Ad aprile si tornerà a discutere in un’udienza del ‘caso camici’, nell’ambito del quale il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana è stato prosciolto con gli altri quattro indagati. La Corte d’Appello di Milano ha fissato la data del procedimento di secondo grado a seguito del ricorso della Procura, depositato il 7 giugno dello scorso anno, contro la sentenza di “non luogo a procedere perché il fatto non sussiste” del gup Chiara Valori del 13 maggio. L’udienza è fissata per il 3 aprile e si terrà davanti alla seconda sezione penale della Corte, presieduta da Enrico Manzi. Oltre a Fontana, difeso dagli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, erano stati prosciolti dall’accusa di frode in pubbliche forniture anche il cognato Andrea Dini, titolare di Dama spa e difeso dagli avvocati Giuseppe Iannaccone, Riccardo Lugaro e Caterina Fatta, e altri tre indagati: Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, rispettivamente ex dg e dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, e Pier Attilio Superti, vicesegretario generale della Regione. La “trasformazione” da fornitura a donazione, ha scritto il gup nelle motivazioni, “si è realizzata con una novazione contrattuale che è stata operata in chiaro, portata a conoscenza delle parti, non simulata ma espressamente dichiarata” e non ci fu alcun “inganno”. Nel ‘caso camici’, ha spiegato il giudice, “pare difettare in toto la dissimulazione del supposto inadempimento contrattuale”. Inadempimento contestato, invece, dall’aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, quando quella fornitura dell’aprile 2020 affidata a Dama (di cui la moglie del presidente lombardo deteneva il 10%), da 75mila camici e altri 7mila dpi per 513mila euro, si era trasformata in donazione e non erano stati più consegnati 25mila camici.
La Procura col ricorso ha chiesto di ribaltare la sentenza del gup e insiste affinché i cinque imputati vengano mandati a processo. La decisione spetterà alla Corte d’Appello.