In queste ore terribili le immagini della nuova guerra israelo-palestinese entrano nelle nostre case suscitando l’angoscia anche delle socie e dei soci dell’Arci per la sorte della popolazione civile ancora una volta coinvolta suo malgrado nei combattimenti. Sulla facciata della sede dell’Arci di Cremona, in via 20 Settembre, è appesa la bandiera dello Stato Palestinese.
”La nostra Associazione – si legge in una nota – è da sempre mobilitata per una pace giusta e duratura in Palestina e Israele, e quanto succede adesso crea rabbia e sconforto in quanti nell’Arci operano nelle reti nazionali ed internazionali, insieme alla società civile palestinese in campagne di solidarietà e progetti di cooperazione, e con la società civile pacifista e democratica israeliana per la pace e i diritti. L’Arci esprime la sua vicinanza a chi sta soffrendo, alle famiglie di tutte le vittime, ai feriti, ai sequestrati, ai bombardati, ricordando che questa sofferenza non è nuova ma si protrae da decenni di generazione in generazione, e che in quella terra ci sono milioni di persone che non hanno mai conosciuto la pace, quella pace che è un diritto universale dell’essere umano. Il numero di vittime civili dei combattimenti sta salendo e si aggiungerà alle centinaia di vittime che ogni anno provoca l’occupazione illegale dei territori palestinesi ed il crudele assedio della Striscia di Gaza”.
”Questa guerra, col suo portato di orrore – prosegue la nota – risveglia le coscienze da un sonno colpevole della comunità internazionale. Il sonno colpevole che ha fatto cancellare il processo di pace per “due popoli e due stati” che ha in questi anni giustificato l’assedio di Gaza, l’occupazione illegale di Gerusalemme est, il propagarsi inarrestabile delle colonie in Cisgiordania, gli arresti illegali, le morti impunite e la violenza. Coltivare rabbia, miseria, violenza, limitazione delle libertà e dei diritti in milioni di persone innocenti non porta alla pace e alla sicurezza: al contrario nutre la barbarie, la violenza, l’insicurezza. E produce frutti avvelenati. E anche se Hamas non ha mai rappresentato tutti i palestinesi, adesso tutti e tutte soprattutto a Gaza pagano un prezzo altissimo alla rappresaglia israeliana, intrappolati come sono in un assedio senza vie di fuga. D’altra parte, il governo israeliano è stato in questi mesi contestato dalla maggioranza della popolazione, che è scesa in piazza ogni settimana per mesi come mai era successo nella storia del paese. E ora invece, con l’emergenza, potrà scatenare la sua potenza di fuoco su un popolo tremendamente più debole. È in gioco il destino di due popoli e di tutto il Medio Oriente, un’area cruciale per tutto il mondo”.
”L’Arci – termina la nota – chiede alla comunità internazionale, al Governo italiano, a tutte le forze politiche e sociali di fare l’impossibile perché tacciano le armi subito, per evitare nuove vittime civili, per impedire l’escalation del conflitto e la sua internazionalizzazione, tanto più che sono evidenti gli interessi stranieri che operano per la guerra. Chiediamo che la comunità internazionale si impegni, dopo decenni, a far ripartire un negoziato vero per un vero processo di pace fondato sui diritti inalienabili dei due popoli alla terra, alla vita, alla libertà. E che nei negoziati vengano incluse le associazioni, i movimenti per i diritti umani, quella ricca società civile che collabora anche con i circoli ed i comitati Arci in tante azioni di solidarietà. Perché la pace sia duratura occorre che prima di tutto sia giusta, e che i processi di pacificazione, anche nei momenti più tragici, siano immaginati partecipati dalle comunità. E serve che finalmente la comunità internazionale prenda coscienza che senza il rispetto delle risoluzioni dell’Onu nessuna pace è possibile e che non è ammissibile che vengano poste limitazioni all’azione delle agenzie internazionali e delle persone che operano su loro mandato. Nessuno si opponga al loro operato, vengano aperti corridoi che ne permettano l’azione di soccorso verso la popolazione inerme. Si imponga la tregua e cessino le violenze. E ognuno si impegni, finalmente, nella costruzione di una pace giusta”.