La Cina, che, oltre a diffondere a destra e a manca smartphone marcati Apple, ha ragionevolmente propagato il virus nell’intero universo, presenta una mortalità del 4,4% per infezione covid19, tra le più elevate al mondo. Forse uno dei motivi di questo primato è legato all’utilizzo di particolari presidi della medicina tradizionale, come il decotto di erbe Ma Xing Shi Gan e prodotti similari, per i quali il ministero della Sanità cinese vanta un’efficacia clinica del 90% (National Health Commission of the People’s Republic of China, 2020). Appare difficile analizzare il significato di tale affermazione, che nulla dice sul restante 10% dei pazienti trattati secondo le tradizionali pratiche terapeutiche: stanno bene? Stanno meglio? Stanno peggio? Sono morti?
Restando nel campo delle medicine tradizionali vale la pena tuttavia di sottolineare che in altri Paesi queste terapie hanno ottenuto buoni risultati. E’ il caso di Iran e India, che presentano una mortalità per covid19 più che dimezzata rispetto alla Cina (e migliore anche di quella italiana), attestandosi al 2% e 1,3% rispettivamente nonostante la densità della popolazione e la carenza di infrastrutture sanitarie nelle aree rurali (https://coronavirus.jhu.edu/data/mortality).
Tali risultati potrebbero essere collegati ai prodotti naturali utilizzati per il contenimento della pandemia: se nella medicina persiana si utilizzano aglio, rosa di damasco, galangal, liquirizia, zafferano, rabarbaro e in quella indiana, rigidamente controllata dall’apposito ministero, aglio, ginger, cannella, pepe nero, cumino, ashwagandha, in Cina vengono invece consigliati gypsum fibrosum, caprifoglio, scutellaria, forsizia. A mettere d’accordo la medicina tradizionale persiana con quella indiana è quindi l’aglio, che invece non viene citato in quella cinese. Che sia questo il segreto della resistenza dei persiani e degli indiani nei confronti del virus sars-covid-2? Ancora non lo sappiamo. Tuttavia è risaputo che anche da noi i medici del passato si difendevano dalle epidemie indossando una maschera imbevuta di succo d’aglio e, seppure la storia tende a sminuire la portata ed il numero dei loro successi sentimentali, tale pratica ha consentito alla categoria di sopravvivere con una certa fortuna sino al giorno d’oggi. Eppure, tra le mille proposte di terapia alternativa per il covid consigliate sui social e sulle chat da Cipollina87, Capitan Nemo e Fragoletta82, sembra proprio che l’aglio non venga preso in alcuna considerazione.
E’ un vero peccato che di tale prodotto non si discuta, neppure sul web: si tratta di un bulbo ad ampia diffusione, economico e salutare, ricco di vitamina B6 e con l’unico difetto di venire coltivato in terra piacentina. E poi, a fronte dei risultati e delle indicazioni terapeutiche indiane e iraniane, non va esclusa anche un’importante azione antivirale. Sembra infatti che tra i grandi mangiatori di pesto alla genovese, bouillabaisse e bagna cauda il covid sia stato particolarmente clemente. Comunque, al di là del ruolo dell’aglio nella attuale situazione pandemica, non vanno sottovalutate ulteriori minacce che il fetido bulbo potrebbe aiutare ad affrontare quando, nelle notti di luna piena, le ragazze sgranano gli occhi, schiudono le braccia e si abbandonano al morso del vampiro. Beh, magari non tutte….
Octopus
2 risposte
Bene!!! Da oggi aglio olio e peperoncino con aglio rigorosamente piacentino.
Tentar non nuoce. Alla peggio, se non funziona contro il virus sarà almeno più facile garantire il mantenimento delle distanze di sicurezza 😉