuti dopo. Decine di migliaia i morti in città. L’onda poi proseguì la sua corsa mortale nei Paesi circostanti.
Il terremoto fu classificato di magnitudo 9.1 Richter, di una potenza ben superiore a quella della bomba atomica di Hiroshima. Il terzo per intensità della storia recente, come quello del Giappone del 2011, dopo quello di Valdivia in Cile del 1960, di magnitudo 9.5, il primo, e quello del 1964, magnitudo 9.2 in Alaska, il secondo.
Il terremoto cileno produsse onde di maremoto alte fino a 25 metri, colpì 24 Stati compresa la lontana Russia, ma furono registrati solo 1655 morti. Quello che è ritenuto invece il terremoto più catastrofico, avvenuto in Cina nella provincia di Shaanxi nel 1556, fece oltre 830 mila morti, ma aveva una magnitudo più bassa, tra 8.0 e 8.3,
Le ragioni di una tale spropositata differente gravità tra i diversi eventi, meritano però una trattazione a parte.
“Non voglio più tornare a Parigi”, disse Veronique a Farid. “Si sa mai cosa può succedere” rispose lui. Poco ci mancò che a Parigi non tornassero veramente. Erano sbarcati alle Phi Phi Islands il 24 dicembre. Si stavano godendo la vacanza, neppure per un’istante immaginavano il cataclisma che da lì a poco si sarebbe materializzato.
La “beata incoscienza” è una condizione di tanti turisti in vacanza. Eppure la “natura” dei luoghi non muta con il loro arrivo: ora dormiente, ora tragicamente esplosiva.
Eppoi per Natale. Come pensare che la natura si scateni proprio sotto le Feste? Ma essa non tiene conto delle nostre tradizioni.
Cessato il terremoto, disse Cud Pouteri, a Banda Aceh “nessuno era più preoccupato”, e tanti si riversarono in spiaggia. Ma come possibile per gente abituata a vivere da tempi ancestrali in quei luoghi altamente sismici? Non avevano ancora imparato che bisogna stare lontani dal mare dopo un terremoto?
Beata o maledetta incoscienza? Mezz’ora dopo, l’onda li portò via tutti.
“La gente chiedeva aiuto”, disse Cud, ma dall’alto del secondo piano della casa grazie a cui lei e la sua famiglia si erano salvati, mentre l’onda spaventosa entrava in città distruggendo tutto, “nulla potevano fare”, ma solo “affidarsi a Dio”.
“Ma Dio non rispose”, ed il senso di impotenza che ne derivava, acuiva la rabbia e fa venire alla mente quel vissuto di abbandono che Gesù gridò dalla croce. Impotenza rispetto all’immane forza della natura, che ti fa sentire molto “piccola”, disse poi Veronique.
Il conflitto con la fede che si esaspera di fronte alle grandi prove della vita; eppure fu proprio la Grande Moschea uno dei pochi edifici rimasti intatti, e dove si salvarono diverse persone.
Anche la francese Patrice Diochet, dalla camera del secondo piano all’Hotel Sofitel di Khao Lak,
ove all’insaputa di tutto era appena rientrata con la famiglia dalla spiaggia, 5 minuti prima che si scatenasse l’inferno, disse alle figlie che non rimaneva loro che pregare, mentre l’acqua traditrice saliva dopo aver sommerso anche il primo piano e il suo patrimonio di vite umane. L’acqua “si fermò esattamente sul bordo” del secondo e i Diochet furono salvi. E pensare che Patrice s’era lamentata perché voleva una camera a piano terra, ma li mandarono al secondo!
Nonostante le preghiere e la posizione elevata, Cud non si sentiva al sicuro. “Pensavo fosse il mio ultimo giorno, la mia ultima ora” perchè quel “rombo inquietante”, la prima onda, trascinava via tutto, anche le case. La seconda onda fu poi ancor più insidiosa perchè arrivò lenta e bassa, ma poi rapidamente si ingrossò penetrando veloce nell’entroterra fino a 5 km e rivelandosi la più letale.
Farid passò una brutta notte di Natale. Fu risvegliato da uno strano fenomeno, come la sensazione di qualcosa che frullasse. Veronique non sentì nulla, ma Farid non fu l’unico ad avvertire le “convulsioni” del pianeta. Alle 6 del mattino gli elefanti cominciarono a “strombazzare” e a piangere, ad agitarsi al punto da spezzare le catene e correre verso la collina, mentre il mahout nulla capiva e cercava di fermarli.
Grazie a loro, nell’inseguirli, si salvò la vita.
La francese Sandra dall’alto dell’imbarcazione che era appena attraccata a Phuket, e da cui non era ancora scesa, notò che tutti i pesci si allontanavano rapidamente dalla riva, mentre turisti ignari e felici scendevano sull’isola. Poco dopo l’imbarcazione ripartì, con sua grande sorpresa, perché il capitano s’era reso conto che il livello dell’acqua si stava abbassando, fatto anomalo e preoccupante che in primis poteva far incagliare la barca. Questa manovra le salvò la vita.
I pesci, gli elefanti.
Si dice che gli animali abbiano un sesto senso nel prevedere i fenomeni naturali, ma la riflessione m’ha portato a considerare che la natura ha dotato tutte le creature, uomo compreso, della capacità di percepire i pericoli, con la differenza che rispetto agli animali, fatti i debiti distinguo fisiologici,
la cd civilizzazione questa facoltà nell’uomo l’ha ampiamente distratta, inibita, o addirittura abolita (pensiamo all’intelligenza artificiale).
