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Tra poli logistici e autostrada, limitare il consumo di suolo resta una chimera

9 Febbraio 2025

«Riteniamo fondamentale affrontare il tema del consumo di suolo, una questione cruciale che vede la nostra regione detenere il triste primato in Italia». L’affermazione a pagina 25 del documento programmatico Oltre il presente, del neosegretario provinciale del Pd, Michele Bellini, è chiara e precisa. Assertiva e tosta. Apprezzabile e lodevole. Lascia poco spazio a tentennamenti e interpretazioni.  Scelta di campo netta e responsabile, è ventata di aria nuova. Fresca e frizzante. 

Non c’è trippa per gatti. Per cattedrali di cemento. Per giganteschi parallelepipedi. Per strade superflue.

Non c’è posto per gli Attila del nostro tempo.  Per il re degli Unni. Per Flagello di Dio.  Per il cattivissimo barbaro delle maestre del secolo scorso: «dove lui passava non cresceva più l’erba». 

Non c’è tolleranza per i lanzichenecchi che depredano il terreno agricolo e costruiscono supermercati e depositi per la logistica.  No pasaran. Bellini, come la pasionaria Dolores Ibarruri.

Poi, però la questione si complica.  

«Questo argomento – precisa Bellini – richiede serietà e intelligenza, in linea con il Green Deal europeo, che prevede l’obiettivo di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050. In concreto, ciò significa adottare un approccio che assegni priorità e urgenza agli interventi in base alla loro rilevanza strategica e al loro impatto sul territorio» (pagina 27).  D’acchito il ragionamento appare corretto, non dogmatico. Non radicale.  Ad una lettura più attenta risulta un po’ meno lineare e coerente. 

Il problema è legato al valore assegnato alla rilevanza strategica e all’impatto sul territorio, due parametri che determinano la priorità e l’urgenza.

Questa attribuzione di caratura diversa è dirimente. È la discriminante su cui si basa la scelta. Lo spartiacque che decide se promuovere o bocciare l’insediamento. Nella maggior parte dei casi la rilevanza strategica è legata all’economia, al trasporto merci, alla possibilità di insediamenti produttivi.  Alle variabili inerenti allo sviluppo. Alle esigenze degli stakeholder. Essa gode di una notevole e giustificata importanza.

La scelta strategica, appunto perché tale, definisce il futuro del territorio. È oltre il presente, come, in modo encomiabile, propone il programma di Bellini. 

La scelta strategica va forte nei territori in cui i portatori d’interesse condizionano in modo invadente e pervasivo le decisioni politiche. Annovera tra i suoi alleati il neoliberismo imperante e l’inconsistenza dei partiti.  Un aiuto lo riceve anche dai primi segnali di insofferenza verso il Green Deal.  E non è da sottovalutare la potenza economica dei suoi sostenitori, che possono pagare campagne mediatiche per acquisire consenso per i loro progetti.

La scelta strategica non va al massimo, ma comunque a gonfie vele, là dove lavorano politici e pubblici amministratori meno malleabili.  Più autonomi, anche senza assomigliare al Mr. Smith di Frank Capra.  

Non sempre le scelte strategiche coincidono con il bene comune, che non corrisponde a quello millantato da alcuni politici di casa nostra. Che non è quello delle multiutility, società a maggioranza pubblica, ma gestite con i metodi del business del profitto estremo. Con la smania di distribuire dividendi ai soci.  Con la voracità dei fondi di investimento. 

Le scelte strategiche non sono la costruzione di infrastrutture in un’area piuttosto che in un’altra, per meschini calcoli di consenso elettorale.

L’altro parametro, l’impatto sul territorio, benché zavorrato dal pregiudizio, che lo vuole per postulato più legato all’ideologia, conta anch’esso parecchio e custodisce numerose frecce nella faretra. Paga lo scotto di non avere ogni volta gli stakeholder dalla propria parte. Di non offrire un ritorno immediato e molto remunerativo dell’investimento.  Cede alla seduzione delle compensazioni ambientali tozzo di pane o poco più, che permettono operazioni borderline.  Specchietti per le allodole. Sirene che incantano i marinai.

In questo contesto assegnare «priorità e urgenza agli interventi in base alla loro rilevanza strategica e al loro impatto sul territorio» è tutt’altro che semplice e il rischio di valutazioni discordanti e in alcuni casi contrapposte non è raro. 

È una questione di costi e benefici, di come si calcolano i primi e si considerano i secondi.

Per esempio, per Bellini, di interesse strategico sono «il raddoppio ferroviario della linea Mantova-Milano o la realizzazione di un collegamento veloce tra Cremona e Mantova» (pagina 27).

Se per la ferrovia nessuno obietta, sull’autostrada i pareri divergenti sono numerosi. Dissenso, che però non intacca la sicurezza assoluta e cieca, da pasdaran, del segretario piddino sulla bontà dell’infrastruttura. Fede, che gli fa scrivere: «Continueremo a impegnarci affinché sia presa una decisione dalla Regione sull’urgenza di un collegamento veloce tra Cremona e Mantova: l’infrastruttura si inserisce all’interno della dorsale strategica Milano-Cremona-Mantova-Brennero-Adriatico, un asse fondamentale per il collegamento e lo sviluppo economico del territorio».

Nessuno discute sull’utilità di questa autostrada per i cittadini. Resta l’incertezza sull’assoluta necessità dell’opera. Di certo, rappresenta la soluzione ideale per gli stakeholder, soprattutto per quelli che impiegano i mezzi pesanti su gomma per il trasporto della merce.

Un ulteriore elemento di riflessione è «la proliferazione di infrastrutture logistiche, che rappresentano una delle principali cause di consumo di suolo negli ultimi anni». Tema sul quale «il gruppo regionale del Partito Democratico sta svolgendo un lavoro importante» (pagina 27).

Nulla da ridire su questo impegno in Regione, ma a Cremona il Pd nulla ha potuto fare per bloccare il Polo logistico di San Felice: novantamila metri quadri, in un’area di 300 mila metri quadri complessivi sulla via Mantova.

 «Porterebbe sì circa 500 nuovi posti di lavoro ma anche 1.600 movimenti giornalieri di mezzi pesanti, tra ingressi ed uscite su via Mantova, oltre a 160 passaggi di automezzi di stazza media e a 568 spostamenti di veicoli leggeri utilizzati dagli addetti ai lavori» (Cremonasera, 7 febbraio).

Il polo logistico di San Felice è di rilevanza strategica per il futuro del capoluogo? Qual è il suo impatto sull’ambiente? Il rapporto costi/benefici giustifica la sua presenza in città? 

Se la disastrosa qualità dell’aria di Cremona annovera tra le cause principali l’intenso traffico veicolare (pagina 26), l’insediamento di una struttura logistica a tutt’oggi non figura tra le contromisure consigliate dai tecnici e dal buon senso per contrastarla.

Non è una ventata di aria nuova. Fresca e frizzante come aveva fatto sperare una prima lettura di Oltre il presente. Già, il presente continua. Forse in maniera peggiore. Resta sempre la speranza.  Mai dire mai.

 

Antonio Grassi

 

3 risposte

  1. Che cosa possiamo aspettarci di nuovo e di diverso dal ventriloquo? Il PD è orgogliosamente fermo sulle sue posizioni che sono interessanti per gli stakeholders ( continuiamo a chiamarli così) ma per i cittadini restano quelle di sempre: inquinamento a go go, zitti e muti. Quanti cremonesi trarranno beneficio dalla comunicazione autostradale? Chi ha bisogno di percorrere su gomma ( inquinando) un’autostrada che porti verso l’Adriatico, il Brennero e la Sardegna? Però, Grassi, gli altri partiti che dicono? Sono appiattiti pure loro? È tanto bravo a ricostruire fatti e vicende, perché batte sempre e solo sul PD?

  2. In AEM tempo fa avevamo come progetto, rimasto poi nel cassetto, di dedicare un’area di medie dimensioni come centro servizi per gli autotrasportatori che includesse anche un cosiddetto “punto rottura” per suddividere il traffico merci diretto al centro e ai comuni di cintura su mezzi di piccola portata e ad alimentazione a basse emissioni, evitando che i mezzi di grosso tonnellaggio entrassero nel centro. Non se ne fece niente.
    E adesso spunta il maxi centro logistico

  3. La realizzazione dell’autostrada CR-MN è un progetto ampiamente superato per i seguenti motivi:
    – il traffico giornaliero sulla ss10 è di solo di 9000 veicoli contro i 35.000 necessari per sostenere un ritorno economico e la sua stessa gestione economica.
    – il raddoppio della ferrovia sicuramente ridurrà il traffico pesante.
    – il trasporto su gomma si sta rivelando un boomerang per le economie occidentali poiché il loro costo, sempre più in aumento, incide pesantemente sul costo dei beni di consumo (10%} e ci rende sempre meno competitivi rispetto le merci d’importazione.
    – i lavoratori che si devono muovere per raggiungere il loro posto di lavoro sicuramente non useranno l’autostrada, per gli elevati costi pedaggio ( mediamente 150/200€ mese).
    – il consumo di suolo e i costi di gestione verosimilmente non contribuiranno alla riduzione del peso fiscale che dovrà sostenere la comunità.
    – il paesaggio verrà sconvolto dagli innumerevoli cavalcavia e svincoli con conseguente aggravio dei costi che dovranno sostenere gli agricoltori.
    Conseguentemente la soluzione più razionale è sempre la stessa: il raddoppio della ss10 infinitamente meno costosa ( ma forse per questo osteggiata da molti) .
    L’obiezione che non si può attraversare Cicognolo, e Ospitatetto è patetica a dir poco, infatti basta percorrere la pedemontana dove il percorso intelligentemente in trincea per avere le intersezioni con altre strade è a raso del piano agricolo.
    In questo modo si evitano gli impattanti cavalcavia in prossimità dei centri abitati come Gorla che la attraversa sotto terra.
    Anche la ss36 dopo Monza attraversa sotto terra per 5/6 km la città di Desio.
    Quindi le soluzioni tecniche esistono da tempo.
    Il vero problema che chi prende certe decisioni non vede o non vuol vedere oltre i 5/10 anni.
    Il concetto di trasporto su gomma di persone e merci è paragonabile a quello con i cavalli nei primi anni del 1900: è destinato a diminuire.
    Tra 20/30 anni le merci necessariamente si sposteranno SOLO su acqua e ferrovia, e su gomma solo negli ultimi 50 km oltre con droni. Le persone useranno sempre più il treno e metropolitane. Già ora molti giovani non prendono la patente complice il fatto che i rapporti interpersonali viaggiano sempre più sul web…. Un tempo il motorino era indispensabile per incontrare e rapportarsi con i propri coetanei e con i parenti soprattutto per chi non abitava in città, ora non più.

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