Emanuel Macron pare deciso a non arrendersi a Putin. Il presidente francese ha fatto del sostegno all’Ucraina una vera e propria bandiera della sua presidenza, anche ora che la politica USA va in tutt’altra direzione. Macron pare deciso a emettere delle sanzioni contro la Russia e a imporre a tutta la UE una linea di fermezza anti Putin e in totale indipendenza dagli USA. E ha trovato degli inaspettati alleati anche nei britannici, anche loro favorevoli alla medesima linea.
Sia i britannici che i francesi paiono non essersi accorti che c’è un nuovo presidente negli USA e che la linea di politica estera americana è radicalmente cambiata, o forse proprio per questo motivo rilanciano contro Putin per dimostrare che l’appoggio all’Ucraina fu una scelta autonoma e non imposta dai Democratici americani, cosa che peraltro è piuttosto difficile da credere, ma tant’è.
Se è vero che i britannici e i francesi condividono il.medesimo complesso, quello degli ex dominatori del mondo che faticano ad arrendersi all’idea che oramai contano ben poco, c’è tra loro una differenza sostanziale. Mentre gli inglesi dipendono in gran parte da decenni “dallo stare attaccati alla mammella americana“ come diceva bene Le Carré in un suo libro e quindi ben poco durerà la loro vanità, i francesi hanno un fattore che pesa realmente sulle loro posizioni anti americane, ed è l’ombra del generale De Gaulle.
Negli ultimi anni della sua presidenza, De Gaulle si eresse a vero e proprio paladino della indipendenza dell’Europa dagli USA, arrivando perfino a degli eccessi al limite della imprudenza, quando intraprese una serie di viaggi in Sudamerica inneggiando alla indipendenza dagli USA e venendo accolto come un liberatore Rischiò addirittura di scatenare una rivolta dei canadesi francofoni contro quelli anglofoni quando visitò il Québec. Inutile immaginare quanto fece imbestialire gli americani e quanto mise in imbarazzo gli altri alleati europei, al punto che alcuni si spinsero a dire che fosse impazzito. Ma quello che spingeva De Gaulle ben oltre il ragionevole non era la follia ma la Grandeur, quel misto di vanità e ambizione e altissima considerazione di sé che è il.vero DNA dei nostri cugini d’Oltralpe, e che non abbandona nemmeno un Macron che naviga in pessime acque da mesi e che governa una Francia più vicina allo stremo che alla gloria.
Le differenze tra i due sono però piuttosto evidenti: De Gaulle era stato la bandiera della Resistenza francese contro i nazisti, e anche se non fu un leader di peso mondiale come Roosevelt, Churchill o Stalin, ebbe un ruolo fondamentale nel ridare identità unità e orgoglio a una Francia che usciva devastata e divisa dalle due guerre mondiali, dal collaborazionismo di Vichy e dalla perdita delle sue ricchissime colonie in mezzo mondo. In ciò, a differenza di Macron, De Gaulle riuscì decisamente.
C’è però qualcosa che i due rischiano di avere in comune, e per Macron non sarebbe di certo cosa buona. La dedizione di De Gaulle alla politica estera, alla Grandeur e alla costruzione del proprio mito portò il Generale a trascurare la politica interna, delegata in toto al primo ministro Pompidou. Scoppiò il ’68 e non solo De Gaulle non se ne accorse, ma ne venne travolto fino alle dimissioni e al ritiro definitivo nella campagna di Colombey les Deux Eglise.
Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di Archivistica all’Università degli studi di Milano