Era normale pensare che per i primi uomini arrivati sulla Luna il ritorno sul bel pianeta blu coincidesse con un ben meritato stato di serenità, oserei dire di felice stato di grazia, soprattutto per essersi salvata la vita. Ma non andò esattamente così, anche se rientrati senza apparenti patologie fisiche, quelle mentali arriveranno dopo. Ben prima di partire gli astronauti sapevano che appena tornati sulla Terra non avrebbero potuto correre dai loro cari, mogli, figli e fidanzate e concedersi momenti di intimità, conferenze, relazioni con i tecnici della Nasa e poi l’inevitabile bagno di folla nel trionfo delle sfilate cittadine, No, attendeva loro una quarantena di almeno 21 giorni. A posteriori si disse che era una precauzione eccessiva ma dovuta ai rischi di contaminazione spaziale: erano i primi uomini a toccare un corpo celeste oltre la Terra. Ma l’estremo pericolo nello spazio era iniziato con lo sganciamento del Lem, il modulo per arrivare sulla Luna, da quello di comando e di servizio. Operazioni compiute per la prima volta e da questo momento sino al rientro sulla Terra tutte estremamente pericolose, considerata la tecnologia approssimativa di oltre 50 anni fa. L’orbita lunare del Lem doveva scendere dagli iniziali 110 km sino al suolo roccioso della Luna, rallentando la velocità da 1.695 mt/s sino a 25 mt/s e poi possibilmente quasi a zero nel momento dell’allunaggio. I maggiori pericoli: schianto lunare, urto contro rocce, dislivello oltre 6 gradi per le zampe del Lem con conseguente ribaltamento, mancata accensione del motore del Lem alla ripartenza dalla Luna, mancato sganciamento delle zampe del Lem dalla Luna e per finire mancato contatto finale col modulo di comando che con Collins era rimasto in orbita a girare attorno alla Luna. Insomma consistenti prospettive di vita breve. Non si sa come, ma tutto andò bene e dopo 8 giorni di viaggio, Amstrong, Aldrin, i due scesi sulla Luna, e Collins, con il piccolo modulo di comando, 4 metri di altezza, il 24 luglio scendono nel Pacifico, a circa un miglio dal punto previsto e a 7 miglia dalla portaerei Hornet incaricata del
recupero.
Da questo momento inizia la tortura del ritorno con il recupero da parte dell’elicottero Lucky 66. Prima di poter uscire dal modulo gli astronauti devono indossare una tuta speciale d’isolamento temendo che tutta l’umanità potesse venire contagiata. Forse un segno premonitore della peste attuale covid 19, Il presidente Nixon che si era preparato due discorsi e cioè se fossero tornati vivi, morti o non tornati per niente, li salutò solo attraverso un oblò. Dalla Hornet, via isole Hawai, gli astronauti e i primi medici vengono trasferiti a Huston nella sede della Nasa nel Texas. Inizia l’isolamento nel Lunar Recovering Laboratory, una sorta di appartamento speciale, ma
con restrizioni rigidissime.
La conclusione: gli astronauti portarono solo 21 kg di rocce lunari che si rivelarono identiche a quelle della madre Terra, quindi stesso momento di formazione: 4,5 miliardi di anni fa. Gli americani sono tornati altre sei volte sulla Luna. L’ultima nel ’72 e in totale sono stati portati sulla Terra circa 370 kg di rocce lunari, senza trovare alcun segno di vita o elementi fino ad allora sconosciuti di interesse scientifico. Si tornerà sulla Luna perché da lì è più facile partire per Marte. Le follie dell’uomo non finiranno mai.
Pietro De Franchi