Si è aperta venerdì la terza edizione di Cremona Art Week, che si concluderà il prossimo 2 giugno.
La prima edizione ebbe una inaspettata e impressionante eco internazionale grazie alla mirabolante installazione del coccodrillo di Cattelan dentro al battistero della Cattedrale, mossa geniale degli organizzatori che ha sancito un successo immediato e straordinario di una manifestazione del tutto sperimentale in una realtà come quella cremonese. Cattelan è invero però stato delizia ma anche croce della prima Art Week, fagocitando l’interesse di tutti e distogliendo in parte da quello che era il senso profondo della iniziativa.
La seconda edizione, che è sempre la piu difficile, ha certamente sofferto il confronto con la prima: impossibile eguagliare la eco mediatica del coccodrillo, anche se con artisti internazionali del calibro di Talbot e Deller e nonostante lo sforzo degli organizzatori di tenere la barra sulla vera natura della manifestazione che sono i luoghi della città e le loro contaminazioni con gli artisti.
La terza edizione è quasi sempre un punto di non ritorno: è il segno ineluttabile della continuità e l’inizio della periodicità di un evento, il che comporta da lato una certa stabilità e una maggiore conoscenza di problemi e soluzioni, ma anche la sfida di riuscire a tenere lo stesso livello e di attenzione e partecipazione, e di qualità dell’offerta.
Questa terza edizione in particolare ha dovuto affrontare un cambio di Amministrazione politica, che anche se in continuità non garantisce mai gli stessi appoggi a prescindere, e anche un importante cambiamento quasi radicale nello sponsoring.
La prima sfida vinta dagli organizzatori sta anzitutto qui, nell’aver trovato comunque dei nuovi sponsor in grado di sostenere i costi, e il rinnovato appoggio del Comune, grazie soprattutto alla costante presenza dell’assessore Burgazzi, che ne ha compreso il potenziale fin dall’inizio.
La terza edizione, ad avviso di chi scrive, è in verità la migliore, perché ha trovato un ottimo equilibrio tra luoghi, qualità delle opere, bilanciamento mediatico e personalità degli artisti.
Chi come me ha piacevolmente gironzolato per una Cremona sempre più bella e sempre più vivace al punto di essere davvero sorprendente, ha nettamente percepito una chiara serenità di fondo tra opere luoghi e artisti, in una riscoperta della città attraverso l’arte che è la vera cifra di questa iniziativa. Una serenità che il visitatore percepisce con una semplicità rilassante e appagante riscoprendo la città nel percorso ideato con grandissima cura e gusto discreto dagli organizzatori. Nessuna polemica o eccesso di clamore come nella prima, nessuna tensione narrativa né organizzativa come nella seconda, ma una facilità di fondo che è la conferma che Cremona non può più tornare indietro dalla sua Art Week, che è davvero un regalo di Cremona a sé stessa e alla bellezza del suo centro storico.
Tantissimi visitatori in tutte le sedi scelte, italiani e stranieri, ma soprattutto rispetto alle prime due edizioni molti più cremonesi, segno tangibile che la città inizia a vivere come davvero “sua” la Art Week. Piazze, vie, bar e ristoranti pieni di artisti, collezionisti e giornalisti del settore, che hanno pacificamente invaso la città portando con sé la loro eccentricità, il loro entusiasmo e una amalgama di personalità in perfetto equilibrio che non ha a che vedere con la qualità delle opere ma con la personalità degli artisti, frutto di una scelta estremamente ragionata ma anche molto più solida e serena degli organizzatori coordinati da una Rossella Farinotti che ha dimostrato di padroneggiare sempre più la complessità di questa grande messa in scena, e che è uno degli ingredienti più misteriosi ma efficaci dell’arte contemporanea, perché molto più che le opere sono gli artisti a fare la contemporaneità dell’arte e l’arte contemporanea …
Tutto questo non certamente perché siano mancate le difficoltà: solo la installazione monumentale dei Vedovamazzei a porta Mosa è costata ben due anni di programmazione, così come oltre un anno ha richiesto il bellissimo gonfiabile di Marta Pierobon a Palazzo Affaitati. Queste due peraltro, assieme all’intervento di Maximo Gonzales e Ivan Baudener all’ex Ospedale Maggiore, sono senza dubbio ad avviso di chi scrive le tre attrazioni imperdibili della settimana.
Il grande camion rimorchio dei Vedovamazzei che ospita sul tetto un vero e proprio stagno a dimensioni reali di acqua ferma con ninfee, un piccolo molo ed una barchetta ne fanno un’opera davvero iconica del duo italiano, e che porta i suoi 25 anni splendidamente: rarissimo poterla rivedere date le peculiarità realizzative, una emozione davvero unica ed imperdibile per un’opera che ha inventato il green prima che il green esistesse.
Quel meraviglioso tappeto di piatti da cucina raccolti tra i cittadini cremonesi che si raccontano in un video da Gonzales e Baudener, all’interno dello spettrale vecchio Ospedale abbandonato, sono una intuizione estetica e sociale di grandissimo livello, così come la installazione di Monterastelli permette di riscoprire quel piccolo splendido gioiello che è il chiostro/pronao della Chiesa del Foppone, un luogo quasi misterico appeso in un limbo senza tempo.
Un piccolo capolavoro di narrazione della città attraverso gli artisti che segna un punto di non ritorno tra Cremona e la sua Art Week, un impegno per il Comune e il team degli organizzatori a proseguire in continuità e qualità, consapevoli che nel mondo di oggi conta molto più la continuità che la sensazionalità.
Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di Archivistica all’Università degli studi di Milano