È alla terza riga del romanzo che si legge il nome della protagonista: la follia, l’inquilina del fratello del narratore. Poi acquisirà tanti nomi diversi, come quello di schizofrenia, sarà dettagliata in tutte le sue manifestazioni, descritte in un modo crudo e spietato, così reale e vero da scardinare certezze e far tremare i polsi di chi, con la malattia, non ha confidenza. È l’inizio della storia di una famiglia di paese, di due fratelli, della religiosità, della terra e delle acque, del cielo e delle stelle: è lì che l’autore cerca risposte, cerca un luogo di pace, per la propria storia e per quel fratello dall’incedere sghembo e dalla vita luminosamente miserabile. Nel lungo racconto viene minuziosamente descritto tutto ciò che innervosisce Bruno, così si chiama il fratello, “l’ospite” della follia, il coprotagonista del libro, ma anche tutto ciò che lo rende felice: le sue ossessioni, i suoi riti, i suoi talenti, le umiliazioni subite, la sua straordinaria memoria, le sue imperdonabili distrazioni, la sua fede coriacea, le sue voci interiori e quelle esterne, le sue paure e i suoi sogni. Perché, in un romanzo che tocca fino in fondo le ferite più profonde ed urenti della pazzia e le fatiche delle famiglie che se ne fanno carico sempre, (tanto più quando chi dovrebbe sostenerle latita), non manca una ascesa densa di amore: quello per la propria terra, una provincia nobilitata dalla presenza di una prestigiosa università, ma messa a volte in ombra dalla vicinanza di una città da bere.
La storia del ‘900, di cui l’autore è studioso, fa capolino dietro ogni ricostruzione, dalla prima all’ultima pagina. C’è storia nelle memorie di bambino, nelle botteghe di paese, nelle nomenclature dei reparti psichiatrici cambiate nel corso del tempo e rimaste a volte desolatamente uguali, con buona pace del dottor Basaglia. C’è la storia di un percorso straziante e pieno di amore fraterno, di fughe e ritorni dei due fratelli. Fino all’ultima fuga, quella in cui il folle Bruno sa cavarsela benissimo da solo, cercando le consolazioni della sua vita così “storta” nel cibo buono offerto dai frati: il piacere materiale e quello spirituale. Forse è che ogni finire assomiglia a un sommesso cominciare? La chiusura del romanzo è l’aprirsi a tante intime riflessioni.
Ho l’onore di conoscere personalmente l’autore di questo toccante romanzo, Giorgio Boatti, che intervistai laureanda per la mia tesi. Già allora studioso puntiglioso e uomo garbato, ancora oggi pronto a chiedere di me, della fine che ho fatto, delle mie passioni. Lui di certo ha proseguito in un cammino di crescita professionale e, dopo i suoi fondamentali studi sulla strage di piazza Fontana (Piazza Fontana: 12 dicembre 1969, il giorno dell’innocenza perduta), ci ha regalato tante pagine importanti, come quelle di Abbassa il cielo e scendi. Grazie Giorgio.
Alessandra Fiori
Abbassa il cielo e scendi
di Giorgio Boatti
Mondadori Editore
264 pagine
prezzo 19,50 euro
3 risposte
Complimenti bellissima recensione lo cercherò sicuramente grazie
Dopo queste parole che danno la “distanza” giusta dal libro…lo leggerò
Grazie profondissima e acuta professoressa Fiori
Un appassionato invito alla lettura, cercherò sicuramente il libro! Grazie