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Beni culturali, ben vengano le contaminazioni tra pubblico e privato

22 Giugno 2024

Ha fatto molto discutere quanto accaduto alla Biblioteca Braidense, e cioè l’affitto di alcuni locali della prestigiosissima biblioteca alla influencer Estetica Cinica (nella foto centrale) che vi ha tenuto un party a pagamento.

Non entro nel merito del fatto in sé non avendo gli elementi, ma la questione della promozione dei luoghi culturali attraverso le celebrità è sopratutto il tema della possibilità di affittarli per eventi privati tiene banco da tempo, certamente da quando Chiara Ferragni fece da testimonial per gli Uffizi.

Personalmente sono assolutamente a favore della apertura e della contaminazione degli spazi culturali, purché ovviamente si rimanga nei limiti della decenza. Nel mondo anglo-sassone è assolutamente normale che spazi storici e culturali siano affittati a soggetti privati per convention, cene, feste aziendali e quanto altro senza che la cosa crei imbarazzo o polemiche. Questo anche perché il sistema culturale soprattutto americano è in gran parte il prodotto di investimenti privati e di grandi collezioni che una legislazione fiscale assai astuta ha col tempo trasformato in patrimonio culturale a disposizione di tutti.

In Italia invece siamo strutturalmente abituati ad un patrimonio culturale statale in cui le contaminazioni col privato sono assolutamente recenti e per lo più viste come interferenze. Le ragioni sono tantissime e non è certo possibile elencarle qui, ma vi sono dei passaggi storici che hanno di fatto trasformato quello che era un patrimonio culturale privato in un patrimonio statale modificando strutturalmente il nostro rapporto coi Beni Culturali.

Fu soprattutto durante il Biennio Rosso e le rivolte operaie che Casa Savoia passò per opportunità politica moltissimi dei beni incamerati dopo l’Unità d’Italia allo Stato italiano. Beni che in realtà dello Stato non erano mai stati, giacché appartenenti alle varie famiglie aristocratiche che per secoli avevano accumulato e commissionato opere d’arte. Ecco che in un certo senso questo lungo processo di “ri-appropriazione” da parte del popolo di un patrimonio aristocratico, tipicamente novecentesco, non manca di far sentire i propri riflessi ogni volta che un privato torna ad avvicinarsi a un patrimonio collettivizzato.

A questo si deve aggiungere che nessuna cultura mai nella Storia è stata attenta quanto la nostra alla custodia, al restauro e alla conservazione del Patrimonio culturale, tanto che essa è esplicitamente prevista quale obbligo all’articolo 9 della Costituzione. Ed ecco che allora anche nelle affittanze per singoli eventi a privati scatta un riflesso condizionato di preoccupazione e iper tutela dei Beni, anche perché dobbiamo pur ammettere che in Italia nel 900 sono state commesse le peggiori offese possibili ad un patrimonio unico al mondo.

E tuttavia paradossalmente oggi proprio la tutela e il mantenimento, divenuti costosissimi, di questi Beni costringe sempre più molte Istituzioni a dover ricorrere propri al mondo privato per poter sostenere le abnormi spese di funzionamento e tutela di questi luoghi.

La  questione ormai è molto più cruda e sostanziale di quanto vogliamo ammettere pubblicamente: lo Stato non è più nelle condizioni di sostenere le spese della tutela. Abbiamo centinai di palazzi e chiese che cadono a pezzi, e altrettanti musei a rischio chiusura perché le entrate non coprono nemmeno la metà delle spese di funzionamento.

Il rapporto e la contaminazione coi privati e l’unica via di salvezza in un Paese che  fatica a garantire l’assistenza sanitaria e che possiede il patrimonio culturale più importante del mondo. E che oltretutto a mio avviso sta gestendo nel peggiore dei modi quella che è una invasione turistica senza precedenti nella Storia e che rischia di essere la nostra distruzione anziché la nostra salvezza. Quest’anno si temono addirittura 400 milioni di visitatori, gestiti per lo piu come vacche da mungere a fini commerciali senza rendersi conto di quanto essi possano essere devastanti per un tessuto geo culturale prezioso e delicato come il nostro.

Insomma al netto dei singoli episodi e delle polemiche o considerazioni personali, io funzionario dello Stato credo che come sempre è il Legislatore a dover fare chiarezza e indicare una strada precisa, altrimenti si rimane in un limbo in cui ogni singola decisione diviene oggetto di polemica o peggio di scelte inopportune.

 

Francesco Martelli

sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

docente di archivistica all’Università degli studi di Milano

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