“La vita va così”: la Sardegna fra eroismo e incoscienza

17 Novembre 2025

Riccardo Milani si conferma un fuoriclasse nella commedia di impegno civile, già sperimentata con successo nelle pellicole “Come un gatto in tangenziale” e “Un mondo a parte”. La nuova opera “La vita va così” mette in scena la resistenza di un vecchio pastore, Efisio Mulas, alle prese con un facoltoso immobiliarista milanese determinato a creare un resort di lusso sulla costa meridionale della Sardegna, un angolo incontaminato e spettacolare. L’eroico pastore non molla, neppure dopo vent’anni di trattative e 12 milioni di euro sul tavolo. Ha il coraggio di opporsi, difendendo la sua terra e riuscendo infine a unire la sua gente, dopo una tribolata e annosa via crucis. 

I compaesani chiedono futuro e lavoro. Si mobilitano tutti, persino il vescovo e tutte le più alte maestranze. La sua casa, dove riceve seduto sul gradino della porta, mantenendosi a diffidente distanza, è luogo di un pellegrinaggio incessante. Lui è barricato nelle sue certezze, pur senza argomentarle. Il suo “no” è antropologico: è un mantra ripetitivo e laconico che diventa simbolo di una lotta vinta da Davide contro Golia. 

Il film indaga, con ironia e raffinata introspezione, il grave dramma economico e sociale di queste terre, la mancanza di opportunità e la fuga all’estero dei giovani, l’abbandono e la voglia di cambiare che si frappongono alla paura di un cambiamento che passa dal consumo di territorio alla speculazione su una terra persino più intonsa e bellissima nello sguardo risolto di un uomo seduto davanti al mare che porta in spiaggia le sue mucche a pascolare e non conosce altro. Nulla può essere più bello di quello scenario. E come dargli torto!?

Per il ruolo di Efisio Mulas è stato scelto un attore non professionista, Giuseppe Ignazio Loi, pastore ottantaquattrenne originario di Terralba. Per il ruolo della figlia, Milani si gioca di nuovo l’asso di Virginia Raffaele, che per l’occasione ha dovuto imparare il sardo. Completano il cast Aldo Baglio, un po’ troppo macchiettistico nel ruolo di mediatore, ma tutto sommato funzionale a un’opera in fondo assurda, buffa e quasi grottesca che alla fine insegna che a un certo punto bisogna fermarsi, perché esiste un limite oltre il quale non si può andare. Il mediatore scoprirà il suo e diventerà più credibile. La maschera troppo comica che però Baglio ha cucita addosso non aiuta. Completa il cast Geppy Cucciari, giudice sardo che dirimerà la questione che si concluderà nell’aula di un tribunale. 

Due parole sull’immobiliarista che nella corpulenza bonaria di Diego Abatantuono non è dipinto né come corrotto né come cattivo: alla fine quasi si persuade delle ragioni del pastore, istruito sul concetto di limite da un saggio taxista, una sorta di grillo parlante, che lo sta portando da lui. Ma l’ultima parola l’avrà la figlia dell’imprenditore: una bocconiana rampante decisa a non cedere. Chissà, la finzione cinematografica si ferma là dove finisce la storia reale. 

Il film si ispira infatti alla vicenda personale di Ovidio Marras, che ha impedito la costruzione di un resort sulla spiaggia di Capo Malfatano, vincendo la causa e facendo radere al suolo le opere già edificate intorno alla sua proprietà. 

Il film è un atto d’amore e di resistenza civile. L’atavica ostinazione del vecchio apre scenari e paesaggi interiori e sociali di incoscienza e  coraggio, di egoismo e paura, di eroismo e aggressività passiva. In mezzo c’è una società che vuole vivere e vedere il progresso ma dall’altra parte ce n’è un’altra che ha trovato la migliore espressione di sé e del mondo su quella riva, a contemplare il mare blu e la sabbia bianchissima, perché “La vita va cosi”.

 

Francesca Codazzi

Una risposta

  1. Brava. Ricordo Capo Malfatano. Luogo splendido, da preservare! C’è da intendersi sul concetto di “progresso “. Se significa devastare per costruirci resort di lusso, non ci siamo. Dall’ altra parte però c’è il problema dei giovani che lasciano l’isola perché non trovano lavoro. E quale miglior sbocco, almeno in certi mesi dell’anno ,se non sfruttare la vocazione turistica dell’isola? Si pone dunque il problema di come conciliare idee del mondo apparentemente opposte. Personalmente, avendo scoperto in toto le meraviglie della costa sarda, non posso che solidarizzare istintivamente col pastore sardo e con la sua lotta che è una lotta di civiltà, perché amare e rispettare la natura il più possibile, è alla base anche della sopravvivenza terrena dell’ umanità.

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