La vacanza stessa (e solo l’uomo va in vacanza di sua spontanea volontà tra le specie viventi), vissuta come un momento di smarrimento, di abbassamento delle difese, è una grande distrazione di massa e infatti tanti turisti erano morti perché fortemente immersi nello shopping delle vie, nell’atmosfera di festa, di relax, mentre pesci ed elefanti rimanevano permeati dalla natura, per cui il loro istinto di autoconservazione ne risultava avvantaggiato.
Ed in effetti fu un uomo molto attento al comportamento della natura come gli animali, a salvare la vita a Sandra: il capitano della nave.
In tante spiagge il mare si ritirò prima dello tsunami anche di 700 metri, ma quasi nessuno se ne curò. Quando l’acqua cominciò a tornare, poco prima dell’onda fatale, qualcuno come gli svedesi Kalè e Sara cominciarono a svegliarsi dall’intorpidimento mentale, e realizzarono che qualcosa di gravemente anomalo stava succedendo, sentendosi le gambe strizzate dall’acqua come panni. Allora, passati rapidamente dal divertimento per quell’acqua burlona che si nascondeva, al terrore per la stessa che ricompariva sinistra, cominciarono a correre verso la camera dell’hotel che si trovava al secondo piano, salvandosi appena in tempo.
Farid e Veronique fecero la stessa cosa, anzi sfidarono l’impossibile: superare un alto muro cinto dal filo spinato, per rifugiarsi in collina.
Ma per tanti altri fu la fine. Ammaliati dallo spettacolo dell’onda che arrivava o pietrificati dal terrore come di fronte a Medusa, non si mossero o lo fecero troppo tardi.
Analogamente a Farid, anche Marie ebbe un sesto senso inconsapevole, cioè non collegato direttamente alla tragedia in corso, a differenza degli animali.
Eric era abituato tutti i giorni a fare immersioni in apnea, perciò quel giorno doveva morire ma Marie gli disse perentoriamente di non andare, bensì di salire con lei in montagna, assolutamente. Non gli spiegò il motivo. Dovevano andarci punto e basta. E così fecero. Grazie a Marie, al “suo istinto femminile” come lo definì Eric, egli ebbe salva la vita.
A conclusione di questa prima parte, possiamo dire che quelle persone si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato?
Per molte si, eppure alcune di loro si salvarono, altre no. Ed è sulle ragioni di questi diversi destini che è utile indagare.
Ci fu chi, come la famiglia Diochet, si salvò per una serie di fortunate coincidenze, o perchè miracolati grazie alle loro preghiere? Non possiamo dimostrare questa seconda evenienza. Chi, come Eric, per un’incomprensibile decisione, quella di Marie, che stravolgeva i suoi ordinari programmi. Una premonizione? Ma esistono le premonizioni?
Ma ci fu soprattutto chi,come Sara e Kalè, come Veronique e Farid, come Sandra e il mahout, per aver saputo cogliere, o chi per loro animali compresi,i segnali della natura appena in tempo, prima che quel mostro marino si scatenasse sulla terra.
Stefano Araldi
Prima parte
5 risposte
Anche RaiTre, sabato scorso, nella trasmissione di Tozzi ha ricordato il catastrofico avvenimento. È stato estremamente interessante ed esplicativo. Grazie dott. Araldi per aver ricordato quel terribile S.Stefano.
Capisco ora perché mia sorella mi sollecitava con impellenza, prima delle mie vacanze natalizie, a prendere visione dell’articolo del dottore.
In questa dissertazione di interessantissime testimonianze infatti, con consueta e puntuale analisi, Araldi, ci conduce ad una riflessione profonda, in cui la natura, ancora una volta, dimostra la sua assoluta superiorità. Si placa così ogni presunzione di onnipotenza dell’uomo che nonostante le avanzate conquiste tecnologiche e informatiche, dovrebbe sempre riconoscersi, con umiltà, parte di un tutto imperscrutabile.
E naturalmente colgo l’occasione per augurare buon onomastico al dottor Stefano Araldi.
Ricordo le immagini terribili che arrivavano da questo disastro naturale e i racconti dei sopravvissuti.
Forse davvero, come scrive l’autore dell’articolo, l’uomo ha dimenticato i segnali della natura e la capacità di farne tesoro per la propria sopravvivenza.
Bisognerebbe ritornare alle origini fidandosi della natura. Chissà se il rapporto tra l’uomo e il mondo naturale andrebbe meglio?
L’articolo descrive in tutta la sua drammaticità, attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, lo tsunami del 26 dicembre 2004: una tragedia come precisa l’autore nel titolo da non dimenticare.
Ricordo perfettamente le terribili immagini di distruzione che aveva provocato e anch’io ritengo che l’uomo non sappia più leggere i segnali della natura, talvolta premonitori di eventi spaventosi e terribili.
In questi giorni non sono mancate, da parte dei mass media, le ricostruzioni del catastrofico evento dello tsunami del 2004.
Si è trattato, però, di narrazioni condotte principalmente in chiave di cronaca. Lei, invece, dottor Araldi, affronta l’argomento con quella sensibilità che la contraddistingue. Racconta le toccanti testimonianze dei sopravvissuti, analizza le diverse modalità di reazione dell’uomo di fronte alla tragedia: casuali, superficiali, consapevoli… Poi passa alla riflessione su temi importanti come quello del conflitto dell’uomo con la fede nel momento dell’impotenza… E, da ultimo, apre a una serie di interrogativi di non facile risposta. Ad una conclusione, però, possiamo e dobbiamo arrivare: quella di liberarci delle nostre presunzioni, per recuperare il vero senso di umiltà, che consiste nel riconoscerci semplicemente per quello che siamo!.
Grazie dottor Araldi! Attendo di leggere la seconda parte.