Tessuto sociale e commerciale lacerato e immigrazione: Cremona si sveglia insicura

3 Marzo 2025

GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI

Magari bastasse fare cadere qualche testa per rimettere le cose a posto e fermare la scia di sangue che allarma Cremona. La testa più gettonata risulta al momento quella dell’assessore Santo Canale. Ma temo che il problema non sia riuscire a ‘cambiare canale’ bensì, per restare in metafora televisiva, riuscire a ‘cambiare programma’. E la vedo dura. Partiamo dall’ovvio. Quand’anche qualche inadeguato venga rimosso, la comunità non s’illuda di essere approdata a più sicuri lidi. Il capitolo più impegnativo e divisivo è di là da venire. E non è detto che verrà. L’ inatteso Far west all’ombra del torrazzo ha ovviamente concentrato l’ attenzione collettiva sui singoli episodi di violenza. Ha cioè mobilitato l’emotività sui fatti specifici ma non ha mobilitato in egual misura volontà analitica sul retrostante sistema che sta a monte dei più clamorosi incidenti di percorso.

Lo scarto fra quel che a occhio nudo emerge a valle e quel che invece si cela a monte è il cruciale snodo critico su cui si giocherà la reale buona volontà di una classe dirigente che non può continuare a eludere l’evidenza. E alludo all’usurata pratica di ribaltare le responsabilità su una comunità locale che, non sapendo o non volendo integrare, crea le premesse di derive violente. Vero è piuttosto che nei fatti recenti si assommano una quantità di fallimenti ascrivibili a classi dirigenti che, da tempo trasferite su Marte, operano in funzione di modelli astrattamente perfetti e concretamente rovinosi.

Un primo fallimento riguarda le mutilazioni via via impresse alla fisionomia cittadina. Il nucleo storico è stato privato della linfa vitale garantita dal commercio di vicinato che non solo offriva a portata di mano quel che ormai va cercato nella cintura extraurbana dei centri commerciali ma presidiava il territorio tenendolo illuminato, frequentato, attraente e rassicurante. Solo ora, a disastri conclamati, si chiede ai commercianti “cosa possiamo fare per aiutarvi”. Domanda tardiva dopo avergli fatto per decenni terra bruciata intorno, moltiplicando concessioni ai grandi insediamenti commerciali, ingolositi dal piatto di lenticchie dei conseguenti oneri di urbanizzazione. Oggi un centro storico buio e spopolato comunica l’immediata sensazione visiva che all’avanzata di tracotanti bande che puntano al controllo del territorio corrisponda l’arretramento delle precedenti frequentazioni. Ogni vuoto è destinato a venire riempito. E al bonario profilo di gastronomie, mercerie o pelletterie si sostituiscono, con ben altre incognite diurne e notturne, i kebab e gli h24. E intanto, grazie a qualche scrivano di corte addetto a convertire lacrime di coccodrillo in lapidarie promesse di legalità e sicurezza, maggioranza e opposizione navigano a vista illudendosi di placare le proteste e tamponare l’emergenza. Mesi di amletico travaglio prima di varare il famoso Daspo.

“Daspo o non Daspo? Questo è il problema”. Il vero problema è che l’intera costruzione propagandistica della ‘smart city’ intelligente, moderna e attenta ai deboli, si rivela per quel che è: aria fritta sia pur abilmente speziata. La famosa città attenta ai deboli è stata talmente ben pensata che molti anziani rifiutano il ricovero ospedaliero per non trovarsi al ritorno la casa occupata, che ormai disertano i parchi pubblici, che per la spesa quotidiana non sanno a che santo votarsi. Sono stati desertificati tutti i consuetudinari ambiti in cui le solitudini individuali trovavano sollievo nella vita di relazione. Attila non avrebbe saputo far meglio.

