Di epico le è rimasto lo stemma di Alberto da Giussano sul simbolo del partito. Sotto il vestito, niente o molto poco. È la Lega di casa nostra. Forse non tutta. Quasi tutta. Nelle urne è un peso massimo. Sul territorio una piuma. Nel maggio 2019 alle Europee provinciali incassa il 46,49 per cento dei consensi, superiore alla media italiana del 34,26. Il Pd si ferma al 20,41 per cento, al di sotto del 22,74 nazionale. Per il Carroccio è un risultato lisergico, da sballo. Sei mesi dopo, ai vertici della provincia si insedia un presidente sostenuto dal Pd e alternativo al candidato della Lega, la quale finge d’incazzarsi, e annuncia l’iradiddio. Ma ha una pistola carica a salve. Succede poco, ma un poco vicino al nulla. La partita viene chiusa in sordina e senza il Prozac perché nessuno è depresso. Non si contano né morti, né feriti, ma non si controllano gli armadi che, per tradizione consolidata, nascondono gli scheletri. Il Carroccio non è il due di briscola, ma il quattro e la differenza non è sostanziale. La spada che brandisce non è forgiata nell’acciaio, ma nella plastica. Non è la Durlindana e neppure l’Excalibur. Se infilza qualcuno, la lama si piega e non trapassa. La Lega mette tenerezza. Spesso tristezza. Infierire, sarebbe come picchiare i bambini, oppure, secondo un detto padano, aggredire qualcuno seduto sul water. Il partito è un magma informe, senza identità e in continuo movimento. Privo di una guida indigena autorevole, va dove tira il vento. Non sempre è quello caldo dell’estate. Spesso, è una piacevole brezza dal seducente profumo di poltrone.
«Il tuo cuore è libero, abbi il coraggio di seguirlo», suggeriva Malcolm Wallace al figlio William. Ma Braveheart è un film e la nostra provincia non è la Scozia. Il territorio è diviso in due federazioni: Cremona con Casalmaggiore e Crema. Non comunicano tra di loro, o se lo fanno utilizzano monosillabi. Avessero la possibilità userebbero il codice morse o le fumate indiane. Ricordano i parenti serpenti, ma è una cattiveria. Intorno al carroccio di Cremona e Crema abbondano i fenomeni che si autoproclamano maschi alfa, ma privi degli attributi adeguati, sono delle imitazioni, merce taroccata. In riva al Po, la Lega è più organizzata. Lungo il Serio, è un ectoplasma. Nel capoluogo non mancano alcune individualità di buon livello, tra loro una testa emigrata dalla Repubblica del Tortello per incompatibilità ambientale. Significa tutto e niente. Di sicuro, apre la spelonca delle illazioni. Sotto il Torrazzo non mancano talento e capacità per dotare il partito di personalità e autorevolezza. Difetta il coraggio per abbandonare l’abituale esasperato attendismo e sostituirlo con una tattica più aggressiva e meno infarcita di compromessi. Qualche presidenza, anche di peso – Padania Acque – il partito l’ha spuntata, ma è sconosciuto il prezzo pagato. Si può immaginare alto, ma senza pezze giustificative, è inutile discuterne. La Lega non grida e non protesta. È democristiana. Non è muta. Sussurra. Le parole si disperdono nel vento. Leggere e innocue come i testi delle canzoni popolari. Il partito è proteiforme. Si adatta, si adegua, traccheggia. Non fiata. Si astiene. È Ponzio Pilato, che consegna Gesù Cristo ai suoi carnefici. È successo con la vicenda A2a-Lgh.
Nel Cremasco, il coordinatore del partito e anche consigliere comunale a Crema. Soprattutto è un oggetto misterioso. Non una dichiarazione. Non un comunicato. Non un intervento degno di nota. Nulla. Il dubbio sulla sua reale esistenza non è peregrino. Scoprire che è un ologramma non sarebbe una sorpresa. Piscina, Finalpia, Scrp? Per la Lega foruncoli fastidiosi e non questioni politiche gravi e dirimenti su con chi schierarsi e dove stare. Ha stigmatizzato, ma all’acqua di rosa. Per onor di firma, minimo sindacale.
Si distinguono alcuni sindaci: Palazzo Pignano, Pandino, Bagnolo, Pizzighettone, ma qiattrp amministratori non fanno un partito. Crema non è ostile alla Lega. La storia insegna. Ha governato con Cesare Giovinetti e Bruno Bruttomesso. Il primo, nel 1993, ha battuto Renato Strada, allora parlamentare Pds in carica e poi, nel 1997 direttore generale dell’Enea. Non un quaquaraqua qualsiasi. Uno che contava e conta tuttora, la vicenda Umberto Cabini insegna. Il secondo, nel 2007, ha sconfitto Gianni Risari, anche lui non un illustre sconosciuto, ma lupo dal pelo rosso, ex parlamentare e pezzo da novanta prima della Dc e poi dell’Ulivo Poi c’è Casalmaggiore. Satellite di Cremona o pianeta autonomo? Poca importa. Un dato è incontestabile: come Crema è periferia dell’impero. Anche di quello della Lega. «La politica è sangue e merda» ammoniva il socialista Rino Formica.
La Lega di Cremona e Crema non combatte e non si sporca. Aspetta. Se entra in guerra preferisce le retrovie, mai la prima linea. Non tira il gruppo. Succhia le ruote. Dispone di un arsenale da superpotenza. Due deputati, un senatore e un consigliere regionale sono più di Silvester Stallone e Chuck Norris messi insieme, ma si sono perse le loro tracce. O, come gli agenti segreti, agiscono sotto copertura, oppure sono scomparsi negli ingorghi della politica. Non è una critica, ma una preoccupazione. Missing in action?
Alberto da Giussano era il capo della Compagnia della Morte. Aveva giurato di difendere il Carroccio fino alle estreme conseguenze. Altra epoca. Altri ideali. Altro clima. Altro mood e così sono accontentati anche quelli che si sentono fichi se usano termini stranieri. Oggi Alberto da Giussano è solo un simbolo sul marchio di un partito. «Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia, ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia». Ascoltare Francesco Guccini fa sempre bene. Un buon ricostituente anche per la Lega. Per ricordare le proprie origini.
Antonio Grassi