Baby gang, capire il fenomeno per imparare a contrastarlo

13 Aprile 2025

Venerdì 11 aprile alle ore 17.30 a Spazio Comune si è svolta la conferenza sul tema “Devianza giovanile, il problema delle Baby Gang”, organizzato dal presidente UNUCI (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia) Sezione Cremona il capitano Antonino Di Mora con relatrice la criminologa, psicologa e docente universitaria  Susanna Petrassi. “Il fenomeno – ha spiegato Petrassi – sta allarmando molto anche perché Cremona è una città piccola e tranquilla. Una città che ho visitato ieri sera e che proprio non mi ha dato l’impressione che col passare delle ore si sarebbero scatenati atti contrari all’ordine sociale”.

Il fenomeno delle baby gang spaventa, appartiene a tutta l’Italia, rappresenta l’evoluzione del bullismo, un’evoluzione in negativo, purtroppo. Mentre il bullismo ha delle rivendicazioni esogene nella scuola, per esempio, contro gli stessi coetanei, nelle baby gang ci si rivolge spesso contro coetanei che non si conoscono e che vengono rapinati o accoltellati.

L’errore più grande che si possa fare è ignorare il fenomeno o minimizzarlo. La stessa polizia di Stato si sta avvalendo di psicologi e criminologi come la dottoressa Petrassi per capirne il meccanismo e porre rimedio.

L’evoluzione della bravata, dello scherzo che nasce senza l’intenzione di ferire, occasionale, con il solo scopo di divertire, si trasforma in persecuzione verso il più debole. Da semplice bullismo diventa un vero e proprio crimine, con lo scopo di ferire, che si protrae nel tempo, lasciando spesso cicatrici indelebili nelle vittime.

Il bullo fa seguaci, diventa branco, spesso coinvolgendo ragazzini molto giovani lasciati a se stessi a causa di genitori assenti o problematici a loro volta. Viviamo in una era tecnologica in continua evoluzione, ma progresso e umanità non vanno sempre di pari passo, anzi talvolta sono inversamente proporzionali.

Spesso in un’epoca dove sembra essere tutto a portata di mano, si cresce senza dei sani “no” educativi, vuoi per mancanza di tempo da dedicare ai più piccoli, vuoi per le nefaste influenze dei mass media e soprattutto dei social nei quali non si riesce a vagliare e selezionare le informazioni adatte a ragazzi in fase di sviluppo. Ci si trova spesso a intervenire troppo in ritardo, quando il minore ha già preso come modelli influencers senza scrupoli o artisti che utilizzano la musica di strada (ad esempio il rap) per incitare a una ribellione e a una violenza ingiustificabili.

Uno dei motivi che fa scattare le azioni delinquenziali è sostanzialmente “l’invidia”, un’invidia sociale, materiale, che trasforma il desiderio di possesso di oggetti, ma anche di persone, in una assoluta brama di raggiungere l’obbiettivo a qualunque costo.

Il fatto poi che ormai sempre più frequentemente si tratta di minorenni, e oggi purtroppo c’è sempre meno distinzione che siano maschi o femmine, vanifica spesso il lavoro delle forze dell’ordine chiamate a intervenire. Siamo quindi arrivati in un periodo che si può definire di “semi-emergenza” dove oltre che a sanare il fenomeno avanzato con azioni repressive, bisogna pensare alla prevenzione in collaborazioine con famiglia/scuola/società civile fin dalle prime fasce di età.

Partendo dal presupposto che nessun genitore è perfetto, come non lo è nessun insegnante, bisognerebbe ripensare a un sistema migliore per tutelare i più piccoli da un eccesso di informazioni non adatte, come quelle su certe piattaforme social, un certo tipo di reality, serie tv violente, canzoni con testi che sminuiscono il valore umano, soprattutto incentivando atti di violenza come lo stupro.

Spesso per gli adolescenti lasciati a loro stessi, la vita non ha molto senso, e non distinguono ciò che è giusto da ciò che non lo è. Sarebbe sempre molto importante accompagnare i più giovani nelle loro scelte, ma una “ricetta magica” non esiste. Spesso solo chi ha una grande fede in Dio riesce a dare un motivo a certi accadimenti della vita. Tuttavia bisogna lavorare su una giusta sinergia tra famiglia e scuola/società, altrimenti diventerà troppo tardi e rimarrà solamente la repressione e in casi gravi la carcerazione anche di minorenni.

Tutti noi abbiamo un cervello con una parte che tende all’emulazione (i neuroni specchio) e solo conoscendo e, vivendo l’empatia da chi ci sta accanto, riusciremo a diventare empatici a nostra volta. E’ proprio questa capacità di immedesimarsi in ciò che prova l’altro che può aiutarci a bilanciare quella parte ancestrale di aggressività che abbiamo tutti.

Serve infine lavorare sull’insegnamento, la conoscenza e la consapevolezza dei più giovani di cosa sia la legalità, il lecito, per poi arrivare a suscitare una connessione emotiva e la comprensione reciproca che consente di vedere il mondo con gli occhi dell’altro, magari sviluppando  la capacità di supportare chi è in difficoltà.

La conferenza è stata interessante e condivisibile, anche se ho trovato alcune esagerazioni di fondo, soprattutto nel considerare negativamente i social, gli influencer e soprattutto il genere musicale rap. Credo che ogni cosa di per sé non nasca buona o cattiva, ma è l’utilizzo che si fa della cosa stessa a fare la differenza.

Un coltello può tagliare una torta di compleanno, così come può diventare anche uno strumento di morte. Sta a noi decidere come utilizzarlo.

 

Paola Tacchini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *