In seguito alla grande mobilitazione dell’8 marzo, organizzata dalle donne del Comitato Rivogliamo Area Donna e partecipata da lavoratrici del reparto, dai sindacati e da tante associazioni e reti del territorio, sabato mattina si è svolto, presso la sala consigliare, un primo appuntamento pubblico di discussione sulla vertenza in corso. Al tavolo dei relatori quattro specialisti, medici dell’Ospedale che con diverse responsabilità e specifici incarichi lavorano nell’area oncologica del nosocomio e in Area Donna. Il taglio dell’incontro era concepito dagli organizzatori – Comune di Cremona e Ospedale – come essenzialmente tecnico e i relatori nel primo giro di interventi si sono soffermati soprattutto sulla descrizione del progetto di riorganizzazione dell’area oncologica e sul funzionamento e la situazione di Area Donna. Ma fin dal primo giro di domande e interventi provenienti dal pubblico è stata evidente la discrepanza tra i modelli organizzativi illustrati (peraltro solo in parte realizzati) e la realtà vissuta dalle pazienti del reparto. E sono state proprio le sollecitazioni di una vivacissima platea di donne e organizzazioni sociali e sindacali a cambiare l’impostazione della discussione, da tecnica a politica. Non solo problemi di tipo organizzativo hanno in questi anni ridotto le prestazioni di Area Donna ma si sono verificati problemi derivanti dal mancato ricambio generazionale dopo alcuni pensionamenti e dalla difficoltà di sostituire personale altamente specializzato trasferitosi altrove (chissà come mai…). E’ emersa chiaramente la difficoltà del mantenimento di una struttura come Area Donna, nata dalla ex Breast Unit, reparto all’avanguardia che con gli anni si era sviluppato fino ad ottenere il prestigioso riconoscimento internazionale EUSOMA ma soprattutto era diventato punto di riferimento essenziale per tutte le donne che vi sono transitate e per le loro famiglie. Sembra che l’Area Donna oggi non sia più una scelta strategica per l’Ospedale nonostante sia ancora riconosciuto a livello internazionale come il percorso migliore per il trattamento del tumore al seno. Non tutta colpa dell’emergenza covid quindi se le visite si sono ridotte da 3.769 nel 2019 a 2.483 nel 2021, se gli interventi chirurgici negli stessi anni sono passati da 473 a 253. Nel 2019 infatti erano attivi 4 senologi che poi sono diventi 3 e, nel 2021, 2.
Ma c’è un’altra chicca emersa dal vivace scambio di punti di vista: nello stesso momento in cui le pazienti si recavano al CUP per la prenotazione di esami e visite e ricevevano disperanti risposte dall’addetto che proponeva loro solo appuntamenti a un anno di distanza (costringendo le donne a rivolgersi ad altre strutture), nello stesso periodo gli ambulatori dell’ospedale risultavano semivuoti. Come è possibile tutto ciò? E’ un problema solo organizzativo? Noi riteniamo che questa situazione sia dovuta a scelte che purtroppo hanno caratterizzato le politiche sanitarie nella nostra Regione, politiche che, in un contesto complessivo di tagli sanguinosi alla sanità, hanno portano e portano ancora impoverimento e svuotamento progressivi della sanità pubblica a favore di quella privata. Assunzioni di personale e decisioni strategiche sono in mano alla dirigenza dell’ASST e non ai singoli professionisti che nonostante le criticità lavorano per garantire il miglior servizio possibile all’utenza. Riteniamo allora che, pur apprezzando la disponibilità al confronto dimostrata dai relatori presenti ieri in assemblea, al prossimo appuntamento con la cittadinanza debba esserci la dirigenza dell’Ospedale a mettere nero su bianco le proprie scelte e le proprie responsabilità con un atteggiamento di reale ascolto delle donne e delle reti solidali come richiesto a gran voce dalla numerosa platea intervenuta sabato in sala quadri.