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Ambiente nel calcolo del Pil, dall’Onu la svolta

22 Marzo 2021

Qualche giorno fa, come già ricordato in altro articolo, le pagine dei giornali davano un’importante notizia: l’avvio in sede ONU di una consultazione generale globale sulla revisione dei fattori in uso nei paesi del mondo per il calcolo del loro Prodotto interno lordo, il loro Pil (https://www.onuitalia.com/pil/). Cambio dei parametri del Pil, ovvero con la considerazione per dei costi sanitari e ambientali. In altre parole, questo rozzo strumento per misurare la ricchezza di un Paese, il Pil, che oggi comprende quella parte di investimenti destinati all’ammortamento dei beni capitali deperiti, pare divenire un nuovo indicatore dove saranno tenuti in una corretta considerazione sia i dati economici che i costi ambientali. Secondo Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite: «Se vogliono avere la possibilità di un futuro sostenibile, le nazioni devono iniziare a soppesare il costo del profitto economico rispetto ai danni all’ambiente». Qualcuno afferma che presto i più ricchi saranno i più green. Un passaggio epocale, questo, di cui pare siano informate e convinte anche parti importanti del mondo della finanza e dell’economia, quelle spesso chiamate ‘poteri forti’, se è vero che è in atto uno spostamento di dimensioni storiche verso la sostenibilità del portafoglio finanziario globale: se venti anni fa era dell’1%, oggi con 35.000 miliardi di dollari, 20 volte il nostro Pil, è del 26%.da ‘calcolatrice’ priva della sottrazione come un giornalista ebbe a chiamarlo, verrebbe finalmente ad essere un corretto indicatore, ossia completo di vantaggi e di costi, della crescita economica. Una mutazione genetica del capitalismo che aspetta ora la risposta del mercato per cancellare almeno in parte la brutta immagine che ha creato di sé in 250 anni.
Si allude, per essere concreti, alla mia risposta quando vado al supermercato a fare acquisti e scelgo prodotti non perché sono di moda, ma perché fanno bene a me e quindi all’ambiente. Una domanda sorge spontanea. Questa indiscutibile urgenza di cambio di paradigmi per i guai prodotti dalla insostenibilità ambientale di questo sistema economico fondato sulla crescita senza fine è solo una ‘scoperta’ di questi ultimi anni? E’ un passaggio che si impone per tentare di abbattere le emissioni climalteranti. Ma finora nessuno aveva mai cercato di sottolineare la insostenibilità ambientale di questo sistema economico, quello fondato sulla crescita senza fine alimentata da una società dei consumi?
Una ricerca sulle responsabilità delle emissioni della CO2 ha dato questi risultati. Partiamo dal 1854, con la nascita in Francia della Società Imperiale zoologica d’acclimatamento. Nel ventesimo secolo proliferano associazioni naturalistiche a difesa dell’ambiente, degli animali e degli uccelli in particolare e, dal 1950, i movimenti contro i rischi del nucleare bellico.
1 – continua
Benito Fiori
(ABC – Alleanza Bene Comune La Rete)

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