Guerre in Ucraina, in Palestina e nel mondo: le epoche cambiano la crudeltà resta, ieri come oggi

25 Settembre 2025

Se, per assurdo, Dante Alighieri (1265-1321) venisse a sapere della distruzione di Gaza, nella sua sensibilità sociale di uomo e di sommo poeta, incomincerebbe con “vituperio delle genti” l’invettiva contro i responsabili di un tale crimine. Se, sempre per assurdo, a Giuseppe Flavio (37-100 d. C.), storico ebreo, venisse comunicato  che a Gaza i morti sono già oltre sessantamila, risponderebbe che nella distruzione di Gerusalemme (70 d. C.) a opera dell’imperatore romano Tito si contarono oltre 1 milione e centomila morti e aggiungerebbe che “chiunque fosse arrivato in quel luogo non avrebbe mai creduto che vi sorgeva una città”. 

Tra le spade scintillanti ovunque, in mezzo al tumulto dei soldati scatenati al saccheggio, tra le fiamme, il sangue e le macerie della città distrutta anche i templi crollavano con fragore sui loro dei. Tale fu la fine di Gerusalemme, “una città ammirata e famosa in tutto il mondo”. Un epilogo annunciato: Gesù Cristo alcuni giorni prima di essere crocifisso aveva predetto alla città la distruzione e la morte di tutti i suoi abitanti, come si legge nel Vangelo di Luca (19-43): “I tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, e ti circonderanno e ti assaliranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli e non lasceranno in te pietra sopra pietra”. 

Se, per assurdo, fosse possibile chiedere a Ciro il Grande notizie su Babilonia, risponderebbe che nel 539 a. C fu lui a distruggere quella importante città. Davanti a questo conquistatore, le mura crollavano sotto i colpi d’ariete e le torri sprofondavano d’un tratto nei cunicoli e nelle gallerie sotterranee. Ai suoi ordini si alzavano bastioni d’assedio per raggiungere i più alti baluardi. Secondo il racconto biblico, Babilonia divenne un luogo “dove non abita alcuno e attraverso cui non passa alcun figlio d’uomo”. Fu conquistata e distrutta in una sola notte. 

Se, ancora per assurdo, fosse possibile chiedere a Marco Porcio Catone, detto il Censore, (234-149 a. C.) cosa pensasse di Cartagine, ripeterebbe l’identico finale di tutti i suoi discorsi in Senato: “Ceterum censeo Carthaginem esse delendam” (“Inoltre ritengo che Cartagine debba essere distrutta”). Cartagine colonia fenicia e dominatrice del Mediterraneo occidentale si scontrò con Roma in tre guerre, alla fine delle quali nel 146 a. C. i legionari romani riuscirono a metterla sotto assedio. Lo scontro si prolungò per giorni, nei quali i pochi abitanti rimasti in vita, insieme a un migliaio di disertori romani, si rifugiarono nel tempio. I Romani lo diedero alle fiamme e Scipione Emiliano (185-129 a.C.) promise salva la vita a chi si fosse arreso e fosse uscito disarmato dall’acropoli. Fu così che molti deposero le armi. Infine Scipione Emiliano abbandonò la città al saccheggio: Cartagine, compresi le mura e il porto, fu rasa al suolo.

E, continuando nell’assurdo, ascoltiamo, ancora riferite dallo storico Giuseppe Flavio, le parole di Scipione Emiliano a proposito della sorte di Numanzia, la città spagnola dei Lusitani, un popolo che occupava la parte occidentale della penisola iberica, ribellatisi a Roma: “Strinsi la città in un durissimo assedio e costrinsi gli assediati alla resa per fame. Per la disperazione si erano nutriti di carne umana. Dopo aver venduto i sopravvissuti, distrussi Numanzia dalle fondamenta” (133 a.C.).

Se l’eroe troiano Enea potesse parlare, racconterebbe come i Greci distrussero la città di Troia. Furono fatti che egli stesso vide e dei quali fu protagonista, come racconta alla regina Didone nel II libro dell’Eneide di Virgilio. Davanti all’enorme cavallo ancora fuori dalle mura, nonostante ci fosse chi esortava a temere i Greci anche quando offrivano doni e chi cercava di convincere a dare alle fiamme l’esiziale dono urlando: “così vi sono noti i Greci?, così conoscete Ulisse?”, fu allargata la porta d’ingresso della città  per poterlo introdurre tra le case con la cavità del ventre piena di soldati in armi. La città di Troia venne distrutta probabilmente nel 1184 a. C. 

Ieri come oggi e oggi come ieri, spesso la crudeltà riaffiora e diventa protagonista delle azioni umane.

 

Sperangelo Bandera

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