Ma passo ora, dalle sintetiche constatazioni, alla grande domanda. Sono realisticamente prevedibili, oltre che auspicabili, più efficaci sinergie fra apparati di sicurezza e amministrazione comunale in vista di una città più vivibile? La domanda coinvolge il gigantesco tema dell’ immigrazione e dei sistemi di accoglienza. I cremonesi, gente tranquilla, lievemente scettica,
non particolarmente interessata ad apprendere le tecniche della guerriglia urbana, vorrebbero vivere in pace. Ma sulla strada di questa legittima aspirazione, irrealizzabile senza significativi ripensamenti in materia di accoglienza, si para un notevole ostacolo. E questo ostacolo riguarda nientemeno che la composizione sociale del famoso ‘zoccolo duro’ in cui il Partito democratico, inamovibile asse del governo locale, pesca il suo attuale elettorato. Un bacino che negli ultimi anni ha compensato le fughe del tradizionale elettorato coi consensi provenienti dal complesso sistema che gravita e vive sull’ immigrazione, più o meno legittimamente puntando alle risorse messe a disposizione da  Comuni, Regioni e governo centrale. Un’articolata struttura che comprende la potente filiera delle cooperative, le innumerevoli figure di affidatari, tutori, educatori, case famiglia e molto altro. Non tutto, specie in relazione al delicatissimo e costosissimo capitolo dei minori non accompagnati, che sta dissanguando le casse comunali, appare chiaro e convincente come dovrebbe. Qualche dubbio riguardo alla tenuta stagna dei sistemi di protezione e alla sorte di alcuni minorenni o presunti tali è oggetto di imbarazzanti ipotesi. Le mine e le insidie sono infinite anche per l’inevitabile contiguità di tante situazioni col sistema criminale che, dopo averli traghettati da noi, presenta il conto. Riscatto che questi disperati saldano come possono per lo più diventando manovalanza del malaffare.

Al netto del dovere di solidarietà che nessuno nega, purché compatibile con la sopportabilità economica e sociale, i costi del capitolo immigrazione sono in ogni senso pesanti. A sua volta lo sviluppo di un sotterraneo e brutale sistema di nuovi schiavi, non giuridici ma di fatto, è destinato a generare un sottobosco sociale dalle esplosive potenzialità conflittuali.

E con questo i fallimenti sono tre: ambiente, modello urbano, sicurezza. Ma non sarò tanto ingenerosa da negare che almeno una promessa è stata mantenuta. Volevano “ringiovanire” Cremona. A giudicare dall’età media delle baby gang direi che ci sono riusciti. Fin troppo.

 

Ada Ferrari

5 risposte

  1. Ciao Ada ciao Vittoriano,
    l’errore, secondo me, è paradossalmente quello di guardare agli errori o alle mancanze che ci hanno portato a vivere una situazione – nel mio microcosmo, ovviamente – che nulla ha da spartire con i pressuposti del vivere a Cremona. Ciò a cui dovremo prestare attenzione è proprio il contrario, ovvero quali saranno le scelte e cosa verrà fatto per ovviare a ciò che vediamo ogni giorno. Questo mi fa veramente paura, perché nasce da un concetto ben differente e ormai radicato; come potremo affrontare il futuro e questi cambiamenti (da alcuni auspicati e apprezzati) con gli strumenti e le persone di cui disponiamo? Non saprei, di certo non con i presupposti odierni, troppo deboli, di certo non aspettando che passi un “nuovo e più performante treno”, in pratica ciò che è stato fatto negli ultimi anni con i risultati che vediamo. Alle base dovrebbe esserci il concetto di attenzione verso i cittadini, su quel concetto si potrebbe costruire qualcosa che possa avere un valore per affrontare questi – ormai da lustri – tempi bui. Saluti

  2. La descrizione calza a pennello, ma purtroppo non e valida solo per Cremona. Non sentite i TG e i GR? Parlano ovviamente dei casi più eclatanti, ma tutti i giorni ce n’è almeno uno. La situazione è generalizzata e stiamo arrivando anche da noi al livello delle altre città. Certo, avessimo potuto contare su sindaci più autorevoli e con le idee più chiare, forse i cittadini si sarebbero potuti sentire maggiormente protetti. Non è infatti dall’oggi al domani che siamo piombati nel caos. Invece di andare tutti quanti a braccetto alle cene delle società canottieri, politici nostrani e istituzioni statali, avrebbero combattere e non minimizzare. Ma non ci sono persone che lo vogliano fare, o forse c’è qualcuno che conta più di loro. È davvero una vergogna.

  3. Qualche proposta? So che non è compito di giornalisti ed esperti come lei, ma pare che tutti brancolino nel buio, quindi un parere penso possa essere ben accetto. Anche perché mi pare che un blog come questo in cui ci si possa esprimere liberamente possa costituire un buon banco di confronto. Ho letto che qualcuno invoca la “cultura” per superare la situazione. Iniziamo da lì: che si metta a disposizione come volontario chi è in grado di fare cultura. Con la musica, il cinema, il teatro, con quello che può interessare i giovani. La butto lì, chiedendo a chi ne sa di più come coinvolgere ragazzi che non hanno voglia di essere coinvolti. Ma le regole vanno rispettate, senza se e senza ma. Con il buonismo da una parte e l’atteggiamento di superiorità dall’altra le istituzioni e i nostri sindaci ci hanno portati qui. È venuto il momento di ascoltare i cittadini.

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