Con un articolo graffiante e storicamente documentato pubblicato sul giornale online quotidianosanità.it, Pietro Cavalli, già primario dell’ospedale maggiore di Cremona, interviene sul progetto del nuovo nosocomio cittadino. Dell’erigenda struttura, rileva il medico cremonese ora in servizio all’Humanitas di Milano, si sa solo che resisterà alla furia dei terremoti, eventualità peraltro statisticamente remota, considerato che il sisma che devastò la città risale al 1117 e il successivo ‘solo’ sette secoli dopo, precisamente nel 1802, colpì Soncino, danneggiando l’ospedale cremonese ricavato nel complesso di Santa Maria della Pietà, che per cinquecento anni ha svolto egregiamente la sua funzione a beneficio della comunità. Mezzo secolo fa è stato sostituito dal complesso alle porte della città, in fregio alla via Giuseppina. Adesso si è deciso di demolirlo. Se il miraggio di appalti milionari non fa velo alla ragione, bisogna riconoscere che è un pretesto l’assenza dei requisiti anti sismici del Maggiore per procedere alla sua sostituzione. Lo dimostra il fatto che nessuno parla più di questa carenza strutturale, sbandierata nella fase propagandistica del progetto. Riproporre il tema, contestualizzandolo nell’ambito degli eventi sismici che hanno colpito il territorio e in quello delle condizioni dell’edilizia pubblica cittadina, serve per capire quanto sia strumentale questo argomento. Solo gli immobili di recente costruzione sono conformi alla normativa anti sismica. Non lo sono tutti i palazzi storici, il municipio, le chiese, il Duomo, il Torrazzo, palazzo Affaitati, il tribunale, gli uffici ricavati in edifici medioevali, regolarmente frequentati. Vogliamo demolirli? Non scherziamo. Il territorio cremonese è considerato a modesto rischio sismico. Si stressa questo pericolo remoto per altri motivi.
Il partito trasversale del cemento, rinvigorito dai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, complici i professionisti del taglio del nastro, plaude al progetto senza chiedersi che cosa la Regione salverà del vecchio ospedale. E che cosa entrerà nel nuovo. Perplessità, preoccupazione e malumore serpeggiano tra i medici, a tutt’oggi esclusi da un confronto con la Regione. L’hanno invocato le organizzazioni sindacali con una lettera al direttore generale che avrebbe cose più urgenti a cui pensare dato che potrebbe presto fare le valigie. Nemmeno le riserve di molti cittadini, espresse sui social, scalfiscono le granitiche certezze dei responsabili regionali e dei loro reggicoda locali e nazionali.
Cremona sembra destinata a diventare una propaggine di Brescia, complementare agli Spedali, alla Poliambulanza e alle strutture private. Dovremo accontentarci di un ospedalino dopo avere beneficiato per cinquant’anni di un ospedalone dotato di tutti i servizi essenziali e non solo, con parecchie magagne ma anche diverse eccellenze. Avremo un Ercolino sempre in piedi del quale ci dovremo accontentare. ‘L’unica certezza è che, toccando ferro, per il prossimo terremoto Cremona sarà in grado di esibire una nuova struttura sanitaria pubblica (ospedalino?) dai contenuti assai incerti ma tuttavia invulnerabile alle oscure forze della Natura, mostrando al mondo intero un piccolo edificio sfavillante in un mare di rovine’ commenta Pietro Cavalli.
‘DEA di primo o secondo livello, attrezzature, specialità, personale, coordinamento con altre strutture, modelli organizzativi, rapporti col territorio, indagine sulla mobilità sanitaria dei cittadini: tutto sfuma nel solito grigiore padano’ aggiunge ancora Cavalli. Amministratori locali e politici dell’intero arco costituzionale, con poche eccezioni, inneggiano senza chiedersi e chiedere che cosa ci sarà in quello stabile resistente alla magnitudo 9,5 della scala Richter.
Nemmeno l’emergenza sanitaria dovuta al covid, che ha drammaticamente evidenziato lo sfacelo della sanità territoriale lombarda e della medicina di base, sacrificate sull’altare degli interessi privati, induce un cambio di rotta. Migliaia di morti nella sola regione mostrano quali sarebbero le scelte prioritarie, ma la politica segue altri percorsi. Ha logiche differenti. Vola alto, troppo alto per noi. ‘Che importanza può avere il ripensamento di una intera organizzazione sanitaria messa in crisi dalla pandemia? Che senso ha progettare nuovi modelli organizzativi e strutturali in grado di coordinare la gestione sanitaria del territorio con quella ospedaliera? – si chiede Cavalli -. Costruire a Cremona un nuovo ospedale per rispettare le norme antisismiche: è questa, al momento, l’unica certezza’.
Noi umili e rassegnati cittadini fatichiamo a confidare, come auspica il dottor Cavalli, ‘in alcuni (pochi) rappresentanti politici del territorio e nella buona volontà/competenza dell’attuale dirigenza della Sanità locale’. Diffidiamo degli uni e dell’altra non solo per i ridimensionamenti della Terapia intensiva neonatale, del Servizio di genetica e dell’Area donna. Ma anche e soprattutto per la svalutazione del capitale umano, medici e infermieri, rispetto al patrimonio tecnologico e agli investimenti strutturali che hanno acquistato importanza crescente nelle decisioni politiche, a scapito della collettività. Perciò non possiamo dormire sonni tranquilli.
Vittoriano Zanolli
10 risposte
Concordo pienamente con l’articolo di Zanolli, una decisione così assurda è da contestare a piena voce.
Grazie.
Bravo Vittoriano nel riprendere il pensiero, molto chiaro e sensato di Pietro Cavalli ex primario dell’ospedale Maggiore di Cremona. Tutto perfetto….troppo perfetto….si inizi ad agevolare l’uscita di certi personaggi (direttore generale) aiutandolo nel fare le valigie e via di seguito…..e dare più importanza ai medici competenti e preparati solo così sicuramente le cose miglioreranno senza nuove cattedrali più o meno nel deserto…..
Grazie
Mi auguro ci sia un reparto che curi la sordita’! Ce ne sarà estremo bisogno per politici regionali, provinciali e comunali.
Caro Vittoriano, siamo nelle mani di imbecilli, cioè di decisori che non hanno nemmeno un bastone per sostenersi, a tutti i liveĺli. Dov’è la storia dei cremonesi?
Grazie Vittorio Foderaro
Condivido in toto sia l’articolo di Zanolli che IL commento dell’ultra competente Dr.Cavalli. Secondo me bisognerebbe dire chiaramente alla cittadinanza che IL nostro ospedale e’ stato costruito per 1.500 posti letto e che prima del covid19 I letti occupati variavano tra I 400 e I 450. La maggior chiarezza farebbe capire fino in fondo la demenzialita’ del progetto.
Tradotto in italiano: ospedalino = meno (molto meno) superfici utili, meno posti letto, meno reparti quindi meno personale,(scuola per infermieri?) quindi meno importanza e di conseguenza declassamento… e meno prestazioni pubbliche. A chi dovranno rivolgersi i cittadini? Ma é chiaro: alla sanità privata… secondo la dottrina formigoniana. A proposito…con l’emergenza in corso che parte che fa la tanto decantata sanità privata lombarda?
Un governo regionale di corrotti, servi della Ndrangheta, non poteva che partorire questo abominio.
Mi unisco, caro Vittoriano, al coro di consensi meritati dalla tua lucida denuncia. L’unica cosa che non ci viene espropriata è l’inceneritore, quanto al resto….ogni giorno una quota di autonomia che se ne va.